La storia del Kenya indipendentista. Sotto la guida di Jomo Kenyatta la Nazione
preparò il fronte unitario anti-coloniale contro i britannici. E venne la libertà.
|
|
I MAU MAU, GRANDI ATTORI
DEL "RISORGIMENTO KENIOTA"
|
|
|
Esiste una vecchia canzone in Kenya che rievoca i giorni tormentosi del "Risorgimento keniota". S'intitola Pole Mze, che nella lingua kikuyu vuol dire "Vai adagio vecchio":
«[.] Non preoccuparti, vecchio, un giorno ti faremo uscire dal carcere. Vecchio Kenyatta ti hanno imprigionato, perché tu ami il Kenya. Il Kenya ha bisogno di te. [.] Non preoccuparti mamma, Kenyatta ama il Kenya. Noi tutti amiamo il Kenya».
Jomo Kenyatta e l'organizzazione Mau Mau sono il simbolo del "Risorgimento keniota". Entrambi nascono dalla tribù dei Kikuyu, entrambi in opposizione al dominio coloniale del Regno Unito in Kenya.
Il Kenya, il cui nome ufficiale è Jamhuri ya Kenya (Repubblica del Kenya), è uno Stato dell'Africa orientale, delimitato a nord dal Sudan e dall'Etiopia, ad est dalla Somalia e dall'oceano Indiano, a sud dalla Tanzania, ad ovest dal lago Vittoria e dall'Uganda.
Le prime tracce umane sul suolo del Kenya appartengono a tribù nomadi provenienti dall'Etiopia all'incirca duemila anni prima di Cristo. Antenati d'altre tribù arrivarono da ogni parte dell'Africa tra il 500 a.C. e il 500 d.C.. In seguito il Kenya fu popolato da un certo numero di gruppi tribali che, pur avendo origini diverse, condividevano la stessa area: Kikuyu, Gusii, Meru, Kamba, Samburu, Turkana, Luo, Masai. Infatti le popolazioni di lingua bantu (come i Gusii, i Kikuyu, i Kamba e i Meru) arrivarono dall'Africa occidentale, mentre quelle di lingua nilota (Masai, Luo, Samburu e Turkana) dalla valle del Nilo, nel Sudan meridionale.
Dopo l'XI secolo commercianti e coloni provenienti dalla penisola arabica e da Shirazis in Persia fondarono numerose Città-Stato lungo la costa chiamata "Costa degli zenj" (dei neri), fra cui Malindi e Mombasa. Col tempo si sviluppò una cultura mista arabo-bantu esemplificata dal linguaggio ibrido dello swahili, ancora a tutt'oggi la lingua ufficiale del Paese. Indipendenti l'una dall'altra, le Città-stato caddero ben presto sotto il dominio di imperi non africani. Uno di questi fu il sultanato dell'Oman, per secoli in competizione con gli europei per ottenere la supremazia sulle coste. Fino al Diciannovesimo secolo, tuttavia, nessun popolo straniero s'impossessò dell'entroterra permettendo così alla popolazione di sfuggire agli schiavisti arabi che si concentravano più a Sud.
Attirati dal profumo di spezie e denaro, i portoghesi, dopo la scoperta dell'esploratore e navigatore portoghese Vasco da Gama della via circumafricana per le Indie (1498), cominciarono ad interessarsi alla zona intorno al XV secolo e vi rimasero sino al 1631. Così tra il 1505 e il 1507 gran parte del litorale fu occupato dai portoghesi, mentre gli altopiani dell'interno furono raggiunti nel secolo XVII da popolazioni di coltivatori sedentari quali i kamba e i kikuyu. Più tardi, nel XVIII secolo, nella Rift Valley e sugli altipiani di Aberdare si stanziarono i bellicosi Masai.
I portoghesi imposero per lungo tempo un duro regime coloniale, ponendo un sultano contro l'altro. Ma il controllo lusitano sulla regione fu sempre in precario equilibrio, poiché la costa fu per un lungo periodo oggetto di contesa per ragioni commerciali tra le popolazioni arabe e gli stessi portoghesi. Gli arabi riuscirono a riprendere il controllo totale sulle regioni costiere nel 1720.
Con l'invasione di tutta l'Africa da parte degli europei, anche le misteriose regioni interne del Kenya furono conquistate. Le società formate dalle varie tribù erano organizzate in clan e, benché quella del guerriero fosse una figura dominante, non ebbero mai grandi eserciti. Nessuno riuscì ad opporre una tenace resistenza agli europei conquistatori.
Zona d'influenza britannica già alla fine dell'Ottocento, il territorio costiero del Kenya divenne protettorato nel 1895, con Nairobi come centro amministrativo e politico, mentre l'interno ebbe lo status di possedimento. Solamente nel 1920, protettorato e possedimento (divenuto ormai colonia) presero il nome di Kenya. Inizialmente, l'interesse degli inglesi nei confronti del Kenya era limitato alla necessità di costruire una rete ferroviaria tra Mombasa e Kampala, che permettesse di sfruttare efficientemente le ricche risorse dell'Uganda. Queste ambizioni convinsero gli inglesi a negoziare un trattato con il Laibon (il capo spirituale, il comandante) Masai, perché accordasse loro il diritto di costruire questa ferrovia, destinata a passare sui terreni da pascolo della tribù. Il punto centrale della tratta ferroviaria si trova nell'area su cui oggi sorge la città di Nairobi. Nel 1896 gli inglesi iniziarono effettivamente la costruzione della Uganda Railway, che terminò il 19 dicembre 1901. In tutto la ferrovia copriva 935 chilometri.
All'inizio del nuovo secolo il colonialismo inglese diede il via allo sfruttamento sistematico delle terre, a scapito delle popolazioni che le avevano sempre abitate. La colonizzazione europea nei primi anni del XX secolo risultò, almeno all'inizio, un vero disastro ma col tempo e grazie a strategie economiche-produttive gli inglesi riuscirono a migliorare la loro colonia.
Come nelle altre colonie britanniche, il ruolo svolto dai coloni bianchi è decisivo per l'esasperazione del razzismo e della repressione di ogni dissenso. Una delle prime mosse dell'autorità coloniale è quella di disgregare qualsiasi legame comunitario, imponendo capi locali che, in cambio della fedeltà all'ordine britannico, acquisiscono terre e campi da lavorare e ampi diritti sulla popolazione locale (tra questi il diritto di gestire il reclutamento per la costruzione di tutte le infrastrutture del Paese). Chiaramente questi capi sono subito considerati figure illegali e, a causa del loro modo di governare molto autoritario, sono ben presto anche odiati dalla popolazione locale.
Fin dall'inizio i coloni europei hanno bisogno non solo di terra fertile, ma soprattutto di manodopera abbondante ed a basso costo che lavorasse la loro terra. Per questo si rileva subito efficace l'istituzione del ceto degli squatters, ossia dei braccianti locali. A questi è permesso risiedere nella proprietà dell'europeo ed utilizzare una porzione di terra per coltivarla o allevarvi loro animali, in cambio essi garantiscono prestazioni lavorative. Inizialmente queste misure garantiscono ai coloni il buon andamento delle loro proprietà agricole, ma successivamente inizia a prospettarsi il pericolo della crescita di comunità di squatters che potesse minacciare effettivamente il dominio coloniale britannico. Temendo, infatti, che gli squatters potessero rivendicare i diritti di affittuari, i coloni bianchi ottennero nuovi provvedimenti legislativi che limitano il già esiguo numero degli animali che essi possono allevare, aumentando progressivamente anche le giornate lavorative presso le aziende agricole.
Le prepotenti condizioni di lavoro a cui la popolazione keniota è ridotta e le pressanti richieste di terra fertile da parte dei coloni bianchi, assieme alla segregazione razziale, che escludeva praticamente gli africani da ogni diritto di proprietà, costrinsero le varie etnie keniote all'interno di riserve sempre più ridotte, trasformando la regione centrale del Paese in veri e propri White Highlands.
Nel 1902, infatti, la "Land Acquisition Order" permise ai coloni bianchi provenienti dalla Gran Bretagna, dal Canada e dall'Australia di acquistare i terreni più fertili del Paese. Non solo, grazie alla complicità di lord Delamere avevano ottenuto la supremazia politica nel Consiglio Legislativo creato dopo che il Kenya aveva cessato di essere un protettorato ed era stato posto sotto la giurisdizione dell'Ufficio Coloniale.
Alla fine della Prima Guerra Mondiale l'1% della popolazione keniota era composta da bianchi europei che possedevano il 25% delle terre coltivabili, specialmente le terre ubicate nei fertili altipiani del Paese. Nel Consiglio Legislativo le tribù keniote avevano appena quattro rappresentanti, contro i nove che spettavano agli europei. La situazione si fece drammatica per la popolazione indigena keniota, essa era ampiamente sfruttata e la produzione per l'esportazione era ovviamente monopolizzata dagli europei.
Mentre gli europei valorizzavano le loro grandi piantagioni nel Paese, gli autoctoni vivevano coltivando, in media, appena quattro o cinque ettari per famiglia (in alcune riserve la media scendeva ad un ettaro e mezzo). Molti appezzamenti di terra furono sottratti anche ai Kikuyu, una tribù bantu dedita all'agricoltura proveniente dagli altipiani ad ovest del monte Kenya.
I Kikuyu è il gruppo etnico più numeroso del Paese. Si narra che il suo fondatore, il leggendario G?k?y?, fu portato dallo spirito divino Ngei sulla vetta del vulcano Kirinyaga (il lingua kikuyu significa "Monte della bianchezza) - in italiano Monte Kenya. A G?k?y? lo spirito divino Ngei diede in sposa una bellissima donna di nome Mumbi, le loro nove figlie avrebbero dato origine ai gruppi etnici principali del Kenya.
L'organizzazione tribale dei Kikuyu è basata sulla famiglia (Yumba), tuttavia la donna è sottomessa al marito. Molte famiglie formano un podere, suddiviso in sottogruppi e in clan, con un Consiglio degli Anziani (Kiama), l'unico organo idoneo per risolvere tutte le dispute interne, e un Consiglio segreto chiamato Njama. La circoncisione è una pratica eseguita sia sui maschi sia sulle femmine. Anzi, la circoncisione maschile è indispensabile affinché un giovane kikuyu possa far parte del gruppo degli adulti e quindi avere responsabilità all'interno della comunità, combattere in caso di guerra, scegliersi liberamente una moglie e far parte del Consiglio degli Anziani, oppure entrare nel Njama.
Un particolare rituale contraddistingue la nascita di un Kikuyu: se il neonato è maschio, la madre dopo il parto lancia cinque grida di gioia; mentre se è femmina le grida diminuiscono a quattro. Subito dopo la nascita, il marito raccoglie nei campi quattro (nel caso di una femmina) o cinque (nel caso di un maschio) canne da zucchero, il cui succo è versato in quantità molto piccole direttamente nella bocca del neonato. Le varie fasi della crescita sono differenziate da una specifica danza che varia secondo le fasi evolutive. Ogni danza si tiene con modalità diverse: ad esempio, i giovani più adulti possono ballare durante il giorno e solo in particolari occasioni, mentre i più piccoli possono farlo quotidianamente ma solo al calar del sole.
All'età di sedici-diciotto anni i maschi sono pronti per il rito della circoncisione, mentre per donne la clitoridectomia è praticata quando ancora non hanno avuto la prima mestruazione. Il rito segue una cerimonia ben definita e seguita da tutto il villaggio.
Per concludere questo breve viaggio attorno ai Kikuyu, ricordiamo che esiste un solo dio, il famoso Ngei che vivrebbe sulla cima del monte Kirinyaga senza partecipare alle vicissitudini delle sue creature. Tuttavia, i Kikuyu pregano sempre rivolgendo il volto verso il grande vulcano in segno di rispetto.
L'avvenimento più emblematico, che segna l'inizio della lotta del popolo keniota per il conseguimento dell'Uhuru, parola swahili che significa "libertà", è l'arresto di Harry Thuku, capo dell'Associazione dei Giovani Kikuyu. Già il giorno dell'arresto, avvenuto nel marzo 1922, una folla spontanea si riunisce davanti alla stazione di polizia a Nairobi chiedendo la liberazione del giovane kikuyu. La polizia spara uccidendo ventuno persone, ma i kenioti sostengono che i morti sono più di cento. A partire da questo evento, raduni popolari, a chiara matrice politica contro l'autorità coloniale britannica, iniziano ad essere sempre più numerosi. Le proteste maggiori riguardano il lavoro forzato a cui molti kenioti sono sottoposti e l'imposizione della "tassa sulle capanne" (insomma, quello che oggi è l'I.C.I.), che la maggior parte degli indigeni non è in grado di pagare.
Nel 1924 nasce il movimento della "Kikuyu Central Association" (KCA): inizia la lotta organizzata per raggiungere l'Uhuru. La KCA, per raggiungere i suoi scopi, collabora con la "Kavirondo Tax-payer Welfare Association", movimento formato da appartenenti alla tribù Luo, la seconda etnia keniota in ordine di grandezza. Assieme denunciano la politica coloniale britannica di divisione delle tribù, richiedendo la realizzazione di un Consiglio Centrale dei nativi. Queste rivendicazioni sono accettate dall'autorità britannica. Tuttavia un nuovo progetto per la confisca di altra terra da utilizzare per gli insediamenti dei coloni era già in porto.
La polemica scoppiata nel 1929, riguardante la circoncisione femminile praticata dalle tribù in Kenya, denunciata dalla Chiesa, fu subito considerata una ulteriore e pesante interferenza nelle tradizioni locali. Questo conduce alla formazione di nuovi movimenti religiosi in contrasto con la stessa Chiesa cristiana, ma soprattutto alla nascita di scuole indipendenti dove molti giovani crescono e si nutrono di nazionalismo africano.
In Kenya, nel frattempo, nascono vari movimenti che contestano la presenza britannica. I primi sono di matrice spirituale, il più famoso è il "Deni ya Roho", vale a dire il "culto del santo fantasma". Da questo, a partire dal 1935, nascono altri movimenti tra cui il "Deni ya Musmaba", ossia il "culto dei morti". La matrice spirituale diventa ben presto di natura politica. Ecco comparire molti gruppi politici organizzati in opposizione all'autorità coloniale. Tutte le etnie presenti si organizzano: i Kikuyu hanno la KCA, i Luo la "Kavirondo Central Association", i Kamba la "Ukamba Members Association" e, infine, l'etnia Taita la "Taita Jills Association". Nel 1940 il governo britannico mette al bando queste organizzazioni e, prendendo a pretesto una presunta collaborazione dei quadri delle stesse con il consolato italiano a Nairobi, fa arrestare ventitré dirigenti. L'iniziativa britannica è una mossa sbagliata che permette ai kenioti di amplificare la lotta per l'emancipazione.
Nel frattempo una nuova organizzazione politica, più forte e meglio organizzata delle precedenti inizia a fare i suoi primi timidi passi: la "Kenya African Study Union", fondata da Eliud Mathu, primo membro africano del Consiglio Legislativo del Kenya coloniale. Nel 1946 l'organizzazione prende il nome definitivo di "Kenya African Union" (KAU), con primo presidente Harry Thuku. La KAU comprende persone di quasi tutte le etnie del Paese, ma in sostanza è dominata dagli Kikuyu. Proprio un Kikuyu, Jomo Kenyatta, prenderà la guida del movimento riuscendo a scrivere nuove pagine di storia per la popolazione keniota, contribuendo a far vivere al Kenya il suo risorgimento.
Jomo Kenyatta non è che l'ultimo nome dato ad un percorso che nasce da una famiglia kikuyu di pastori, per approdare alla poltrona di presidente della Repubblica del Kenya.
Il primo nome del futuro "padre del Kenya" è Kamau wa Ngengi. Nasce nel 1890, o forse tre anni più tardi nel 1893, nei pressi di Ichaweri, una zona di frontiera tra il mondo indigeno delle tribù keniote e il mondo dei coloni bianchi. A cinque o sei anni finisce in una missione cristiana tenuta da padri scozzesi: non si sa con precisione se abbandonato dai genitori, oppure perché il piccolo si perde durante una delle migrazioni stagionali. In questa missione il piccolo kikuyu è battezzato col nome dal sapore occidentale di Johnstone Kamau. Da ragazzo fa il falegname a Nairobi, ma sono tanti i mestieri che il giovane Johnstone fa nella sua vita, tra cui lo sguattero in una casa di un occidentale.
Passati i trent'anni comincia a praticare la politica, iscrivendosi nel 1922 nella KCA - Kikuyu Central Association (Associazione Centrale dei Kikuyu), movimento di Harry Thuku che difende il diritto dei neri alla restituzione delle terre sottratte dai coloni. Nel 1924 diviene segretario proprio della KCA. Nel corso degli anni il suo attivismo politico aumenta, tanto da voler recarsi a Londra, nientemeno che al parlamento oppure dal capo del governo, per chiedere in nome del suo popolo rapporti più giusti tra indigeni e coloni bianchi e, soprattutto, rappresentanti kenioti nel Parlamento britannico. Nel frattempo fonda e dirige un giornale in lingua kikuyu, il Muigwithania, dal quale lancia le sue idee nazionalistiche. Ormai Johnstone Kamau si chiama ora Jomo Kenyatta: "Jomo" significa "lancia fiammeggiante", mentre la "Kenyatta" è una cintura di perline che il leader keniota porta sempre con se.
Inizialmente la propaganda politica di Kenyatta non preoccupa molto le autorità coloniali, ma solo quelle religiose. Infatti il giovane Jomo inizia ad interpretare la Bibbia cristiana secondo le esigenze e i punti di vista indigeni: i riti assomigliano sempre più a quelli pagani, ammette la poligamia, esalta il nazionalismo keniota.
Negli anni Trenta, grazie ad una colletta delle tribù, Jomo Kenyatta si reca a studiare antropologia ad Oxford. Qui, nel 1937, si laurea con una tesi dal titolo "Di fronte al Monte Kenya", uno studio d'etnografia del suo gruppo etnico, i Kikuyu, in cui descrive storia e cultura secondo le categorie proprie dell'antropologia inglese del tempo. Durante la sua permanenza in Europa, Kenyatta conosce Paul Robenson, cantate e compositore di spirituals americani, Peter Abrahams, un sudafricano fervente anticolonialista, i signori Webb, fondatori di un movimento per la difesa dei diritti dell'uomo, ma soprattutto il grande antropologo d'origine polacca Bronislaw Kasper Malinowski. Un viaggio a Mosca, invece, lo inizia all'Internazionale Comunista. Nel 1946 ritorna in patria determinato alla lotta politica.
Nel frattempo iniziano su vasta scala le cerimonie di giuramento dei Mau Mau. Il movimento dei Mau Mau nasce nel 1951, presso la tribù dei Kikuyu, come organizzazione di tipo militare ostile agli stranieri conquistatori. Questa organizzazione, fondata sul modello delle prime logge massoniche, è stata una società segreta di resistenza al colonialismo bianco. Generalissimo del movimento Mau Mau è stato Dedan Kimathi detto "Ciui" (leopardo), arrestato con una delle sue mogli e impiccato dall'autorità coloniale britannica il 18 febbraio 1957.
Il movimento si richiamava a pratiche religiose, soprattutto per i vincoli sacrali a cui si sottoponevano gli aderenti, poi a quelli culturali e tradizionali della tribù dei Kikuyu. Tuttavia la sua azione è stata più politica che religiosa. Il gruppo, infatti, si fondò soprattutto con l'intento di contrastare l'alienazione delle terre indigene attuata dal governo coloniale a favore dei piantatori bianchi.
Un fattore che contribuisce a disegnare e caratterizzare la fisionomia dei Mau Mau è quello riguardante l'utilizzazione e diffusione dei giuramenti e delle relative cerimonie d'iniziazione. Fra i giuramenti vanno indicati il Ndemwa Ithatu (Giuramento dell'Unità) attraverso il quale i membri del movimento, impegnandosi a lottare per il raggiungimento degli scopi prefissati - ossia la cacciata dei bianchi dai territori kenioti -, ribadiscono la propria unità; il giuramento chiamato del Batuni (Plotone), il cui scopo è quello di preparare i più giovani alla resistenza fisica nella lotta armata.
La pratica del giuramento ha, come detto, un potenziale organizzativo enorme, poiché consente al movimento di quantificare giorno per giorno le forze numeriche del movimento e, nello stesso tempo, assume la valenza di voto di solidarietà che lega i combattenti anche nelle più terribili avversità.
L'iniziazione alla setta prevedeva un rito ben preciso che riannodava i cerimoniali dei vari culti antichi del Kenya: l'iniziato doveva passare attraverso un arco intrecciato, dopo veniva fatta roteare per sette volte, attorno alla sua testa, della carne cruda di capra. L'iniziazione si concludeva con la lettura di una formula di giuramento che pressappoco terminava così: Giuro di combattere per le terre che sono state prese con la forza dall'uomo bianco e se dovessi fallire in questo, possa questo giuramento uccidermi, possa uccidermi per sette volte, possa questa carne uccidermi.
È probabile che il nome Mau Mau derivi proprio da questo giuramento. Infatti, il guerriero-affiliato alle domande poste durante il rito d'iniziazione rispondeva muma muma, che in lingua kikuyu significa "lo giuro". Più tardi questa formula fu ampliata inserendo il giuramento di uccidere indiscriminatamente, in nome della propria terra, senza porre domande agli ordini dei superiori; di accettare qualsiasi punizione nel caso in cui fosse stato rivelato qualsiasi segreto dell'associazione.
La "Mau Mau rebellion" vive così su due tipi di atrocità: la guerriglia spietata nelle boscaglie dell'interno e il terrorismo nelle grandi città. In pratica i Mau Mau terrorizzarono i coloni europei e i kenioti simpatizzanti dei bianchi con massacri, violenze tribali e distruzioni, provocando una durissima risposta, altrettanto terroristica, da parte delle autorità britanniche. Il terrore in Kenya in questo periodo fu così la faccia della stessa medaglia: bianchi contro neri e neri contro bianchi (ma anche neri contro neri). Il messaggio razzista era inequivocabile. Indubbiamente il terrore Mau Mau affrettò l'indipendenza del Kenya, fornendo in seguito i quadri per il suo autogoverno.
La "crisi di Olenguorone", un dipartimento che si estende attorno a Nakuru nella Rift Valley Orientale e la cui titolarità del diritto di possesso è rivendicata invano dai Kikuyu, da una forte accelerazione alla nascita del movimento Mau Mau. In pratica, alla fine del 1948, la rivendicazione del territorio di Olenguorone e la relativa strategia da adottare per ottenerne il possesso, divide il Kenya African Union: i moderati preferiscono la lotta politica, anche se convinti che essa sarebbe stata interminabile, gli attivisti radicali sono per i metodi forti e sicuramente più sbrigativi.
L'uccisione a Nairobi di un "muzungo" (così sono chiamati i bianchi colonizzatori) e l'assassinio del capo Waruhiu (ossia un capo locale, un personaggio kikuyo fedele e sostenitore dell'amministrazione coloniale britannica), segna il vero e proprio battesimo di sangue dell'Esercito di Liberazione del Kenya.
Il movimento dei Mau Mau, che sin dall'inizio conta circa quindicimila guerriglieri, i quali si rifugiano nelle fitte foreste situate intorno al Monte Kenya e nel territorio di Aberdare (nella Rift Valley Orientale), hanno un altro grande aiuto nella loro lotta, fornito dalla cosiddetta "Passive Wing" (Ala passiva del movimento), ossia persone che pur non partecipando direttamente alla lotta armata, forniscono sostegno morale e supporto tecnico e logistico ai guerriglieri. Sono gli anziani e i bambini kikuyu, ma soprattutto le donne della tribù.
Grande ed esemplare è il ruolo ricoperto dalle donne kikuyu nella lotta contro l'invasore bianco. Il loro contributo alla lotta di liberazione si rivolge alle mansioni di assistenza medica, materiale e logistica ai guerriglieri, alcune di loro invece contribuiscono direttamente alla resistenza e imbracciano le armi combattendo personalmente contro gli inglesi. Il loro coraggio spesso è offuscato dalle gesta dei guerriglieri-uomini Mau Mau.
Sono loro che scavano di notte trincee attraverso i muri di filo spinato nei villaggi protetti o creano dei passaggi celati per raggiungere e approvvigionare gli uomini nella foresta; rubano armi dalle fattorie dei bianchi dove lavorano; coprono gli uomini nelle loro attività di lotta e si privano del loro pasto quotidiano per passarlo agli uomini nella boscaglia. La morte è anche per loro un possibilità, la tortura e le violenze sessuali, invece, un male che spesso sono chiamate ad affrontare.
In Kenya ormai molti sono i gruppi di protesta contro la politica coloniale britannica. A questi movimenti, però, manca una figura politica carismatica che organizzi la contestazione. Ed ecco Jomo Kenyatta, ormai ritornato in patria, organizzare i movimenti d'opposizione rafforzando il Kenya Africa Union - KAU.
Con Kenyatta alla guida del movimento, la protesta aumenta d'intensità non solo a Nairobi, ma anche nella Central Province e tra gli autoctoni che lavoravano nelle White Highlands. Un primo grande sciopero è organizzato nel porto di Mombasa, represso nel sangue dall'autorità coloniale.
Nel 1951, durante la visita del segretario delle colonie sir James Griffiths, il KAU fa risentire la sua voce, chiedendo al rappresentante della Corona alcune audaci rivendicazioni: posti di lavoro più onorevoli per i kenioti, proibizione d'ogni discriminazione razziale, aiuti per l'istruzione, otto nuovi rappresentanti in aggiunta ai cinque già esistenti nel Consiglio Legislativo. Nessuna richiesta è accolta.
In seguito a questo rifiuto il terrore Mau Mau inizia a crescere d'intensità, non solo verso i coloni che spesso si videro distruggere le loro proprietà, ma anche verso gli africani fedeli al governo britannico. Poiché i guerriglieri dispongono unicamente di arco, freccia e panga - un grosso coltello micidiale utilizzato normalmente nei lavori di campagna - i primi ad essere colpiti furono le stazioni di polizia, dove i guerriglieri s'impossessano d'armi valide per la lotta. Altri bersagli privilegiati sono inizialmente il bestiame e le fattorie più isolate dei coloni bianchi e gli stessi kenioti fedeli ai colonizzatori. Nelle fila dei Mau Mau iniziano ad aggiungersi, entro certi limiti, anche membri di tribù diverse dai Kikuyu: la "Mau Mau rebellion" entra nella sua fase più acuta tanto da far dichiarare, il 21 ottobre 1952, a sir Evelyn Baring - governatore della colonia - lo "stato d'emergenza" con il coprifuoco notturno. Quella stessa notte Jomo Kenyatta ed altri ottantadue nazionalisti sono arrestati e portati nel recinto del Commissariato Distrettuale di Nairobi. Tra le imputazioni contestate a Kenyatta c'è anche l'accusa di essere uno dei dirigenti dell'organizzazione Mau Mau. Il futuro "Padre del Kenya" nega il suo coinvolgimento nel movimento armato Mau Mau, pur riconoscendo la legittimità della loro lotta, e, nonostante un nutrito collegio d'avvocati internazionali, l'8 aprile 1953 è dichiarato colpevole e condannato a sette anni di reclusione e di lavori forzati. Lo stesso KAU è dichiarato "fuori-legge". Al contrario delle aspettative britanniche, l'arresto di Kenyatta amplifica la ribellione: circa tremila kenioti abbracciano la causa Mau Mau.
Uno degli episodi più malfamati della storia coloniale britannica in Kenya riguarda proprio il trattamento dei prigionieri Mau Mau. Torture, incarcerazioni abusive anche di Kikuyu estranei al movimento armato sono denunciate più tardi anche dalla stampa britannica.
Per giustificare l'efferatezza britannica si costruisce un'immagine distorta dei guerriglieri Mau Mau: si assicura che sono dei pazzi criminali che uccidono indiscriminatamente donne e bambini, che sono degli invasati e finanche cannibali. La maggior parte dei giornali britannici diffondono notizie allarmanti riguardo all'efferatezza dei guerriglieri kikuyu: si scrive che la popolazione bianca e i kenioti lealisti sono massacrati dalla bestialità dei Mau Mau. In realtà solo trentadue bianchi sono direttamente le vittime del movimento armato durante gli otto anni di emergenza. Insomma, l'immagine della lotta ai ribelli Mau Mau è dipinta come una lotta della civiltà contro la barbarie più efferata. Il desiderio di potenza e il razzismo bianco si radicalizza trasformandosi in una "supremazia eliminatoria". Il terrore Mau Mau diventa direttamente proporzionale alla violenza britannica in Kenya.
Tra le successive misure del governo coloniale prese contro il dilagare della ribellione Mau Mau, oltre all'istituzione di campi di concentramento e di villaggi protetti con tanto di filo spinato, si ricorda il reclutamento di oltre ventimila "Home Guard" keniote, ovvero una sorta di Guardia Nazionale reclutata principalmente dall'etnia kikuyu. Quest'ultima mossa porta il Paese sull'orlo della guerra civile, dividendo la tribù e creando al suo interno fortissimi contrasti che agevolano enormemente il compito di repressione svolto dalle autorità coloniale britanniche.
La deportazione è la prima regola per sopravvivere in Kenya. La decisione di deportare la popolazione civile kikuyu in villaggi protetti è ispirata direttamente dalla politica adottata dal generale Templer per stroncare la guerriglia in Malesia durante l'insurrezione locale verificatasi a partire dagli anni Quaranta del Novecento.
La più vasta operazione di internamento si verifica il 24 aprile 1954, quando l'esercito britannico, coadiuvato dalla Home Guard, ripulisce Nairobi e i suoi sobborghi da tutti i kikuyu. Nell'operazione militare, chiamata "Anvil" quarantamila uomini e ventimila donne e bambini sono strappati dalle loro misere case e condotti con la forza prima in campi temporanei, poi nei vari tipi di campi di detenzione o nelle riserve protette. Tutti i campi, secondo le dichiarazioni ufficiali dell'autorità coloniale britannica, hanno la funzione dichiarata della riabilitazione.
Alla fine del 1955 i campi di concentramento e d'internamento di grandi dimensioni sono, solo intorno a Nairobi, una ventina; mentre il più grande campo riservato alle donne e alle ragazze si trova a Camiti a pochi chilometri dalla capitale. Come accadeva nei lager nazisti e sovietici, il sistema d'internamento funzionava grazie alla collaborazione attiva che i britannici ottenevano da alcuni stessi internati.
All'interno
dei campi,
militari britannici
e "africani venduti"
praticano
interrogatori
agghiaccianti |
|
All'interno dei campi, militari britanni e "africani venduti", praticano interrogatori agghiaccianti, torture inumane e soprattutto violenze sessuali. Gli interrogatori, i cosiddetti "screening", hanno avuto la funzione ben precisa di terrorizzare la popolazione, di ottenere informazioni sul movimento armato dei Mau Mau e, soprattutto, di giustificare la detenzione successiva dei sospettati: certo non è facile superare lo "screening" e la maggior parte degli interrogati finiva per cedere confessando colpe o complicità anche inventate.
Le donne sono state invece oggetto di inumane violenze sessuali. La loro funzione all'interno dei campi e dei villaggi protetti è stata quella di seppellire i morti, rilevare le impronte digitali ai cadaveri in decomposizione, trasportare ogni genere di cose. Le torture e la violenza sessuale, anche con serpenti e bottiglie rotte, sono state la forma specifica della loro disumanizzazione.
Proprio come ad Auschwitz e affini, le strategie di sopravvivenza messe in atto dai detenuti sono le più svariate: coltivare in segreto la propria religione, intonare a bassissima voce canti nazionali patriottici o religiosi, ideare sistemi di comunicazione tra internati, corrompere le guardie per scambiare razioni di cibo e coperte con penne, carta, medicine, giornali, corrispondenza.
La deportazione in campi di concentramento e in villaggi protetti consente all'autorità coloniale britannica di aver la meglio sulla guerriglia Mau Mau, tanto che alla fine del 1955 non rimangono liberi sulle montagne che poche migliaia di combattenti irriducibili.
Dopo molto tempo, anche in Inghilterra inizia a spargersi la voce delle condizioni in cui vivono i deportati kikuyu. I primi a denunciare pubblicamente la situazione sono i deputati laburisti Fenner Brockway e Barbara Castle. A queste denuncie seguono quelle della quacchera Eileen Fletcher e di alcuni missionari del luogo, del capitano della Police Riserve del Kenya Philip Meldon. Tuttavia, nonostante le denunce di Brockway, Castle, le proteste della Fletcher sulle condizioni di vita dei bambini e degli anziani e sulle torture sessuali sulle donne, le rivelazioni del capitano Meldon sulla vita nei campi di concentramento, non si è mai arrivati all'ammissione, da parte delle autorità britanniche, dei delitti commessi in Kenya. Da pare del governo, come al solito, si è ammesso che questi crimini sono stati casi isolati e comunque commessi per lo più dai lealisti africani, stanchi del terrore Mau Mau. In ogni caso, sempre secondo la versione ufficiale della Gran Bretagna, gli ufficiali britannici in Kenya non hanno avuto a che fare con questi crimini.
A tutt'oggi non si conosce ancora con precisione il numero esatto delle vittime che la brutalità dell'azione antiterroristica britannica ha fatto tra la popolazione civile. Infatti, nel 1963, immediatamente prima della fase d'inizio della decolonizzazione del Kenya, quasi tutta la documentazione ufficiale che testimoniava torture e violenze sessuali fu intenzionalmente distrutta o fatta sparire. Anche gli archivi del Ministero degli Affari Africani e del Ministero delle Prigioni furono tempestivamente bonificati da compromettenti documenti che riguardavano il sistema di detenzione e trattamento degli internati africani.
I dati ufficiali riportano circa dodicimila guerriglieri uccisi in combattimento, ma in realtà le vittime sono state centinaia di migliaia non solo tra i guerriglieri, ma anche tra i detenuti civili morti per le terribili condizioni di vita all'interno dei villaggi protetti e dei campi di concentramento.
Torniamo alle vicende nella colonia britannica del Kenya.
Il 18 gennaio 1953 il governatore Baring decreta anche la pena di morte per chiunque accetti il giuramento Mau Mau. Questa misura fa parte di una serie di provvedimenti di emergenza, le "Emergency Regulations", adottate a partire dal gennaio e fino all'aprile del 1953.
Per mitigare la ribellione, il nuovo segretario delle colonie sir Oliver Lyttelton propone un documento (conosciuto come "Costituzione Lyttelton") in cui le diverse etnie del Paese possono formare una specie di "Consiglio dei ministri" per rappresentare e difendere le popolazioni locali presso l'autorità coloniale. Questa decisione non fa altro che aggravare la situazione poiché divide i coloni bianchi in due fazioni, una contraria e l'altra favorevole al documento. Nel 1955, a giugno, l'autorità coloniale, per incoraggiare lo sviluppo ordinato della vita politica in Kenya, dà l'autorizzazione alla formazione di partiti politici nei vari distretti, ad eccezione della Central Province roccaforte dei Mau Mau. Questo per mettere in minoranza lo stesso movimento Mau Mau. L'anno seguente una nuova legge coloniale assegna otto seggi nel Consiglio Legislativo a rappresentanti kenioti eletti dagli africani delle otto province del Paese.
Ottenuti questi piccoli "accorgimenti" in Kenya si torna a protestare, questa volta per la liberazione di Jomo Kenyatta. Numerose contestazioni violente accadono all'interno del Paese con un drammatico bilancio: migliaia di kenioti e centinaia d'europei muoiono durante gli incidenti. A questi si aggiungono le vittime del terrore Mau Mau.
Il governo cede ai dimostranti e toglie nel 1960 lo "stato d'emergenza", liberando il 15 agosto dell'anno dopo Jomo Kenyatta. Il Kenya è ormai ad un passo dall'indipendenza.
Ormai libero, il 6 novembre 1961 Kenyatta guida una delegazione del Kenya African National Union (KANU), nuovo nome del KAU, alla Lancaster House di Londra per chiedere l'indipendenza del Paese. Dopo infinite negoziazioni e minacce, il 12 dicembre 1963 arriva l'agognata indipendenza. Il Kenya diviene il trentaquattresimo Stato africano che realizza la propria indipendenza. Il 12 dicembre 1964 il Kenya è ufficialmente una repubblica e Jomo Kenyatta ne diventa il primo presidente. Egli muore il 22 agosto 1978.
La storia ufficiale dei Mau Mau, invece, si ferma al 18 febbraio 1957, quando l'ultimo vero capo militare del movimento, il terribile Dedan Kimathi è impiccato dalle autorità coloniali.
Attorno ai Mau Mau sono circolate leggende metropolitane e miti popolari, disegnando i Kikuyu ribelli ora come guerriglieri patrioti, ora come isterici sanguinari. Anche la storia del più grande dei generali kikuyu, Dedan Kimathi, è avvolta nel mito. Egli è stato l'ultimo ad essere catturato dagli inglesi.
Fin da giovane Dedan a combattuto nelle fila dei Mau Mau contro i colonizzatori bianchi. Lo ha fatto con il tipico orgoglio di un guerriero kikuyu, fino a farsi chiamare "Comandante delle libere armate del Kenya". Kimathi non è un rozzo e violento guerrigliero assetato di sangue. Egli frequenta le scuole governative, imparando a parlare un perfetto inglese, poi va dai padri cristiani delle missioni protestanti. Appena ragazzino abbraccia la causa del suo popolo e presta il giuramento Mau Mau. È spregiudicato come guerrigliero, dimostrando di non temere i bianchi anche se meglio armati.
Quando ormai tutti i dirigenti militari Mau Mau sono arrestati dalle truppe inglesi della "Special Branch" rimane solo nella foresta con una cinquantina di uomini e le sue sei mogli, braccato come una belva feroce con aerei e cannoni. Kimathi medita un colpo eclatante per salvare se stesso e i suoi soldati: vuole prendere in ostaggio la principessa Margaret, alloggiata nell'Outspan Hotel di Nyeri. Manda lì la sua più giovane moglie, Wangiti, per un sopralluogo. La donna è arrestata. Al contempo il capo della "Special Branch", Jan Handerson, ordina una massiccia rappresaglia con bombardamenti sulla foresta. I soldati di Kimathi, uno alla volta sono catturati, o muoiono o impauriti disertano. Il generalissimo resta solo. Handerson, per stanare Kimathi, arruola centinaia di prigionieri kenioti che tanto bene conoscono la foresta. Il generalissimo è raggiunto e ferito da un colpo di fucile. Catturato è condotto dinanzi all'autorità coloniale. Per esprimere la fine della "Mau Mau rebellion" si organizza lo spettacolo del processo. Kimathi muore impiccato il 18 febbraio 1957.
Alla fine della "Mau Mau rebellion" più di diecimila guerriglieri sono uccisi, millesessantotto gli indigeni giudicati e giustiziati, mentre trecentotrentatre sono gli europei vittime della violenza. Per i Mau Mau questo tragico bilancio ha dato al Kenya l'agognata Uhuru anche se il prezzo è stato molto alto. Per ogni organizzazione che lotta per la liberazione del proprio Paese ne vale sempre la pena!
|
|
BIBLIOGRAFIA
- Kikuyu e Mau Mau, di Cagnolo C., Borla,Torino, 1954.
-
Le mouvement "Mau Mau": une revolte paysanne et anti-coloniale en Afrique noire, di Buijtenhuijs R., Mouton, Paris, 1971.
-
La montagna dello splendore. Per un'antropologia dell'Africa nera, di Jomo Kenyatta, Jaca Book, Milano 1977 (anche Mondadori, Milano, 1990).
-
Kikuyu People: A brief outline of their customs and traditions, di Mugo E. N., Kenya Literature Bureau, Nairobi, 1982.
-
The Mau Mau War in perspective, di Furedi F., Heinemann Educational Books, Nairobi, 1989.
-
Politica coloniale e nazionalismo in Kenya. Le donne e il movimento Mau Mau, a cura di Santoru M., L'Harmattan Italia, Torino, 1996.
-
British decolonization, 1946-1997. When, Why and How did the British Empire fall?, di McIntyre D., St. Martin's Press, New York, 1998.
-
Il secolo-mondo. Storia del Novecento, di Flores M., Il Mulino, Bologna, 2002.
-
Britain's Gulag. The brutal end of Empire in Kenya, di Elkins C., Jonathan Cape, London, 2005
|
|
|