L'opposizione alla dittatura venne essenzialmente dagli alti gradi militari e si
attuò con congiure e progetti di attentati a Hitler. La ferocia della repressione
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TEDESCHI CONTRO IL NAZISMO:
LA RESISTENZA IN GERMANIA
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E'diffusa l'opinione che in Germania non ci sia stato un reale movimento di opposizione al nazismo. Sono, però, noti alcuni episodi di resistenza ad Hitler, come quello della "Rosa Bianca" e dell'attentato contro la vita del Fuhrer organizzato il 20 luglio del 1944 da un gruppo di militari. Sono vicende considerate testimonianze di eroismo personale e rivolta morale, non espressione di movimenti popolari contro il regime ed i suoi valori come accadde in Italia, fra il 1943 ed il 1945, ed in Francia contro Vichy. La mancanza di vistose manifestazioni di scollamento tra popolazione e regime e l'assenza di una opposizione interna armata sono state inserite nel mito della Sonderweg, la via peculiare tedesca, ossia di un regime considerato come un sistema politico pensato e realizzato come "diverso".
Secondo uno dei maggiori studiosi di questo argomento, Peter Hoffmann, la resistenza tedesca non si lega alla pura eccezione morale di qualche uomo, ma è un pezzo essenziale della storia della Germania e della storia europea, che non va sopravvalutata, ma neanche ridotta ad un fenomeno privo di significato. Egli respinge la tesi che la resistenza sia nata solo nel momento della crisi finale del regime, quando le vecchie classi dirigenti realizzarono la pazzia di Hitler e del suo seguito. Il regime hitleriano non può essere pienamente compreso senza prendere in considerazione la resistenza ai crimini nazisti, dal momento che la natura stessa del Terzo Reich suscitava un'opposizione intransigente o l'entusiasmo delle masse. I rapporti tra nazionalsocialismo e Resistenza costituiscono, quindi, una via d'accesso fondamentale per comprendere il sistema nazista. Hoffmann esamina le varie forme di opposizione o dissenso che sopravvissero in Germania negli anni Trenta, dai pochi gruppi clandestini alle organizzazioni religiose, che si opposero alle misure antiebraiche ed ai programmi di eutanasia.
Poi teorizza la caratteristica peculiare della Resistenza tedesca, vale a dire il fatto che fu essenzialmente opposizione di alti gradi militari e si attuò con congiure e progetti di attentati a Hitler, che culminarono in quello mancato del 20 luglio 1944. In quell'occasione, egli stesso ebbe a dire ad alcuni muratori, che incontrò nei pressi della stazione di Rastenburg, accompagnando Mussolini: "Io ho saputo sin dall'inizio che non siete stati voi. È mia profonda convinzione che i miei nemici siano le persone col "von", quelli che si fanno chiamare aristocratici". Il 30 gennaio 1933 Hitler ricevette la carica di Cancelliere, ossia di capo del governo, dal presidente della Repubblica tedesca, il vecchio generale e protagonista della guerra 1914-1918 Paul von Hindenburg. La resistenza nei suoi confronti iniziò subito, perché non ottenne affatto una vittoria plebiscitaria.
Il sostegno popolare al nazismo fu sempre limitato. Al massimo, in libere elezioni, esso non raggiunse il 38%. Infatti, nel 1932, i nazisti ottennero il 37,4% dei voti e la destra a lui alleata della Dnvp ottenne poco meno del 9%, mentre gli oppositori avevano ancora una notevole forza. Nelle ultime elezioni "libere" del 5 marzo del 1933, nonostante l'atmosfera di terrore ed il controllo nazista dell'apparato statale, nonostante atti di coercizione e di terrorismo, nonostante gravi minacce ed interferenze da parte delle organizzazioni naziste nelle sezioni elettorali (ci furono aggressioni, sparatorie, diffuse attività propagandistiche, sfilate naziste di massa; migliaia di funzionari dei partiti di centro e di sinistra furono arrestati; la stampa comunista venne messa fuori legge e, temporaneamente, anche quella socialdemocratica; le SA e le SS controllavano gli elettori mentre compilavano le loro schede), l'Nsdap ottenne solo il 43,9% dei voti, mentre i comunisti ricevevano il 12,3%, i socialdemocratici il 18,3% ed il partito cattolico l'11,2%.
I nazisti conquistarono 288 seggi su un totale di 647. Date le circostanze, si trattava di un chiaro rifiuto. La maggioranza dei votanti non approvava il governo di Hitler e gli negava il consenso. Quindi un'area dissidente da controllare ci fu subito, anche se non si manifestò con la repressione poliziesca e la soppressione delle libertà costituzionali, per cui prese la via dell'esilio, del carcere o dell'ombra. La sinistra era, al momento, il bersaglio principale del terrore nazista, che fu uno dei motivi per il quale i socialdemocratici, le loro organizzazioni paramilitari, i sindacati ed i comunisti non si organizzarono e non lottarono fintanto che era loro possibile. L'esercito era apertamente dalla parte dei nazisti. Un altro dei motivi era quello che, nella sinistra, così come in altri schieramenti politici, si tendeva a sottovalutare le capacità di tenuta dei nazisti e si prevedeva che, come i loro predecessori, avrebbero fallito in breve tempo.
La stessa confusione che regnava nell'opposizione di sinistra rese relativamente facile alla Gestapo fare opera di infiltrazione e di controllo. Infine, in un periodo in cui alla depressione economica si affiancava la disoccupazione di massa, ai socialdemocratici ed ai sindacati non parve opportuno invitare i lavoratori ad uno sciopero generale. Molti dirigenti dei partiti e dei sindacati, posti di fronte all'alternativa fra campo di concentramento ed emigrazione, abbandonarono il paese, pensando che si sarebbe trattato solo di una misura temporanea. Fin da subito il governo nazionalsocialista procedette agli arresti di oppositori e di elementi "antisociali", che andarono a popolare carceri e neo-costituiti campi di lavoro o Lager.
Nel novembre del 1933 Hitler stabilì che ci sarebbe stato un plebiscito: votò il 96,3% degli aventi diritto ed il 95% dei votanti approvò la politica interna ed estera del governo (c'era un unico partito, senza alcuna alternativa e dominava il clima di terrore e frode). Le SA, guidate da Ernst Rohm, contavano oltre tre milioni di persone e potevano scatenare il caos dando vita ad una "rivoluzione sociale" attraverso l'espropriazione di industrie e di aziende, ma anche attraverso l'arruolamento in massa nell'esercito. Di conseguenza, la posizione di Hitler diventava subordinata alla loro volontà e Rohm avrebbe potuto diventare il vero dittatore della Germania. Nelle SA già si vociferava che il Fuhrer avesse "tradito la rivoluzione", in quanto non era più favorevole ad eliminare la corporazione degli ufficiali professionisti (rivoluzione economica e sociale che aveva sbandierato).
Negli intenti delle SA, infatti, c'era la possibilità di unire la loro organizzazione con l'esercito (Reichswehr) per formare una milizia popolare nazionale e socialista. Hitler uscì dalla crisi delle SA con le mani sporche di sangue con la complicità dei capi della Reichswehr (ben 85 membri delle SA, Rohm compreso, furono fucilati, anche se alcune delle morti furono definite suicidi), dimostrando di essere un uomo che sapeva colpire con forza: ovviamente, la popolazione era più che mai impaurita di lui. La Gestapo terrorizzava i dissidenti semplicemente, come ci spiega Hoffmann, prospettando l'eventualità "di fare presentare, alla loro porta, alle cinque del mattino, due figure in cappotto di pelle che dicevano da fuori: "Venga con noi". Le celle sotterranee, i campi di concentramento, le torture e gli omicidi completavano il quadro. Nonostante il diffuso disgusto per il regime poliziesco e per la crescente violenza antiebraica, la resistenza tedesca si espresse "senza popolo", individualmente, oppure interessando solo piccoli ambienti e realtà tanto numerose quanto eterogenee sotto il profilo culturale e programmatico. Il contesto esterno contribuì a causare questa situazione: gli altri governi mondiali accettarono quello di Hitler.
Non potevano essere certo i Tedeschi a disapprovare il rinnovamento della loro nazione quando il resto del mondo lo approvava. Dopo il grande successo delle Olimpiadi del 1936 a Berlino, nell'autunno dell'anno successivo, Hitler, durante un incontro con il Ministro della Guerra, feldmaresciallo von Blomberg, degli Esteri, barone von Neurath, ed i massimi dirigenti militari, espose chiaramente la teoria dello "spazio vitale" sottolineando la necessità di "agire". Tutti i convenuti obiettarono: solo una discussione sul problema degli armamenti permise al Fuhrer di salvare la faccia. Egli non aveva ricevuto alcun sostegno da parte dei presenti alla riunione (il colonnello Friedrich Hossbach, aiutante di campo di Hitler nella Wehrmacht, registrò quello che venne detto nell'incontro). Era una situazione fuori dal comune. I capi delle Forze Armate avevano detto no alle direttive del loro comandante supremo nonché capo dello Stato.
Tre mesi dopo, quasi tutte le cariche saltarono. Hitler non nominò un nuovo Ministro della Guerra, ma assunse lui le sue funzioni ed il comando diretto della Wehrmacht. Il Fuhrer scoprì che anche il popolo tedesco era tendenzialmente contrario alla guerra quando non ci furono molti applausi al passaggio della seconda divisione motorizzata di Stettino per le strade di Berlino, come prova di forza, il 27 settembre del 1938 (secondo un resoconto nazista la gente era "seria e silenziosa"). William Shirer, corrispondente per l'American Columbia Broadcasting System a Berlino, scrisse nel suo diario a proposito di quell'avvenimento: "La gente si infilava nella filovia sotterranea, non voleva fermarsi a guardare ed i pochi che rimasero ai margini della strada mantennero il silenzio più totale, incapaci di trovare una parola di incoraggiamento per il fiore della loro gioventù che si recava ad una guerra gloriosa. C'erano Hitler e neppure 200 persone per strada o nella grande piazza di Wilhelmsplatz".
Un atteggiamento di opposizione al regime poteva manifestarsi nel rifiuto di eseguire il "saluto tedesco" (Heil Hitler), ma si pagava con la vita. Il rifiuto di contribuire, sia pure con una piccola somma, ad una campagna nazista per la raccolta di fondi era un altro modo di manifestare la propria opposizione, usato da persone che non erano inclini al compromesso. Dopo l'annessione dell'Austria e della Cecoslovacchia nel 1938 e nel 1939, la sinistra perse i suoi rifugi più consueti di lingua tedesca. Quando nel 1939 l'Unione Sovietica strinse il patto con Hitler per la spartizione della Polonia, i suoi membri persero le loro illusioni sulla grande potenza socialista. I comunisti, in particolare, rimasero sostanzialmente inattivi fino a che il Fuhrer non attaccò l'Unione Sovietica nel 1941. Solo allora decine e decine di gruppi di sinistra riuscirono a riorganizzarsi clandestinamente. Alcuni portarono a termine coraggiose operazioni di sabotaggio.
A causa dei metodi cospiratori usati da questi gruppi, la Gestapo ed il SD - Sicherheitsdienst, "Servizio di sicurezza", il controspionaggio, riuscirono facilmente ad infiltrare in essi i suoi uomini. Tale fu il destino, ad esempio, a cui andò incontro, nel maggio del 1935, il circolo Markwitz, un gruppo socialdemocratico, dopo che un delatore si era infiltrato nella loro rete di spie. La violenta repressione del dissenso, la disarticolazione o l'annientamento dell'opposizione politica, l'abilità di Hitler nel conquistare e nel conservare il consenso popolare, la soluzione da lui data ai problemi ereditati dalla guerra mondiale persa - di così alta eco emotiva nel popolo -, il ricatto dell'equazione regime-patria - per di più "in pericolo", dall'inizio delle sconfitte militari del 1943-1945 - non favorirono la formazione di un movimento organizzato anti-regime, con sufficiente consenso popolare.
I termini "resistenza" e "movimento di resistenza" vennero usati in volantini distribuiti da Sophie Scholl, suo fratello Hans e Christoph Probst, che vennero giustiziati dopo un sommario processo, presieduto dall'ultranazista Freisler, seguiti di lì a pochi mesi dai loro amici Alexander Schmorell, Willi Graf ed il professor Kurt Huber che, nel tratto finale, si unì ai giovani della Rosa Bianca, "Weisse Rose". I quattro ragazzi, che provenivano da regioni diverse della Germania, si incontrarono a Monaco. Erano studenti. Si incontrarono tra loro, le affinità emersero, si scoprirono fratelli e lavorarono ad approfondire insieme le ragioni religiose, culturali e politiche del loro intransigente ed attivo rifiuto del nazismo, che, ai loro occhi, incarnava brutalmente il decadimento più spaventoso dello spirito e la perversione più satanica che la storia conosca, tale da innalzare il male addirittura a simbolo del bene ed a suo segnale luminoso.
La tragedia del popolo tedesco consisteva proprio nell'aver ceduto ad una simile mostruosità, consegnandogli la sua stessa anima. In questo gruppo spiccava la figura di Sophie Scholl, ventunenne iscritta a biologia e filosofia. Scoprì che l'autore del primo volantino era stato suo fratello Hans e da quel momento si buttò nella rischiosissima impresa. Due giorni prima di essere presa, confidò ad un pittore quale fosse la missione sua e del suo gruppo: "Cadono così tanti uomini per questo regime, è ora che qualcuno cada perché è contro". "Uno alla fine deve pur incominciare", rispose Sophie Scholl, davanti al cosiddetto tribunale del popolo, a chi le domandava che cosa mai l'avesse spinta all'azione.
Nei volantini (in tutto sei) diffusi dalla Rosa Bianca veniva espresso un chiaro rifiuto ad ogni sorta di centralismo. Affidandosi solo al potere della parola (già nel 1936 la Gestapo calcolò che erano stati distribuiti illegalmente 1.643.000 volantini) e della ragione tentarono di risvegliare l'opinione pubblica: la Germania (così scrivevano) poteva essere grande solo rispettando i fondamentali principi umani, quali la libertà di espressione, il dissenso, i differenti credo religiosi, nella tolleranza per ogni razza e diversità. Il gruppo era costituito da quasi 20 giovani che non si esercitavano contro il nazionalsocialismo, bensì nella lettura dei documenti della grande spiritualità tedesca: Goethe, Schiller, Hoelderling, Mann, Lessing e, in particolare, un suo dramma che, in Germania, era severamente vietato, "Nathan der Weise".
Dunque, leggevano il dramma di un ebreo che si rivelava come il fratello, il prossimo e che leggevano interpretando i diversi ruoli. Quelli furono i primi passi verso la Resistenza che, inizialmente, era solo opposizione; più tardi si arrivò a quella vera e propria, esercitata mediante un difficile lavoro notturno di ciclostile, invio di lettere, scritte sui muri. Sophie Scholl affermava: "Noi dobbiamo perdere la guerra, altrimenti non torneremo mai più liberi" . La Gestapo torturò Sophie Scholl per quattro giorni, dal 18 al 21 febbraio 1943. Era la persona più forte all'interno del gruppo della Weisse Rose, la più determinata, la più sincera e la più attiva. Era una giovane donna e fu ghigliottinata a ventun anni. Il cappellano del carcere, che la vide poco prima dell'esecuzione, ha testimoniato che era senza paura, calma.
L'uomo della Gestapo che conduceva l'interrogatorio le chiese alla fine: "Signorina Scholl, non si rammarica, non trova spaventoso e non si sente colpevole di aver diffuso questi scritti e aiutato la Resistenza, mentre i nostri soldati combattevano a Stalingrado? Non prova dispiacere per questo?", e lei rispose: "No, al contrario! Credo di aver fatto la miglior cosa per il mio popolo e per tutti gli uomini. Non mi pento di nulla e mi assumo la pena!". Tanti altri gli esempi di coraggio e convinzione nelle idee di libertà dalla tirannide. Josef "Beppo" Römer, veterano della prima guerra mondiale, organizzava nuovi gruppi
L'ultimo arresto
di Römer si ebbe
nel febbraio
del 1942, a cui
seguirono numerose
condanne ed uccisioni |
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antinazisti ogni volta che veniva rimesso in libertà. Dopo essere stato internato nel campo di concentramento di Dachau, dal 1934 al 1939, egli organizzò nuovamente delle cellule della Resistenza durante la guerra.
La maggior parte di esse era formata da comunisti e lavoratori. La cellula più importante fu quella di Robert Uhrig, il Gruppo Robby, il cui quartier generale si trovava negli stabilimenti della Osram di Berlino, che producevano lampadine. L'ultimo arresto di Römer si ebbe nel febbraio del 1942, a cui seguirono numerose condanne ed uccisioni. Non riuscirono a creare difficoltà al regime le reti clandestine della famosa Rote Kapelle, "Orchestra Rossa", creata nel 1936 dal tenente Harro Schulze-Boysen e dall'economista Arvid Harnack, la cui vicenda si concluse con l'uccisione di tutti i suoi membri. I vari gruppi clandestini nascevano e si muovevano in maniera autonoma e scoordinata; la mancanza di base popolare - come pure il rifiuto degli Alleati, paralizzati dai sovietici, di aiutare, come nei paesi occupati, la resistenza tedesca o, almeno, di considerare i suoi esponenti come interlocutori - fece sì che le organizzazioni clandestine venissero facilmente scoperte dalla Gestapo.
Fu il caso - per esempio - del circolo socialista "Neu Beginnen", "Ricominciare", scoperto nel 1935; del circolo di Hanna Solf, vedova dell'ex ambasciatore tedesco a Tokio, scoperto il 12 gennaio 1944; del gruppo comunista di Anton Saefkow (arrestato il 4 luglio 1944); e, infine, con maggior spessore sia numerico che culturale, del Circolo di Kreisau - dal nome della tenuta slesiana dove si riuniva - d'intonazione cristiano-sociale, promosso dal conte Helmuth James von Moltke e dal gesuita Alfred Delp. I sopravvissuti circoli aristocratici e conservatori ruotavano intorno a Carl Friedrich Goerdeler, ex borgomastro di Lipsia, il più noto esponente della resistenza tedesca, designato come futuro capo del governo nei piani dei cospiratori del 20 luglio,1944, Hans Ulrich von Hassell, già ambasciatore a Roma, Johannes von Popitz, già ministro delle Finanze della Prussica, ed Ewald von Kleis-Schmenzin, di ispirazione monarchica e cristiana.
Questi ambienti esercitavano una forte, anche se non esclusiva, influenza sui militari, in particolare sul generale Ludwig Beck, capo di stato maggiore dell'esercito fino al 1938. Con l'eccezione dei massimi vertici, l'ambiente dei generali e dell'alta ufficialità - fra i quali si segnala l'ammiraglio Wilhelm Canaris, addirittura capo dello spionaggio militare, l'Abwehr, in maggioranza avversava sempre il nazionalsocialismo, sia per ragioni di principio (per esempio non riusciva ad accettare gli eccidi perpetrati dalle milizie di partito), sia per orgoglio di ceto, acuito dalle continue umiliazioni ad esso inflitte dal despota. La Resistenza, nel suo insieme, era un fenomeno importante, ma troppo isolato per essere efficace. Essa assunse anche la forma della solidarietà con gli Ebrei o con altri perseguitati che venivano aiutati a fuggire dal paese.
Alti funzionari civili, come Hans Bernd Gisevius e Hans von Dohnanyi, entrambi del controspionaggio, organizzarono, nel biennio 1941/42 una rete clandestina per l'espatrio degli Ebrei prima di pagare con la vita il loro coraggio. La Resistenza si espresse anche attraverso il sabotaggio nelle fabbriche, all'interno delle Forze Armate e contro le linee ferroviarie. Molti oppositori del regime cercarono di sabotare, prevenire o abbreviare la guerra informando i governi stranieri delle date previste per gli attacchi contro i loro paesi. Le Chiese erano organizzazioni che godevano di una certa indipendenza e, secondo Hitler, erano orientate e programmate in senso ideologico (teologico). C'erano diverse centinaia di ecclesiastici nazionalisti e sostenitori del nazismo nel clero luterano, riformato e cattolico. I socialisti fra il clero erano relativamente rari. Le Chiese si preoccupavano di predicare il Vangelo e di eseguire i servizi pastorali. Il clero non era incline a contrapporsi politicamente al governo, a meno che le interferenze alle sue attività in quello che era il suo campo principale di interesse non diventassero intollerabili.
C'erano, tuttavia, diversi ecclesiastici nella Germania nazista che ritenevano che stesse succedendo esattamente questo. La "bekennende Kirche" , ossia la Chiesa confessante, fu un movimento di resistenza contro la pretesa del regime di nazificare la chiesa evangelica; nacque proprio per opporsi ai tentativi di trasformare in senso nazista le chiese protestanti, allo scopo di proteggere le attività puramente religiose. Questo esempio è assai significativo di una delle peculiarità della resistenza tedesca. Essa fu nella sua dimensione più diffusa una difesa delle antiche libertà corporative di determinati ambienti (religiosi o socio-culturali: sta qui la spiegazione del carattere alto-borghese e conservatore che assunse la maggior parte dei circoli resistenti) piuttosto che una domanda di rivoluzione politica contro un dittatore.
Si ebbero casi di resistenza individuale ed eroica nelle chiese, da parte di sacerdoti, suore, ministri, prelati e vescovi. Fra le comunità religiose, quella cattolica si mostrava meno sensibile ai richiami "patriottici" del governo di quella evangelica, da cui si era staccata una Chiesa "nazionale" del tutto soggetta al regime. La resistenza cattolica si manifestava soprattutto attraverso la testimonianza, talora spinta fino alla temerarietà, ed attraverso il magistero di singoli presuli. Fra essi spiccarono il vescovo, poi cardinale, di Münster, nella Renania-Vestfalia, Clemens August conte von Galen, la cui serie di pastorali contro il regime e le cui iniziative nei confronti di alti gerarchi come Hermann Göring gli valsero agli occhi del mondo l'ammirato appellativo di "leone di Münster", e fra i partigiani del regime l'epiteto di "Galen Schwein", (Galen porco), ed i cardinali Konrad von Preysing e Michael von Faulhaber, rispettivamente vescovo di Eichstätt, in Baviera, ed arcivescovo di Monaco.
Fra i protestanti spiccò la figura del pastore ed ex comandante sommergibilista durante il primo conflitto mondiale Martin Niemöller, arrestato nel 1937 e liberato dal Lager di Sachsenhausen, nell'Assia, solo nel 1945; con lui lo scrittore prussiano Ernst Wiechert, venne confinato nel lager di Dachau, nei pressi di Monaco, ed il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer (1906 -1945), impiccato nel campo di Flössenburg, in Baviera. La Gestapo era perennemente in cerca di segnali di opposizione al regime, smantellava cellule comuniste, confiscava opuscoli introdotti clandestinamente in Germania da dirigenti socialdemocratici in esilio a Praga, tormentava sacerdoti cattolici, monaci e ministri protestanti con accuse di comportamento deviante, sovversione e violazione degli obblighi valutari, metodo, quest'ultimo, che era utile anche per tagliare i contatti con il Vaticano o con il Concilio mondiale delle Chiese di Ginevra.
Nel maggio del 1936, ben 287 religiosi vennero arrestati e processati per presunta omosessualità. Forti proteste contro il programma "eutanasia" (a tal proposito si rimanda al documento di chi scrive su tale tematica pubblicato nel N. 101 della rivista) si levarono dai capi della Chiesa cattolica e luterana; Hitler ordinò il blocco ufficiale del programma il 24 agosto 1941, anche se il progetto continuò: comunque, la sospensione ufficiale costituì una sorte di vittoria per i capi ecclesiastici. In seguito alle loro proteste, il programma era stato apparentemente interrotto e chi aveva protestato non era stato rimosso dalla propria carica né aveva subito alcuna limitazione alle proprie attività. Il percorso resistenziale, dalla presa di distanza alla fase di opposizione attiva al regime, fino a giungere alla pianificazione del tirannicidio, ha inevitabilmente tagliato fuori i circoli della resistenza da un contatto politico con ampi strati popolari.
Erano tre le principali cause per l'assenza dell'appoggio popolare alla Resistenza. In primo luogo, la maggioranza dei tedeschi accettava il regime di Hitler, in quanto egli aveva conquistato il potere in modo corretto e, a rigor di termini, legittimo (opinione condivisa, come già detto, anche dai governi europei). Un'altra delle cause alla base dello scarso sostegno alla Resistenza fu il successo del governo di Hitler, che aveva restaurato l'ordine, sconfitto la disoccupazione, ricostituito una capacità difensiva credibile ed ottenuto ampie revisioni territoriali rispetto al trattato di Versailles. Ulteriore motivo per spiegare l'assenza di un ampio sostegno alla Resistenza fu la sensazione che la polizia di stato nazista ed i suoi strumenti fossero onnipresenti.
Oltre alla Gestapo ed all'SD, c'erano innumerevoli agenti, agenzie ed informatori del partito, a livello provinciale (Gau), distrettuale (Kreis), locale (Bezirk) e di zona. L'esercito ed i suoi ufficiali erano largamente immuni dalla sorveglianza e dalla penetrazione della Gestapo come anche dall'influenza del Partito Nazista. Nessuno dei governi delle principali nazioni era stato rovesciato nel ventesimo secolo fino a che l'esercito gli era rimasto fedele. Senza l'esercito le prospettive di successo della Resistenza erano decisamente scarse. Indubbiamente l'obbedienza militare costituiva un grande ostacolo: la decisione di rompere il giuramento di fedeltà, di comportarsi in modo sovversivo ed agire in contrasto con il comando supremo militare e politico condannava il singolo alla solitudine ed all'isolamento dai compagni. Non ci si poteva attendere una decisione così difficile da un grande numero di soldati, ma solo da pochi.
Alcuni militari, compresa una parte di quelli che aderivano alla Resistenza, consideravano nullo il giuramento, dal momento che, l'uomo a cui essi avevano dichiarato fedeltà, aveva infranto più di una volta la sua promessa per quel che riguardava la sua carica, ma insistevano nel ripetere di non poter intraprendere alcuna azione contro il regime finché il dittatore non fosse stato ucciso. Gli avvenimenti fra il 1933 ed il 1938 posero i membri più alti del corpo degli ufficiali in contrasto con Hitler. Se l'opposizione clandestina di gruppi politici, religiosi e o di altri circoli impegnati iniziò immediatamente dopo la nomina di Hitler nel 1933, non ci si poteva certo attendere che all'interno delle Forze Armate iniziasse altrettanto velocemente.
Il Fuhrer, fin da subito, ampliò l'esercito, assegnò ad esso dei fondi, fornì armi ed attrezzature nuove e migliori, portò le Forze Armate tedesche a livelli pari a quelli delle altre potenze mondiali. La resistenza militare contro il regime trovò la sua massima espressione in tre tentativi di colpo di Stato - che prevedevano tutti la previa eliminazione fisica del Führer, che avrebbe liberato i militari dal giuramento di ubbidienza personale -, due dei quali - quello del settembre del 1938, poco prima degli accordi internazionali di Monaco, e quello del giugno-novembre del 1939, all'inizio della guerra - dovettero essere sospesi in extremis, mentre il terzo, quello del 20 luglio 1944, aperto dall'attentato contro il Führer compiuto dal colonnello conte Claus Schenck von Stauffenberg al quartier generale di Rastenburg, nella Prussia Orientale, fallì.
La prima cospirazione fu ideata dal generale Beck, che dirigeva l'ufficio delle truppe nel ministero della Reichswehr, che si spinse molto lontano con proteste e promemoria scritti, con tentativi di premere direttamente sul governo tedesco e di suscitare reazioni all'esterno del paese: diversi emissari di altissimo livello della Resistenza che si stava allora formando contattarono il governo inglese e quello francese, avvisandoli che Hitler aveva intenzione di muovere guerra alla Cecoslovacchia e che poteva essere fermato solo se la Francia e l'Inghilterra avessero dichiarato apertamente che in quel caso avrebbero attaccato la Germania. Il successore di Beck, che si dimise (ma continuò a complottare contro la guerra e contro il governo), fu Halder. Si lasciò coinvolgere fino in fondo nel complotto una volta informato dell'ipotesi di una protesta collettiva. Egli riteneva che qualsiasi azione potesse essere messa in atto solo dopo che Hitler avesse varcato il confine ceco e lui stesso avrebbe lanciato il segnale per iniziare il colpo di Stato. I cospiratori non avevano piena fiducia in Halder e predisposero un programma alternativo con unità che avrebbero dovuto occupare i punti strategici e gli edifici del governo.
I viaggi del primo ministro inglese Neville Chamberlain in Germania dal 15 al 22 settembre in cerca di una soluzione pacifica e l'apparente disponibilità da parte delle potenze occidentali a rilasciare sostanziali concessioni ad Hitler ebbe un effetto disorientante sui cospiratori. Un ordine di mobilitazione generale era atteso per il primo pomeriggio del 28 settembre ed gli autori del complotto si erano preparati a colpire. Nel pomeriggio, però, giunse una notizia di una conferenza internazionale che si sarebbe tenuta a Monaco il giorno successivo. La Gran Bretagna e la Francia acconsentirono all'annessione della regione dei Sudeti da parte della Germania. Al tempo stesso i preparativi militari inglesi e francesi convinsero Hitler a desistere dai suoi progetti. Le condizioni preliminari per un colpo di stato vennero così a mancare.
Per quel che era dato a vedere a molti, la politica aggressiva di Hitler era stata ricompensata dal successo. Solo pochi Tedeschi compresero che il dittatore si era tirato indietro di fronte alla minaccia di un intervento delle grandi potenze, si era accontentato della regione dei Sudeti ed aveva rinunciato momentaneamente alla conquista della Cecoslovacchia. La propaganda tedesca dissimulò l'analisi razionale: l'euforia trionfò. I cospiratori avevano i loro motivi per preoccuparsi tanto dell'opinione pubblica nel caso di un colpo di stato contro Hitler. Inoltre, avevano pensato che le potenze occidentali fossero loro alleate nella lotta contro il Fuhrer: le avevano tenute informate sulle sue intenzioni e le avevano messe in guardia contro di esse, invitandole ad opporsi alle richieste del dittatore. Non ricevettero in cambio alcun incoraggiamento, nessuna risposta che potesse essere loro di qualche utilità.
Ed ora, per di più, i presunti alleati patteggiavano con Hitler. I membri della Resistenza tedesca non si ripresero mai del tutto dalla delusione subita. Il successo del dittatore continuò a demoralizzare la Resistenza, ma, nonostante tutto, i cospiratori, nuovamente, nell'estate del 1939, tentarono di evitare la guerra e rovesciare il regime. Alcuni emissari si recarono per l'ennesima volta in Inghilterra, anche se un colpo ulteriore al movimento fu la vittoria di Hitler nella gara per allearsi con la Russia. I cospiratori nel ministero degli Esteri, nel servizio segreto militare di Canaris, nei sindacati e nel movimento socialista, in clandestinità, cercarono di persuadere i capi militari ad arrestare e processare Hitler. Nell'autunno del 1939, dopo lo scoppio della guerra, ancora una volta gli oppositori del Fuhrer cercarono di eliminarlo. Le speranze vennero riposte negli ufficiali di grado superiore come Halder e von Brauchitsch, ma era importante scoprire l'eventualità di un appoggio inglese. Papa Pio XII fece da intermediario, nel febbraio del 1940, e vennero raggiunti degli accordi base con la Gran Bretagna e, indirettamente, con il governo francese.
Ma Halder riteneva non credibili le assicurazioni pacifiche inglesi e, quando sottopose a von Brauchitsch i risultati dei negoziati condotti attraverso il Vaticano (aprile 1940), ormai mancavano solo cinque giorni all'attacco tedesco alla Danimarca ed alla Norvegia ed il colonnello generale si rifiutò di discutere la possibilità di un colpo di stato. Dopo la vittoria sulla Francia (giugno 1940) Halder non era più disposto a prestare il suo appoggio al rovesciamento del regime hitleriano; von Brauchitsch altrettanto. L'opposizione si ridusse a discutere e progettare tentativi di omicidi isolati, privi del sostegno necessario per un serio colpo di stato.
Fra i cospiratori c'era chi avrebbe voluto eliminare il regime nazista senza curarsi delle conseguenze. C'era, però, anche chi desiderava ragionevoli assicurazioni sul destino della Germania in caso di una rivolta interna coronata da successo. Nel frattempo essi cercarono di creare le condizioni nelle quali i capi dell'esercito avrebbero potuto prendere in considerazione la possibilità di appoggiare un colpo di stato, cercando l'assicurazione da parte dei nemici della Germania che un governo non nazista successivo a quello di Hitler avrebbe ottenuto condizioni di pace accettabili per l'intera nazione. Era necessario, a tal fine, stabilire contatti segreti con i nemici della Germania. Da evidenziare l'episodio del colonnello Oster, braccio destro dell'ammiraglio Canaris nel servizio di sicurezza dell'esercito, che continuò ad avvisare i governi delle nazioni che il Fuhrer intendeva colpire. Egli sperava che tali paesi, preparandosi alla guerra, avrebbero inflitto alle armate tedesche una sconfitta così cocente da favorire la caduta di Hitler o costringerlo a fermare la guerra.
Ogni volta che si predisponeva una data per l'attacco, dalla metà di ottobre del 1939 al maggio del 1940, Oster comunicava la data prevista al governo olandese, ma i suoi preavvisi non ebbero, tuttavia, alcun effetto pratico. Con l'inasprirsi della guerra, la Gran Bretagna, in particolare, sembrava decisa a non scendere ad alcun compromesso. Nel gennaio del 1941, Churchill diede istruzioni al nuovo ministro degli Esteri Anthony Eden, successo a lord Halifax, sul modo in cui comportarsi a proposito delle richieste di pace provenienti dalla Germania: "Il suo predecessore venne completamente sviato nel 1939. Il nostro atteggiamento verso tali approcci o suggerimenti dovrebbe essere il silenzio assoluto". Quindi questa era la situazione che si delineava ai cospiratori: la Gran Bretagna non era disposta a prendere in considerazione proposte di pace; l'alleanza anglo-russa del luglio 1941 e l'accordo anglo-americano del mese successivo evidenziavano esplicitamente gli obiettivi di vittoria assoluta e resa senza condizioni, con disarmo e controlli in futuro. Essi apparivano alla Resistenza eccessivi e poco realistici.
Non costituivano certo una base sulla quale essa potesse giustificare una rivolta interna per eliminare Hitler, a meno che non avesse ottenuto la promessa che gli obiettivi alleati sarebbero stati modificati in modo sensato per un governo antinazista. Da quel momento in poi i contatti esteri della Resistenza ebbero lo scopo di assicurarsi una promessa del genere da parte degli alleati ed alcune modifiche alla formula "resa incondizionata". I Tedeschi avanzarono, tramite emissari come Dietrich Bonhoeffer, Adam von Trott zu Solz, Moltke, Hans Bernd Gevius e Goerdeler diverse proposte con concessioni di vario tipo, ma tutti gli approcci, i tentativi ed i contatti produssero una sola risposta: la Germania doveva arrendersi senza condizioni. In effetti, la Resistenza tedesca fu l'unica fra tutti quelli che in Europa si opposero al nazismo a non godere, in alcun modo, dell'appoggio o dell'incoraggiamento degli alleati. Essa non riuscì a comprendere l'incapacità da parte degli alleati di separare i nazisti dagli altri Tedeschi.
Trovavano difficile comprendere, dalla loro posizione di disponibilità, che i governi alleati non avevano motivo di fidarsi di un imprecisato governo di cospiratori sconosciuti più che di quello di Hitler. Il punto di vista della Resistenza era offuscato dalla capacità stessa dei suoi membri di trascendere la tradizionale fedeltà alla nazione nella loro lotta contro la minaccia hitleriana e cogliere gli interessi comuni a tutte le nazioni nella crociata contro la barbarie. Ci furono molti tentativi di uccidere il Fuhrer: ci provarono gli studenti ebrei Felix Frankfurter, nel 1935, che colpì, al posto di Hitler, il capo dei nazisti svizzeri a Berna Gustloff, ed Helmut Hirsch, che, proveniente da Praga, venne arrestato prima di mettere in atto il suo piano, nel 1936; Maurice Bavaud, nel 1938, che non riuscì a sparare durante la marcia dell'anniversario del tentativo di putsch fallito da Hitler nel 1923; Georg Elser, che posizionò una bomba con timer nel pilastro davanti al quale Hitler teneva il suo discorso, che si salvò, dal momento che terminò l'intervento prima del previsto, ma, in seguito alla terribile esplosione, morirono molti membri del partito.
Da allora aumentarono le misure di controllo e furono ridotte le apparizioni in pubblico del Fuhrer. Le nuove e rigide misure di sicurezza richiedevano di trovare un abile e risoluto assassino che avesse accesso alla sua persona. Inoltre i cospiratori erano convinti che l'omicidio dovesse andare di pari passo con un deciso colpo di stato. Essi ritenevano che la semplice eliminazione di Hitler avrebbe trasferito il potere ad un altro dirigente nazista, Goring o Himmler; invece occorreva rimuovere il Partito nazista ed i criminali delle SS dal governo, dal sistema giudiziario e da altre cariche a livello nazionale, statale e locale, chiudere i campi di concentramento e liberare i prigionieri politici, mantenere la macchina militare fino alla negoziazione di un armistizio. L'ufficiale di stato maggiore Stauffenberg, rimanendo indignato non solo dai gravi errori che Hitler commetteva dal punto di vista militare, ma dagli eccidi commessi dietro il fronte e nei campi di sterminio, nel settembre del 1942 si dichiarò pronto ad ucciderlo, ma non aveva accesso al dittatore e non trovò appoggi. Il crudele sacrificio della sesta armata (vennero uccisi 250 mila uomini) a Stalingrado del gennaio del 1943 convinse un buon numero di ufficiali dell'esercito della necessità di eliminare Hitler, unico responsabile.
Molti di loro erano pronti ad agire se se ne fosse presentata l'opportunità. Una buona dose di fortuna aiutò il Fuhrer, che scampò ad altri tentativi di ucciderlo, sia da parte di Stauffenberg che di altri cospiratori, modificando i piani di visita o riducendo i tempi di sosta nei luoghi decretati per il "colpaccio", per un detonatore mal funzionante. I controlli più duri della Gestapo immobilizzarono per mesi la Resistenza. Il 20 luglio del 1944 Stauffenberg, che al fronte aveva perso la mano destra, due dita della sinistra ed un occhio, era stato convocato per riferire delle "divisioni bloccanti" che la milizia territoriale stava creando per puntellare il fronte orientale e doveva fare rapporto al Fuhrer durante la riunione quotidiana di mezzogiorno. Portò con sé la carica esplosiva con il detonatore già pronto.
Stauffenberg era indispensabile per il successo del colpo di stato che avrebbe dovuto seguire l'assassinio di Hitler e, quindi, il piano prevedeva che egli lasciasse la sala delle riunioni subito prima dell'esplosione. Dopo aver discusso con i collaboratori più stretti del dittatore, Stauffenberg chiese di rimanere solo con il suo aiutante von Haeften per lavarsi e cambiarsi la camicia. Nell'atto di preparare la carica furono interrotti da un sergente che li invitava a fare presto e Stauffenberg uscì con una sola bomba nella cartella, ovvero con solo metà dell'esplosivo che aveva a disposizione. Sottolineando di avere l'udito menomato a causa delle ferite, chiese di essere posto vicino ad Hitler in modo da poter cogliere quello che veniva detto prima di fare il proprio rapporto.
Con il pretesto di una telefonata si allontanò e, circa alle dodici e cinquanta, si sentì un terribile boato. Con dei sotterfugi superò i posti di blocco e con un volo fece ritorno a Berlino, probabilmente certo di aver ucciso Hitler, che, a parte timpani perforati, tagli e lividi su tutto il corpo, uscì indenne dall'esplosione, anzi, si rivestì ed incontrò Mussolini come stabilito. Era stato previsto dal piano che il generale Fellgiebel, partecipante al complotto, doveva telefonare a Berlino ed annunciare la morte del Fuhrer. Vedendolo vivo, riferì la verità e questo fu un grande errore di strategia: se Stauffenberg si fosse accordato nel far dichiarare comunque morto Hitler (anche se fosse sopravissuto) il colpo di stato avrebbe potuto avere successo. Fellgiebel disse: "E' accaduta una cosa terribile. Il Fuhrer è vivo".
I cospiratori a Berlino si posero mille domande, perché non potevano sapere se l'attentato era fallito, era stato bloccato o sventato e decisero di non intraprendere repentinamente alcuna iniziativa. Solo alle quattro del pomeriggio emanarono l'ordine di dare il via all'operazione "Valchiria" come stabilito per impadronirsi del potere esecutivo. Stauffenberg fece diramare gli ordini a tutti i comandi distrettuali dell'esercito e venne emanato un proclama generale nel quale si diceva che l'esercito aveva assunto il potere esecutivo e dichiarato legge marziale, che venne firmato dal feldmaresciallo von Witzleben, non più in servizio attivo da due anni. Un secondo proclama generale, che forniva i particolari della rivolta, era firmato da Fromm (che si era rifiutato di concedere il potere e di obbedire agli ordini dei cospiratori ed era stato arrestato) e Stauffenberg e fu nominato comandante in capo della milizia territoriale il generale Hoepner, caduto in disgrazia nell'inverno del 1942 per aver predisposto la ritirata in Russia.
Gli ordini insoliti provenienti da Berlino avrebbero suscitato meno perplessità se fossero stati firmati da ufficiali di riconosciuta autorità o se fossero stati da questi confermati. Ma così erano decisamente anomali e complicarono ulteriormente la situazione dei cospiratori, i cui ordini giunsero anche dopo le normali ore di ufficio e chi era in servizio non poteva prendersi la responsabilità di farli eseguire senza l'autorizzazione dell'ufficiale responsabile o, almeno, del capo di stato maggiore. A peggiorare la situazione, alle sei e mezzo, l'annuncio della radio nazionale di un attentato fallito alla vita di Hitler. Ormai ogni speranza si era dissolta. In diversi centri, tuttavia, inizialmente gli ordini vennero eseguiti. Furono messe in moto le truppe, mentre qua e là alcuni dirigenti nazisti venivano messi agli arresti. A Parigi tutto il personale della Gestapo venne arrestato e sacchi di sabbia per le previste fucilazioni vennero ammucchiati nel cortile della Ecole Militaire.
A Berlino il distretto governativo venne occupato per qualche ora dal battaglione della Guardia. Alcune stazioni radio vennero occupate, ma i cospiratori non riuscirono a farne uso. Un'ora più tardi Goebbels riuscì a convincere il comandante delle guardie ad accettare solo ordini autorizzati da Hitler. A mezzanotte la rivolta era ormai fallita ovunque. Il generale Fromm aveva riconquistato la libertà ed ordinò che i quattro capi della rivolta, Stauffenberg, Haeften, Mertz von Quirnheim ed Olbricht, venissero immediatamente giustiziati. Il giorno seguente egli stesso venne convocato al ministero per la Propaganda ed arrestato perchè sospettato di fare parte del complotto. Venne processato, condannato per codardia e fucilato il 12 marzo del 1945. La maggior parte dei restanti cospiratori della milizia territoriale venne arrestata intorno a mezzanotte.
Avendo compreso che in Germania gli si opponeva una forza morale, Hitler ordinò un processo rapido ed impiccagioni immediate per i cospiratori ed ebbe a dire: "E, cosa più importante, non devono avere il tempo di fare discorsi". La repressione di quest'ultima congiura segnò la definitiva e sanguinosa liquidazione della resistenza tedesca, attuata attraverso processi-farsa nei quali si distinse il presidente del tribunale speciale nazionalsocialista Roland Freisler, seguiti da torture, impiccagioni, fucilazioni e deportazioni, che si protrassero con precisione e con implacabile, barbarico spirito di vendetta - che non risparmiò i familiari ed i congiunti - fino alla soglia dell'apocalisse berlinese nell'aprile del 1945. Quasi tutti vennero giustiziati entro due ore dalla sentenza; gli appelli furono una farsa. I condannati vennero strangolati lentamente con del filo sottile. Le prime esecuzioni vennero filmate per poterle mostrare ad Hitler. Si consumava così, fra gli oltraggi degli "alleati" e la feroce repressione della Gestapo, la tragedia della resistenza tedesca contro Hitler. Un movimento minoritario ma non trascurabile, diffuso nell'esercito come in qualificati settori della società civile.
Purtroppo però, abbandonata a se stessa dagli angloamericani, impossibilitata a svolgere opera di propaganda fra le masse per lo stretto controllo sociale della Gestapo, costretta ad una strategia cospiratoria, l'opposizione tedesca a Hitler non poté percorrere altra strada che quella del putsch e anche su questo terreno fu vanificata sia dalle imponenti misure a difesa di Hitler, sia dalle remore psicologiche dei suoi esponenti militari. Gli oppositori con le stellette, infatti, avrebbero voluto uccidere Hitler già nei primi mesi del secondo conflitto mondiale, ma temevano che il loro gesto fosse interpretato come una "pugnalata alla schiena" alla Wehrmacht. Per questo si ridussero ad agire quando le sorti del conflitto erano compromesse e neppure l'eliminazione del Fuhrer avrebbe potuto assicurare alla Germania una pace onorevole. Alcuni dei capi della Resistenza erano turbati dalla contraddizione esistente fra il loro obiettivo, quello di porre fine ai crimini nazisti, e la necessità di uccidere per raggiungerlo.
Lo sdegno per i metodi usati dal regime nazista si trasformò in un ostacolo per un colpo di stato che dipendeva, in parte, proprio dagli stessi metodi. I principi morali generarono una certa inettitudine non soltanto per quel che riguardava l'azione violenta, ma anche per la forza delle proprie convinzioni. La Resistenza cercò di rovesciare Hitler anche mentre passava di successo in successo, senza alcun opportunismo, ma proseguì e continuò i propri sforzi per tutti gli anni delle sconfitte. I principali cospiratori si espressero contro Hitler in termini espliciti anche nel momento dei suoi maggiori successi, anche se era improbabile che la Resistenza raggiungesse i suoi fini ed agì senza alcuna fondata speranza di farcela. Non si aspettava il successo nel senso ordinario del termine, ma la sfida ad una malvagità così totale esigeva una risposta. La persecuzione e lo sterminio degli Ebrei fu per molti cospiratori il motivo principale che li spinse ad entrare nell'opposizione clandestina. Più di venti dei cospiratori arrestati dopo il 20 luglio del 1944 affermarono, negli interrogatori della Gestapo, che la persecuzione degli Ebrei fu un fattore, o quello principale, che li spinse ad entrare nel complotto.
Ci fu sempre resistenza, sia aperta che nascosta, in ogni strato sociale e lavorativo. Migliaia di persone diedero la vita per la Resistenza sulle ghigliottine, sulle forche e nelle fosse dei campi di concentramento. La Resistenza della gente comune fu priva di ogni reale influenza sui poteri dello Stato, ma fu fonte di inquietudine e preoccupazione, come dimostrano i rapporti del Dipartimento Centrale di Sicurezza del Reich, guidato da Heinrich Himmler, comandante nazionale delle SS. L'opposizione popolare che era sporadica, isolata e facilmente controllabile dalle forze di sicurezza non poteva destabilizzare la dittatura. Le azioni coraggiose degli oppositori disturbavano appena la gigantesca macchina bellica. Questo tipo di resistenza fu, quindi, inefficace, dal momento che non riuscì a cambiare il regime. Ma definire inefficaci questi atti di eroismi collettivi o individuali nella lotta contro il nazismo non costituisce, sicuramente, un giudizio sul loro valore morale. Stauffenberg, qualche giorno prima del tentativo di colpo di stato del 20 luglio del 1944 disse alla moglie: "Quel che sto per fare è un tradimento nei confronti del governo. Ma, quel che loro stanno facendo, è un tradimento nei confronti del paese. E' ora di fare qualcosa. Ma chi ha il coraggio di fare qualcosa deve farlo sapendo che nella storia tedesca sarà ricordato come un traditore. Se non fa nulla, però, sarà un traditore per la propria coscienza".
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Piegarsi vuol dire mentire, di AA. VV. - Edizioni Zero in Condotta.
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La rosa bianca, di Michele Nicoletti - Morcelliana, Brescia, 1994.
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Sophie Scholl e la rosa bianca, di Paolo Grezzi - Morcelliana, Brescia, 1994.
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