LA CATTEDRA
d i   S T O R I A   i n   n e t w o r k

Tesi di laurea della dott. Bersa Bozdo
Corso in comunicazione internazionale
Università per stranieri di Perugia

SHQIPERIA: L'ARTE
ATTRAVERSO I SECOLI
Analisi delle forme di espressione artistica
in Albania, dalla pittura alla maschera
Introduzione

Guardato con l'occhio dell'artista anche un Paese piccolo come l'Albania è unico e variopinto. Per tanti anni di seguito, attraverso le immagini artistiche, sono diventate immortali aspetti importanti della vita e della storia albanese. Fino ad ora solo una piccola parte è stata conosciuta dal pubblico e riprodotto in edizioni particolari. Una gran parte delle opere d'arte sull'Albania e gli albanesi sono conservati nelle collezioni private e negli studi degli artisti.
Lo scopo della presente ricerca è di illustrare, se pur a grandi linee un pò della storia dell'arte albanese e degli artisti più importanti, siccome i dati mancano o sono solo in lingua albanese.
Ho cercato di rappresentare al meglio il mondo albanese attraverso il linguaggio dell'arte ed i passaggi più importanti che hanno segnato la storia dell'Albania.
Dopo uno sguardo storico e illustrato dell'arte albanese, in questo lavoro sono raccolte le opere più belle degli autori stranieri con il tema albanese, i quadri dei pittori del Rinascimento e dell'Indipendenza( i primi dipinti in cui gli albanesi ritraggono la loro vita nell'arte) ed anche dei quadri conosciuti durante il periodo del realismo socialista.
Vari quadri che rappresentano personaggi con i vestiti tradizionali (che è anche il tema più usato dai pittori stranieri, essendo i vestiti albanesi molto particolari ), e anche i paesaggi delle città ( Gjirokastra e Berat hanno attirato molto l'attenzione dei pittori ).
Inoltre, sono analizzati altri aspetti dell'arte al di fuori della pittura, come la fotografia, le maschere, la storia, la cultura e la letteratura albanese.

CAPITOLO I.
BREVE EXCURSUS STORICO DELLA CIVILTÀ ALBANESE

1.1.1. La storia dell'Albania
Il popolo albanese è uno dei più antichi della Penisola dei Balcani. Gli storici dell'antichità affermano che gli Illiri si stabilirono nella Penisola Balcanica verso la fine del terzo millennio.
Nel corso del I millennio a.C., la società illirica si sviluppò considerevolmente. Gli illiri cominciarono a servirsi del ferro, argento, bronzo e a sfruttare le miniere. Fabbricarono ceramica e costruirono navi. Praticarono il commercio con il Mediterraneo Centrale e con quasi tutto il mondo antico. Questo progresso nel campo economico e delle relazioni commerciali, fu alla base della futura nascita degli stati e dei centri urbani illirici (1225 a.C. morì Re Hyllus, il primo monarca illirico di cui si sa notizia).
Gli antichi illiri, vivevano fra Likos (Alessio) e i Monti Candavici e nella città d'Albanopolis che era la loro capitale.
Un ruolo importante sulla via dell'emancipazione di questo popolo, si svolse dalle colonie elleniche che man mano si stabilirono sul litorale dell'Albania nel corso dell'VIII sec. a.C.. Le più importanti erano quelle di Dyrrachium e di Apollonia. Nel IV sec. a.C. (Re Bardhylus unì all'Illiria, la Molossia - Epiro - e parte della Macedonia, il Regno Illirico raggiunse il suo apice) si fondarono altre colonie, come quella di Likos (Alessio). Le reciproche relazioni economiche fra gli Illiri e le colonie elleniche furono vantaggiose per entrambe le parti.
A partire dai secoli IV - II a.C., iniziò un periodo di ulteriore sviluppo della Società illirica, durante il quale si ebbe la creazione degli stati illirici (385 a.C. - Gli illiri furono sconfitti da Filippo II di Macedonia, nel 312 a.C. Re Glauk cacciò i greci da Durazzo). Gli stati illirici più noti erano quelli degli Enkeleys, dei Taulanti, ma soprattutto quello degli Ardiani che attirarono l'attenzione di Roma. (232 a.C. Re Agron morì, al trono subentrò la Regina Teuta, Signora di Scutari).
Dopo una forte resistenza, gli stati illirici furono costretti a cedere nel 167 a.C. alla dominazione romana. Ciononostante, gli Illiri non si arresero del tutto di fronte all'invasore; nel 135 a.C., gli Ardiani e altre tribù si sollevarono contro Roma. L'insurrezione assunse una tale portata che i romani furono costretti ad inviare numerosi eserciti contro gli insorti e ad installarsi anche nelle regioni interne della Penisola Balcanica. Tra le varie successive insurrezioni menzione speciale merita quella condotta eroicamente nell'anno 35 D.C., seppur prontamente soffocata dall'imperatore Augusto. Da allora, gli Illiri non riuscirono più a sollevarsi contro il dominio romano (165 a.C. - 285 d.C. dominio romano).
Dopo la suddivisione definitiva dell'Impero Romano voluta da Diocleziano, imperatore d'origine albanese, in parte orientale e parte occidentale, la regione chiamata oggi Albania era allora, distinta in Praevalitana (tra le bocche di Cattaro e lo Shkumbini) ed Epirus Nova, fino a sud del golfo di Valona (Vlorë). La provincia Praevalitana (nome dell'Albania a partire dal III sec. d.C.) passò alle dipendenze di Bisanzio, mentre la Dalmazia rimase all'Occidente.
Nel 395 (primi contatti con l'Italia - Amalfi, Napoli, Venezia), gli Illiri fanno già parte dell'Impero di Bisanzio che vi esercita però un'autorità nominale e limitata alle regioni costiere, mentre l'interno subisce l'invasione di goti, ungari, avari e slavi (IV e V sec. d.C.).
Sotto la dominazione bizantina, lo sviluppo della società subì un notevole rallentamento. Nelle zone montagnose gli Illiri continuarono a praticare, come in passato, i rapporti della comunità primitiva, mentre nelle regioni basse, dove la popolazione si occupò prevalentemente d'agricoltura, si avviò il processo di feudalizzazione. Alla fine del VI sec, la Praevalitana fu di nuovo preda degli attacchi delle tribù barbariche. Lo slavo Rutomir saccheggiò interi villaggi e si rese popolare per le sue persecuzioni contro i cristiani.
Nel 1040, l'imperatore Vassily II riuscì a ristabilire nel paese la dominazione bizantina. L'Illiria perse il suo antico nome per acquisire quello attuale (sviluppo nei contatti con l'Italia - Venezia). Nel 1081, l'Albania venne attaccata dai Normanni sotto il comando di Roberto Guiscardo, ma alla morte di quest'ultimo, avvenuta nel 1085, essi lasciarono il paese.
E' in quest'epoca, che i rapporti feudali si estesero considerevolmente. Nel XII sec., i signori feudali rinforzarono le loro posizioni e nel 1185, essi si sbarazzano del controllo bizantino e costituirono il loro primo stato: il principato d'Arberia. Il centro principale di questo giovane stato fu Kruja (Croia) e il suo primo sovrano fu Progon (1190 - 1199), seguito da Gjini. Il resto dell'Albania, vale a dire la maggior parte del suo territorio, fu incluso nel Despotato dell'Epiro e nel Regno di Sicilia.
Il processo di feudalizzazione si accelerò impetuosamente durante i secoli XII - XIV. L'Albania si divise in piccole signorie locali, di volta in volta aggregate agli effimeri imperi della Grande Bulgaria (1230) e della Grande Serbia (1346), contese dai Veneziani. A Scutari regnò, dal 1366 al 1421, la dinastia autoctona fondata dai Balsha. A Durazzo si stabilirono nel 1272 gli Angioini di Napoli cui subentrarono nel 1363 i Veneziani, che al principio del sec. XV furono annesse anche Scutari e Valona (fascia la quale fu denominata Albania veneta).
Malgrado gli attacchi continui degli invasori stranieri (Angioini, Serbi e più tardi i Turchi), in Albania fecero la loro apparizione un certo numero di signori (Topia, Shpata, Balsha, Castrioti, etc.) che costituirono dei principati feudali e che furono in perenne guerra fra di loro per l'estensione dei propri domini.
Approfittando di queste discordie e della debolezza dell'Impero bizantino, durante la seconda metà del XIV sec., lo stato feudale dei turchi Osmanlis riuscì ad ingrandirsi ed iniziò a penetrare in Albania (Giannina), con lo scopo di occuparla. Una volta soffocata la resistenza del popolo albanese, essi occuparono quasi tutto il paese, ad eccezione delle zone montagnose e d'alcune città costiere.
Gli albanesi non accettarono il giogo turco e la loro lotta eroica contro la Turchia fu guidata per ben 25 anni dall'eroe nazionale Giorgio Castriota detto Skanderbeg.
Per un lungo periodo, la guerra dei turchi contro l'Albania costrinse gli invasori ad impegnare molte delle loro forze militari alle frontiere del paese, ritirandone altre da altri confini, e ciò permise all'Europa occidentale e centrale di proseguire indisturbata il suo sviluppo economico e culturale.
Intanto le lotte del popolo albanese contro la Turchia, sotto la guida di Skanderbeg, acquistarono sempre più carattere popolare, condotte con la partecipazione di larghe masse, soprattutto contadini. Nella primavera del 1444, si riunì ad Alessio la costituenda "Lega dei popoli albanesi" (comprendente territori di: Kosova, Metohia, Novi Bazar, Dibër, Ohrid, Gianina, Arta), alla quale aderirono anche i principali signori. Skanderbeg fu proclamato capo di questa Lega e da allora iniziò la gloriosa serie delle sue campagne contro gli ottomani.
Skanderbeg si dimostrò un grande stratega. Riuscì a contenere il frazionamento feudale e a rinforzare la posizione dell'Albania entro l'ambito degli accordi internazionali. Nelle questioni militari, si rivelò un abile stratega capace di mettere a suo vantaggio le caratteristiche di un paese prevalentemente di montagna.
Dopo la sua morte, avvenuta nel 1467 ad Alessio, il popolo albanese dovette resistere ancora per ben 11 anni contro le orde turche. Tra l'altro, con la morte dell'eroe nazionale, ebbero fine la Lega Albanese e le sue vittorie.
L'Albania in breve tempo venne occupata interamente dai Turchi, compresa Scutari ed alcune città della costa, difese con l'aiuto dei Veneziani (1474-1478, Repubblica di Venezia). La scarsa coesione nazionale e la mancanza di un forte potere centrale favorirono l'Impero ottomano. D'altro canto, i principi e i capi tribù non accettarono l'idea di un sovrano che li poteva privare di quell'autorità che liberamente esercitarono nei propri domini: ognuno rimase assoluto signore, tributario del sultano, e soltanto per la guerra contro i Turchi si allearono di tanto in tanto.
Non si deve però pensare che l'Albania fosse ormai ridotta ad una semplice provincia ottomana. Essa rimase divisa in una quantità di piccoli principati autonomi, posti sotto la sovranità della Turchia; ma man mano che alcuni di questi signori locali, seppur convertitisi all'islamismo, si svilupparono sufficientemente in potenza, tentarono di scuotere l'oppressione turca.
Questo è quanto testimoniarono le insurrezioni successive, soprattutto quelle del XVI e XVII sec., e la lotta contro le riforme di Tanzimat. Fra queste parziali e slegate insurrezioni si organizzò, inoltre, la formazione di una nuova Lega che pochi anni dopo, iniziando la storia contemporanea di questo paese, pose le basi del nuovo stato albanese. Durante il periodo compreso fra il 1878 e il 1881, la lotta del popolo albanese per la libertà entrò in una nuova fase.
Il Trattato di Santo Stefano, espressione della politica delle grandi potenze, privò l'Albania (3 marzo 1878), in base ad un accordo fra Bulgaria, Serbia e Montenegro, d'alcuni suoi territori. Le disposizioni del Trattato di Santo Stefano provocarono la sollevazione di tutto il popolo. Il patriota del Risorgimento albanese, Pashko Vasa, in un memorandum indirizzato all'ambasciata britannica ad Instanbul, scrisse fra le altre cose: "Annettere al Montenegro o ad altri stati, alcune regioni albanesi significa commettere non solo una grave ingiustizia, ma anche un atto poco politico che non mancherà di causare persino un conflitto sanguinoso. Gli albanesi rivendicano il diritto di entrare a far parte della grande famiglia europea".
In quest'occasione, la lotta del popolo albanese assunse un carattere nazionale più consapevole non solo nella guerra contro la Turchia, ma anche contro le grandi potenze, le quali a seguito del Trattato di Santo Stefano, ma soprattutto durante il Congresso di Berlino del 13 luglio 1878, decisero lo smembramento dell'Albania a profitto degli stati balcanici vincitori. La posizione strategica dell'Albania sul mare Adriatico e sul Mediterraneo più in generale e le sue ricchezze naturali attirarono l'attenzione delle grandi potenze.
All'inizio del XX sec., la lotta del popolo albanese per la libertà e l'indipendenza rivestì sempre più carattere popolare (soprattutto tra il 1908 - 1912). Nel 1912, le insurrezioni contro la Turchia entrarono in una nuova fase, quella dell'insurrezione generale armata, diretta da un Comitato Generale dell'Insurrezione con sede in Kossovo.
Kossovo diede il primo segnale d'insurrezione generale, che si estese poi a tutta l'Albania e che si terminò con la vittoria totale. Il 28 Novembre 1912 a Vlora fu proclamata l'indipendenza dell'Albania. La proclamazione dell'indipendenza fu un evento di grande portata storica: dopo circa 500 anni, finalmente il popolo albanese diede forma al suo primo stato indipendente.
L'indipendenza dell'Albania fu riconosciuta dalle grandi potenze che si riunirono a Londra nel mese di dicembre dell'anno 1912 (Conferenza degli ambasciatori), ma che contemporaneamente la posero sotto il loro protettorato.
Nel 1913, queste stesse potenze segnarono i confini dell'Albania lasciando fuori alcune zone albanesi come il Kossovo e la Çameria, che contavano una popolazione numericamente uguale a quella che si trovava all'interno delle frontiere dello stato albanese appena nato.
Il governo di Valona, presieduto da Ismail Qemal che rimase in carica dal 28 novembre 1912 sino al gennaio 1914, compì enormi sforzi per migliorare l'organizzazione interna dello stato e per difendere, sull'arena internazionale, le frontiere dell'Albania, siccome le grandi potenze cercarono di spartirsi il paese fra gli stati vicini sciovinisti.
L'attività e le iniziative del governo di I. Qemal dimostrarono alle grandi potenze che il popolo albanese sarebbe stato in grado d'autodeterminarsi e di vivere in quanto nazione: in seguito l'Albania si salvò da un nuovo smembramento già preparato dalle grandi potenze.
Il governo provvisorio, costituitosi spontaneamente a Valona, vide intanto sorgere degli emuli nei governi locali. Il 10 aprile 1914, la Commissione Internazionale a ciò delegata dalla Conferenza degli ambasciatori e a cui Qemal cedette i suoi poteri, approvò a Valona lo statuto dell'Albania eretta a principato sotto la garanzia delle sei grandi potenze. Al trono d'Albania venne chiamato nel marzo 1914, il principe austriaco Guglielmo di Wied, incapace di far fronte alle sanguinose lotte interne, abbandonò il paese nel settembre successivo.
Durante la prima guerra mondiale, l'Albania si trasformò in un campo di battaglia fra gli stati belligeranti. L'Albania del nord fu occupata dagli Austro-Ungarici, una parte dell'Albania centrale dalla Serbia e dal Montenegro e il sud parzialmente dalla Grecia, Italia e Francia, che ne tentarono la spartizione. Nel giugno 1917, l'Albania divenne protettorato dell'Italia; ma alla fine del conflitto essa ritornò indipendente.
Nel 1920, l'Albania fu ammessa alla Società delle Nazioni e alla Conferenza degli ambasciatori tenutasi a Parigi l'anno dopo, ebbe luogo il riconoscimento solenne dell'indipendenza e della sovranità dello stato albanese nei suoi confini delineati nel 1913.
Nel 1924, si formò un vasto movimento antifeudale che si batté per la democrazia interna del paese. Tale movimento portò al potere il primo governo democratico-borghese nei Balcani. Il programma di questo governo diretto da F. S. Noli, annunciò la realizzazione di una serie di riforme progressiste ma l'influenza delle grandi potenze era ancora molto forte. Contrarie a quel governo, attraverso l'intermediazione dell'oligarchia agraria interna conservatrice e aiutate dall'esercito jugoslavo e dall'armata bianca antibolscevica di Wrangel, riuscirono a far dimettere il governo di Noli, e al suo posto in brevissimo tempo nacque la Repubblica Albanese con il principe Ahmet Zogu (d'antica famiglia dei Matja) come suo presidente (1925).
Nel 1928, A. Zogu stabilì la monarchia e si proclamò re di tutta l'Albania. Re Zog favorì l'espansione del capitale straniero nel paese. L'Italia riuscì a controllare la vita economica, politica e culturale dell'Albania che diventò una sua semi-colonia e che con i Patti di Tirana (1927) era caduta sotto la sua tutela. Gli italiani non si accontentarono di questa sorta di protettorato, ed il 7 aprile 1939 sferrarono un'aggressione all'Albania, occupandola. Re Zog fu
detronizzato, e Vittorio Emanuele III assunse il titolo di Re d'Albania.
Sin dai primi giorni, i comunisti contrastarono l'occupatore dirigendo il movimento antifascista che si stava formando.
L'8 novembre 1941, su iniziativa e sotto la direzione di E. Hoxha, venne fondato a Tirana, il Partito Comunista che diventò la guida del movimento di liberazione nazionale del popolo albanese. Intanto il movimento antifascista acquistò sempre più forza. Il 16 settembre 1942, si riunì a Peza la prima Conferenza di liberazione nazionale dove fu stabilita la creazione del Fronte di Liberazione Nazionale e dei Consigli di liberazione nazionale che furono la base del potere della cosiddetta "democrazia popolare". Sotto la protezione degli italiani, si fondò l'organizzazione "Balli Kombetar", in seguito, fu costituita anche l'organizzazione conservatrice "Legaliteti".
Nel frattempo, nell'Esercito di Liberazione Nazionale si arruolarono sempre più numerosi partigiani e partigiane. Nel luglio del 1943, nacque ufficialmente l'Esercito di Liberazione Nazionale, con in testa il suo Stato-Maggiore Generale.
Nel maggio del 1944, a Permet, si riunì il Primo Congresso Antifascista di Liberazione Nazionale. In quell'assise, i delegati del popolo albanese, stabilirono l'avvento della Democrazia Popolare. Il Congresso di Permet votò per il Consiglio Antifascista di Liberazione Nazionale, organo legislativo ed esecutivo supremo. Là fu pure eletto il Comitato Antifascista di Liberazione Nazionale, munito degli attributi di un governo provvisorio.
Il 20 ottobre 1944, a Berat, il Consiglio Antifascista di Liberazione Nazionale fu eletto il governo democratico provvisorio dell'Albania ed alla sua guida fu scelto il comunista E. Hoxha.
Nonostante il terrore seminato dall'occupante tedesco, il popolo albanese, sotto la direzione del Partito, accolse il 28 novembre 1944 (anniversario della proclamazione dell'indipendenza nazionale) nella Tirana liberata, il primo governo cosiddetto democratico (il quale instaurò prontamente rapporti di amicizia con l'Unione Sovietica e la Jugoslavia). Alla liberazione di Tirana, seguì quella di tutto il paese.
Il 29 novembre 1944, l'Albania era completamente libera dalla dominazione degli stranieri. Il potere passò nelle mani delle masse popolari. Il leader del Partito Comunista (in seguito Partito del Lavoro), E. Hoxha, formò nel 1945 un governo di Fronte Nazionale che, dopo la rottura con Tito, si accostò sempre più a Stalin. L'11 gennaio 1946, l'Assemblea Costituente, proclamò l'Albania "Repubblica Popolare", sotto la presidenza di Hoxha. Il nuovo potere compì una serie di riforme rivoluzionarie di carattere economico, sociale e politico. Proclamò la dittatura del proletariato, nazionalizzò l'industria e costituì la proprietà socialista, realizzò la riforma agraria e quella dell'istruzione le quali crearono le premesse dello "sviluppo" dell'Albania verso un sistema statale di tipo socialista.
Nel 1956, dopo la destalinizzazione, Hoxha strinse legami sempre più solidi con la Cina, e a seguito della visita di Kruscev nel 1959, il governo albanese si ribellò apertamente a Mosca. Nel 1961 si ottenne la rottura ufficiale delle relazioni diplomatiche dell'Albania con l'URSS.
Nel settembre del 1968, l'Albania uscì formalmente dal Patto di Varsavia e si avvicinò sempre più alla Cina Popolare, di cui seguì l'esempio promovendo nel 1968-1969 una propria rivoluzione culturale. Ma i mutamenti della situazione politica cinese dopo la morte di Mao Tse-tung, provocarono l'emergere, fra i due paesi, disposizioni differenziate.
Nel novembre del 1976, si svolse il VII Congresso del Partito del Lavoro. E. Hoxha fu confermato Primo Segretario. Inoltre venne approvato il VI piano quinquennale (1976-1980) si confermò la linea ideologica: lotta al revisionismo interno, al"social-imperialismo" dell'Unione Sovietica e all'imperialismo americano.
Nel 1978 avvenne la seconda grave rottura (dopo di quella con l'URSS) delle relazioni d'amicizia dell'Albania con la Cina Popolare, accusata di revisionismo. Il paese entrò in una fase di totale isolamento con il resto del mondo. Nell'aprile del 1985, E. Hoxha, Segretario indiscusso del Partito dal 1954, morì e fu sostituito da R. Alia.
Dopo i grandi sconvolgimenti che ebbero luogo nell'Europa centro-orientale a partire dal 1989 (caduta del muro di Berlino e dei regimi comunisti dei paesi ex-satelliti dell'URSS), anche l'Albania, ultima roccaforte del comunismo ed impermeabile a qualsiasi novità fino al 1990, si aprì al cambiamento (sempre più rigide erano state le politiche governative del regime di Hoxha e l'isolamento da esso imposto al paese), benché gli ex-comunisti tentarono di mantenere il controllo del processo di transizione: gennaio 1990, rivolte popolari a Scutari e in altre città albanesi, represse dall'esercito e dalla polizia segreta Sigurimi (febbraio 1991, la folla abbatte a Tirana la statua di E. Hoxha).
Lo stimolo verso un liberismo incontrollato, portarono il paese nel baratro totale.
Nel maggio del 1996 si svolsero libere elezioni. Il voto si trasformò in una beffa, denunciata da tutti gli osservatori stranieri: i brogli costrinsero i partiti dell'opposizione a ritirarsi dalla competizione elettorale.
Luglio 2002, Leka I - Re dell'Albania e la Regina madre Geraldina, dopo più di sessant'anni d'esilio, fanno ritorno al loro paese.
L'Albania è membro dell'ONU, dell'OSCE e del Consiglio d'Europa.

1.1.2. Cultura
Gli scavi effettuati nelle necropoli di Vajza, Pazhok e negli agglomerati preistorici di Maliq e Tren, Kamnik e Cakran, testimoniano la presenza d'insediamenti anteriori alla penetrazione degli illiri nella Penisola dei Balcani.
Numerosissimi tumuli, necropoli, fortezze e agglomerati urbani, sparsi per tutto il paese, attestano la lunga signoria che ebbero gli illiri sull'Albania, e la progressiva influenza che su di essi esercitarono i greci. Della colonizzazione greca, ad opera soprattutto di Corinto e Corfù, restano cospicue vestigia a Butrinto, Apollonia, Durazzo e Orico. A Butrinto, è stata scoperta un'acropoli, cinta da un'imponente muraglia con sette porte, dotata di un teatro che unisce alla cavea greca (l'insieme delle gradinate riservate agli spettatori) la scena romana. La giustapposizione di strutture romane a precedenti costruzioni greche, è ancora più esplicita ad Apollonia dove esiste un vasto complesso archeologico che conserva resti di mura, terme, monumenti sepolcrali, un ninfeo, un ginnasio, ecc..
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, si manifesta in Albania la penetrazione bizantina. Di questo periodo rimangono non poche tracce, specialmente nelle zone meridionali, vale a dire nelle province d'Argirocastro, Valona e Còrizza più vicine al mondo greco-bizantino. Ne sono una chiara testimonianza il monastero d'Ardenitza, la chiesa di San Michele a Berat, il battistero di Fenice. Notevole costruzione bizantina di data antica è pure la chiesa dei Santi Quaranta, posta a pochi minuti dall'omonimo scalo marittimo albanese. Più recente, poiché risale circa al Mille, è la chiesa di Mesopotamo presso Delvina che per le sue cupole e decorazioni si ricollega alle consimili chiese della Grecia continentale. Caratteristici i monasteri ortodossi (circa una settantina) di cui quasi la metà sono situati nella zona di Argirocastro.
Ai Veneziani si devono costruzioni di fortezze, castelli e ponti disseminati un po' dovunque (Durazzo, Alessio, Butrinto, Valona, Scutari) ma quasi tutti rimaneggiati. Ai primi, sorti verso la fine del XIII sec., ne seguono altri ben più potenti, costruiti durante l'epica lotta che Venezia, aiutata poi dagli stessi albanesi guidati dallo Skanderbeg, sostenne contro i turchi ottomani.
Verso la fine del XV sec., all'influenza politica e commerciale di Venezia, segue in Albania il dominio turco che la getta nella schiavitù e nell'avvilimento, determinando di conseguenza un periodo di inerzia artistica che anche da parte turca ha poche eccezioni in qualche moschea e torre, specie nella parte centrale del paese.
Con la dominazione turca, la maggior parte delle chiese è trasformata in moschee, talora con la semplice aggiunta di un minareto (San Nicola ad Alessio). La città dall'aspetto più spiccatamente orientale e musulmano è Elbasan (l'antica Scampa), con le sue numerose moschee della fine del XIVsec..
Dopo la seconda guerra mondiale, a Tirana sono sorti quartieri operai, complessi industriali ed edifici pubblici che combinano motivi neoclassici con elementi rustici tradizionali (Palazzo del Comitato Centrale, Museo Nazionale ecc.). Pittura e scultura s'ispirano in questo periodo alla corrente realista, e spesso sono usate a scopo celebrativo (il monumento a Skanderbeg e quello al partigiano, ancora a Tirana). Grande sviluppo ha avuto l'edilizia popolare.

1.1.3. Letteratura
Alle origini della letteratura albanese sta la tradizione orale delle canzoni, favole e fiabe, delle ballate popolari, delle leggende, della poesia popolare e, in parte, anche delle liriche.
Un notevole rilievo hanno nei sec. XV - XVI le traduzioni dal latino di opere liturgiche (salmi). E ancora nei sec. XVII - XVIII prevalsero traduzioni e composizioni di natura religiosa, accanto ad opere di carattere lessicografico: significativi in questo periodo gli scritti di F.Bardhi (1606-43), P. Budi (1566-1623). P. Bogdani (1625-89). Ma al di là delle traduzioni di testi liturgici latini e di salmi penitenziali, non si conoscono testi albanesi anteriori al 1555 (Il Messale di Gj. Buzuku). Tuttavia, queste opere sono molto importanti poiché sono i primi documenti scritti della lingua albanese.
Nello stesso periodo, presso gli albanesi immigrati in Italia e stabilitisi in alcuni paesi della Calabria e del Palermitano si ha, a causa delle differenti condizioni di vita e per lo stretto contatto con la civiltà italiana, una fioritura letteraria notevole (L. Matranga, 1560-1619; G. Varibola, 1725-62; ecc). Anche nell'Ottocento (T. Kaballiotis, 1719-89, D. Todri, 1750-1806) il genere sacro continua a svolgere un ruolo importante ma contemporaneamente, soprattutto dopo il 1878, si forma una maggiore consapevolezza della cultura nazionale, malgrado il governo ottomano proibisca la scrittura in lingua albanese: fuori dei confini, molti autori pongono le basi di un libero sviluppo della letteratura laica nazionale, che vedrà il suo momento di maggiore gloria con l'acquisita indipendenza dell'Albania nel 1912. I fondatori di questa nuova cultura letteraria usano come strumenti linguistici entrambi i dialetti ghego e tosco (il linguista K. Kristoforidhi 1827-95, il folclorista Th. Mitko 1815-89, l'uomo politico e poeta N. Frashëri 1846-1900). Dei canti epici nazionali si è conservato qualcosa presso gli albanesi di Sicilia. In essi sono esaltate le gesta del grande patriota e guerriero Giorgio Castriota Skanderbeg.
La letteratura della prima metà del Novecento si muove verso più direzioni: l'interpretazione del passato albanese, la raccolta di canti popolari, la saggistica politica, la celebrazione di temi patriottici, la prefigurazione di una società democratica, la pubblicistica didattica, le traduzioni dalle principali lingue europee; si assiste inoltre al fiorire di una lirica simbolista. La letteratura prende più viva parte al risveglio intellettuale del popolo (qui possiamo ricordare: A. Zako-Çajupi, Gj. Fishta, M.Grameno, Sh. Gjeçovi, F. Konica, F. S. Noli, L. Skendo, V. Prenushi, L. Poradeci, E. Koliqi).
La letteratura prodotta dopo il 1945 (anno a partire dal quale il tosco, adottato come lingua nazionale - per ragioni politiche, assume sempre più una funzione fondamentale nell'evoluzione della lingua scritta) affronta i temi della storia nazionale, della lotta partigiana, della nuova coscienza collettiva, dell'edificazione del socialismo e poi della sua crisi (Sh. Musaraj, S. Spase, Dh. Shuteriqi, A. Çaçi, K. Jakova, Ll. Siliqi, D. Agolli e lo scrittore e poeta di fama internazionale I. Kadaré).

1.1.4. Religione
Il popolo albanese segue due predominanti religioni: l'islamismo ed il cristianesimo.
L'Albania era prettamente cattolica prima che i turchi vi portassero l'Islam. L'islamismo è stato importato in Albania con la conquista turca del sec. XV. Professato prima dai soli conquistatori, viene poi propagato con la violenza e la confisca dei beni delle persone ricche: intere tribù si convertirono in massa per obbedienza ai capi o per conquistare i favori dei dominatori, più che per convinzione. A seguito di ciò, molti cristiani decisero di emigrare nel regno di Napoli.
Nel corso dei secoli il numero dei musulmani tra gli albanesi cresce. Come tutti i musulmani occidentali, essi sono sunniti.
La propagazione cristiana nelle terre albanesi avviene secondo due grandi correnti: mentre la parte settentrionale del paese riceve la rivelazione del Vangelo da missionari latini (S. Paolo apostolo nei suoi primi viaggi d'evangelizzazione si fermò a Durazzo), la parte centrale e meridionale l'accetta dalla Grecia. Quindi si affermano due confessioni: quella cattolica col rito romano, e quella ortodossa col rito bizantino. Il cattolicesimo romano è rappresentato in Albania dall'arcivescovado di Durazzo, immediatamente soggetto alla Santa Sede, e dalla metropoli di Scutari, con i tre suffraganei d'Alessio, Pulati e Sappa. Vi è inoltre la prelatura "nullius dioeceseos" dell'abbazia benedettina di S.Alessandro dei Mirditi, presso Oroshi. La cura pastorale dei cattolici è stata resa assai difficile in passato dalla mancanza quasi completa di strade e dal lungo contatto con i musulmani. Inoltre, persistono ancora in alcune regioni interne montagnose antiche tradizioni e superstizioni di vario genere.
Gli ortodossi albanesi abitano prevalentemente nell'Albania centrale e meridionale. Le eparchie o diocesi hanno per sedi Durazzo, Berat, Còrizza e Argirocastro, città che fecero parte successivamente dell'Illirico occidentale sottomesso al patriarcato di Roma, ma col rito bizantino, del patriarcato di Costantinopoli, dell'arcivescovado greco-bulgaro di Ocrida e nuovamente del patriarcato di Costantinopoli. Dopo la proclamazione dell'indipendenza in Albania (1912), sorge un movimento per la costituzione di una chiesa autocefala, cioè indipendente dal patriarcato di Costantinopoli e, a seguito di lunghe trattative, Costantinopoli deve piegarsi alle circostanze concedendo l'autonomia.
Nel 1967 il governo filo-cinese chiude 2169 moschee e chiese e proclama l'Albania il primo paese ateo del mondo. Non viene più professata ufficialmente alcuna religione; fino a tale data, il 65% della popolazione era di religione musulmana, il 23% greco-ortodossa (nei distretti di Argirokastro, Corizza, Valona), il resto cattolica romana (per lo più nel distretto di Scutari). Gli ebrei mancavano quasi completamente, eccetto alcuni commercianti che risiedevano nei centri maggiori. Nell'anno 1990 si trovavano circa 400 ebrei in Albania: in seguito, loro espatriarono tutti in Israele. E' da notare che i gruppi islamici sono rimasti sempre monogamici.
La divisione religiosa non ha avuto nel paese l'importanza che ha avuto altrove nella Penisola Balcanica; non hanno mai corrisposto ad essa differenze notevoli né nel modo di vita, né nelle consuetudini.

Nel prossimo numero il
SECONDO CAPITOLO:
L'ARTE DAL IV SECOLO a. C.
FINO AI GIORNI NOSTRI