LA CATTEDRA
d i   S T O R I A   i n   n e t w o r k

Tesi di laurea della dott. Bersa Bozdo
Corso in comunicazione internazionale
Università per stranieri di Perugia

SHQIPERIA: L'ARTE
ATTRAVERSO I SECOLI
Analisi delle forme di espressione artistica
in Albania, dalla pittura alla maschera
CAPITOLO II.
L’ARTE: DAL IV SECOLO A.C. FINO AI GIORNI NOSTRI

2.1. Gli inizi dell’arte in Albania
Gli inizi dell’arte figurativa in Albania sono molto antichi. Le prime tracce ammontano all’epoca del neolitico. Attraverso le molteplici scoperte archeologiche, in diverse zone del paese sono state trovate migliaia di ceramiche, terrecotte e decorazioni in metallo che appartengono alle tribù illiriche, diretti antenati degli albanesi.
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Recipiente di terracotta
antropomorfo dell'epoca del neolitico
Gli oggetti più antichi sono semplici, per uso pratico, ma trasmettono valori artistici sia nelle forme zoomorfe e antropomorfe dei vasi, come anche nelle decorazioni, nelle incisioni e altri elementi. Dal VI secolo a.C. fino al III secolo a.C. nelle ceramiche si disegnavano linee e forme geometriche; la forma si costruisce con linee più eleganti e si arricchisce di elementi plastici. Molti vasi dell’epoca hanno elementi distintivi propri del paese che non si riscontrano negli altri popoli vicini, gli ellenici, i macedoni o i romani.
Quei antichi vasi decorati segnano anche l’inizio delle prime sculture nel territorio albanese. Caratteristiche artistiche più chiare si notano inizialmente con la costruzione delle città illiriche Bylis, Amantia, Foinike, Butrot, come anche negli insediamenti ellenici di Dyrrah, Apolonia, Orik. In queste città si svilupparono di più le sculture rotonde e le sculture in rilievo.
All’inizio la scultura si è appropriata d’elementi dell’arte ellenica, specialmente dello stile corinzio e quello di Corfu. Più tardi, a partire dal VI secolo a.C. parallelamente alla tradizione ellenica, l’arte illirica mostra nuove qualità che si distinguono dall’ellenico.
Apolonia e Dyrrah, che in quegli anni diventarono centri importanti dell’arte, avevano i propri maestri che scolpivano in uno stile particolare, che lentamente assunse caratteristiche diverse dalle creazioni importate dalla civiltà ellenica. Nel Museo Archeologico di Durrazzo sono esposte sculture incompiute, trovate nei dintorni della città antica, che servono per testimoniare che queste creazioni sono state fatte nel territorio albanese. Gli studiosi hanno anche scoperto, a Dyrrah ed Apolonia, tracce di antiche botteghe dove si lavorava la ceramica. Lì hanno creato molti dei bellissimi vasi e recipienti in stile antico che sono custoditi oggi nei musei di Tirana, Durrazzo, Apolonia, Butrinti etc. Le figure dei vasi rappresentano scene mitologiche, gare atletiche, scene di lotta etc. Generalmente sono figure nere su sfondi rossi ( dal VI al V secolo a.C.) e figure rosse su sfondi neri ( dal IV secolo a.C. fino al periodo ellenistico). I disegni che sono nello stile classico greco, si distinguono per le figure in movimento piene d’armonia e plasticità. In questo periodo si creano anche piccole statue di bronzo o terracotta con motivi laici, statue di pastori, bambini etc.
Disegni che hanno un valore artistico troviamo anche nelle monete di questo periodo realizzate a Dyrrah, Apolonia e Orik.
La nascita d’altre città albanesi e delle colonie elleniche hanno portato un grande sviluppo dell’arte, che si arricchisce in molteplicità di forme e tecniche, dagli affreschi ai mosaici monocromi e policromi.
Durante il I secolo lo sviluppo del periodo precedente rallentò i passi. L’occupazione romana, che causò un collasso economico degli stati illiri, lasciò tracce visibili anche nell’arte. Roma conquistatrice fu affascinata dall’arte ellenica, ma incise lo stesso la sua cultura e la sua arte nelle città illire. Questa influenza si sentì chiaramente nella scultura dove si usò il realismo tipico dell’epoca, ma anche lo spirito classico della tradizione centenaria.

I centri artistici più importanti rimasero Dyrrah, Apolonia, Butroti. Durante l’occupazione romana, dall’arte ufficiale si distaccò l’arte dei luoghi contadini che continuarono a rappresentare la vita di tutti i giorni. Si usarono elementi artistici più particolari, diversi dalle creazioni di prima, come l’ornamento degli abiti con nomi illirici. Nelle creazioni di quel periodo riscontriamo anche la resistenza contro l’usurpatore più potente del tempo. In questo periodo si raggiunge il culmine delle creazioni di mosaici nel territorio albanese. Il più antico fu trovato a Durrazzo, appartiene al IV secolo a.C. ed è lavorato su pietra multicolore. Per i rari valori artistici si distingue Bukuroshja e Durresit[1] , che può essere considerato come il più bello dei mosaici scoperti in Albania.
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Figura di donna in terracotta a colori (IV secolo a.C.), trovata in Apolonia
Questo mosaico fu scoperto nel 1916. Si pensa che appartenga all’IV secolo a.C. ed è lavorata su pietre multicolori. Ha la forma di un’elisse con un diametro di 5,1 metri.
Rappresenta il ritratto di una donna, forse Aura, nel centro di una composizione floreale.
Stilisticamente è legata ai mosaici di Pela, in Macedonia.
Bukuroshja e Durresit è conservata nel Museo Storico Nazionale a Tirana.
Durante il I secolo, che è stato anche il culmine dello sviluppo dei mosaici, l’uso della pietra del fiume si sostituì con l’uso dei cubi di pietra, cubi di vetro, di marmo o di argilla. Mosaici di questo tipo si sono scoperti in Apolonia, Dyrrah, Butrint.
Più tardi la creazione di mosaici si collega soprattutto con la costruzione dei monumenti paleocristiani. Dopo il V secolo, le figure dei mosaici cambiano dai modelli delle vecchie pitture, com’era l’amazzonomachia in Apolonia, e si trasformano in figure simmetriche che erano distaccate nella superficie e rappresentano animali, uccelli, alberi da frutto e altri simboli paleobizantini.
Durante il passaggio dalla tarda antichità al medioevo la scultura svanisce quasi del tutto sotto l’influenza dell’estetica bizantina mentre la pittura si esprime nelle creazioni più eccellenti. Si sviluppò maggiormente la pittura murale nei santuari cristiani. Le chiese si arricchirono d’affreschi e icone che si sottoponevano ai canoni rigidi della metropoli romana. Gli autori non firmavano le opere in quel periodo quindi tutta la creazione rimase anonima.
Adesso in Albania si conservano poche tracce della creazione antica, solo pochi frammenti. In queste creazioni si vede l’influenza dello stile occidentale (la chiesa di Rubik, 1272), e anche orientali dell’arte bizantina ( Vau i Dejes XI-XIV secolo).
Dopo l’occupazione ottomana, nel XV secolo, l’attività artistica in Albania fu quasi interrotta. Le creazioni sporadiche sono rare e senza valori artistici. L’atmosfera artistica si rovinò non solo per le guerre continue, ma anche per colpa delle leggi della religione degli usurpatori islamici, secondo le quali era proibito pitturare creature viventi.
In questo periodo immigrarono molti albanesi, tra loro anche artisti, molti dei quali diventarono noti per l’attività artistica nei paesi dove s’istaurarono. La loro attività artistica è nota anche nella storia dell’arte europea.
Sono noti i due albanesi, Gjoni e Jeronimi, emigrati dal nord dell’Albania e instaurati a Vicenza.
Si suppone che l’altare della cattedrale di Milano è stato scolpito dall’artista di origine albanese Aleks Tarketa.
Molti artisti albanesi si trasferirono a Venezia dove aprirono una scuola speciale per loro, chiamata Scuola degli Albanesi.
A Roma molto importante fu la famiglia Albani. I primi di questa famiglia emigrarono dall’Albania nel 1464.
Molti albanesi che emigrarono in quel periodo lasciarono le loro tracce nell’arte dei paesi dove s’istaurarono.

2.2. L’arte post-bizantina
Durante il XVI secolo, anche sotto il regime ottomano, si crearono nuove opere artistiche specialmente in pittura nello stile post-bizantino.
I mosaici e i murales di questo tempo sono pochi circa 12000m². La maggior parte delle creazioni di questo tempo furono le icone. Gli studiosi hanno individuato circa 10000 icone.
Le creazioni del tempo hanno messo in luce la storia del medioevo in Albania. Molti studiosi furono stupiti nel trovare questo stile in Albania, considerandola solo sotto la cultura e l’arte musulmana.
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Krater, vaso con figure rosse
Il rappresentante più famoso del tempo Onufri (XVI secolo), oggi è quasi il simbolo di riconoscimento dell’arte pittorica per gli albanesi, per le icone e i suoi affreschi unici. Le pitture di Onufri si distinguono per i colori ricchi di sfumature decorative, per aver introdotto nei suoi quadri, elementi reali nelle immagini irreali delle scene bibliche.
Gli studi fatti ed anche le varie esposizioni hanno evidenziato anche altri nomi di artisti noti come Nikolla Onufri (XVI secolo), Onufer Qiprioti (XVI-XVII secolo), Kostandin Jeromonaku (XVII-XVIII secolo), David Selenica (XIII secolo), Mihal Anagnosti (XIX secolo) etc.
Questi artisti anche se furono obbligati a rispettare i canoni bizantini, tentarono in ogni modo di aggiungere elementi di vita quotidiana nei loro quadri.
Gli studiosi dell’arte del medioevo hanno notato che già dall’inizio del XVI secolo si introdussero elementi artistici del realismo, la valorizzazione del profilo delle immagini, l’uso del chiaroscuro nel modellare le forme ed altri elementi che influirono a vivacizzare le pitture. L’allontanarsi dalla percezione rigida e statica verso la drammaticità delle composizioni, ci ricorda indirettamente, una comunicazione tra l’attività artistica e lo stato d’animo turbolente, creato durante il XVI secolo. Gli studiosi hanno individuato la relazione tra la pittura ecclesiastica e la vita quotidiana anche nell’introduzione d’oggetti reali, di natura etnografica e folclorica albanese, nei quadri sacri che sono in contraddizione con i canoni religiosi. Questi elementi artistici che si notarono nei lavori dei pittori più bravi, anche se furono un passo in avanti nella rappresentazione della realtà, furono in ogni caso lontano dalla raffigurazione della vita quotidiana.
La mancanza d’elementi realistici nelle pitture degli artisti albanesi fu colpa anche del sottosviluppo economico e culturale durante il medioevo, che e durato molto a lungo in Albania. Dopo il XVIII secolo si vede un allontanamento dai valori bizantini ma è in ogni modo lontano dall’arte europea del rinascimento, che si sviluppo tanto in Italia.
Negli affreschi di David Selenicasi (XVIII secolo) le figure dei santi non sono più mistiche e astratte come prima, ma si modellano osservando la vita quotidiana. Con questi affreschi Selenicasi creò una nuova tradizione realistica che si ampliò più in là dai suoi successori, come Kostandin e Athanas Zografi.
La pittura del XVIII secolo in Albania, anche con l’influenza della corrente laica e realistica, non poté uscire dai canoni medioevali. Il realismo nella pittura ecclesiastica in Albania trionfò solo verso la fine del XIX secolo.


2.3. I pittori stranieri in Albania
I pittori albanesi continuarono a dipingere motivi religiosi secondo i canoni dell’arte post-bizantina fino alla metà del XIX secolo, e quasi non riuscirono a creare neanche un’immagine del mondo reale, della vita quotidiana, o un paesaggio della natura del paese. Questa sostanziale mancanza per la storia e la cultura albanese la colmarono i pittori stranieri.
Durante il XV secolo, proprio quando il popolo albanese si trovò nel occhio del ciclone, e insieme agli altri popoli dei balcani dovette lottare contro gli ottomani. Questo aumentò l’attenzione dei pittori stranieri nei confronti dell’Albania. La guerra, la resistenza, l’emigrazione durante l’occupazione ottomana, costituiscono i temi della maggior parte dei quadri in quegli anni. I più vecchi sono dei ritratti di Scanderbeg, come il quadro, L’assedio di Scutari di Paolo Veronese(1528-1588) che si custodisce nel Palazzo dei Dogi a Venezia. Si pensa che il primo ritratto l’abbia fatto Gentile Bellini(1429-1507) durante il periodo in cui Scanderbeg fu in Italia per aiutare Ferdinando di Napoli.
I pittori stranieri furono affascinati dai vestiti variopinti, dai paesaggi, e anche dalla fierezza degli albanesi.
Alcuni pittori molto noti sono Camille Corot (1796-1875) con Vajze shqiptare[2] , Eugene Delacroix (1796-1863) con il quadro Çift shqiptaresh[3] , Leon Gerome (1824-1904) che realizzo circa 30 pitture con temi albanesi. I quadri di Gerome sono tra i più belli di tutti quelli che riguardano l’Albania, tra tutti i pittori stranieri.
L’inglese Edward Lear, durante i suoi due viaggi in Albania tra il 1848-1849, ha dipinto circa 100 quadri.
Tra i vari dipinti di Lear con il tema albanese, la litografia Gjirokastra e l’acquarello Ura e Bahçallekut, sono importanti non solo per i valori artistici ma anche perché raffigurano due monumenti della cultura albanese di molto valore che oggi non esistono più: L’acquedotto di Argirocastra ed il ponte sul Drino, vicino a Scutari. Il lavoro di Lear è quindi l’unica testimonianza di questi importanti monumenti.
Lear era molto affascinato dall’Albania, dalle persone e dagli abiti popolari. Nei suoi quadri abbiamo rappresentati i magnifici paesaggi albanesi, e quasi sempre ci sono le persone vestite con gli abiti tradizionali.
Tutti questi pittori stranieri hanno aiutato a portare un pò di vita di quel periodo siccome dai nostri pittori non è rimasto neanche un quadro del periodo realista.

2.4. Il Rinascimento e l’Indipendenza albanese
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Anfora in bronzo (IV secolo a.C.)
Nella metà del XIX secolo lo sviluppo delle le arti figurative come la pittura e la scultura era quasi essente in Albania. Era ormai lontano lo splendore raggiunto dalla pittura ecclesiastica murale ed iconografica. Le produzioni artistiche si erano ridotte in semplici riproduzioni delle vecchie opere, una ripetizione banale dei modelli antichi. Primitiva e povera d’espressione era anche la pittura decorativa con elementi orientali delle facciate delle abitazioni e delle moschee.
Dalla metà del XVIII secolo fino alla fine del XIX secolo, l’arte decorativa ed ornamentale popolare ebbe un periodo di splendore. L’artigianato che si sviluppò generalmente in città, rigenerò e amplificò la tradizione popolare plurisecolare. I lavori erano variopinti con un’infinità di motivi e disegni. Tutti gli oggetti erano dipinti secondo il materiale e la funzione, come gli abiti, le armi, i soffitti, gli utensili etc.
La ricchezza e la varietà dell’arte popolare sembrava che compensasse in qualche modo la mancanza dell’espressione estetica nelle altre arti figurative.
L’anno 1883 fu una data importante nella storia della nuova arte del Rinascimento Albanese. In quell’anno l’iconografo Jorgji Panariti, nel monte Athos, dipinse il quadro dell’eroe nazionale Scanderbeg, invece Kol Idromeno a Scutari dipinse il noto quadro Motra Tone. Questo fu il periodo in cui il movimento per la liberazione nazionale, nelle condizioni di una spietata sottomissione amministrativa e politica ottomana, aumentò gli sforzi per potenziare lo spirito patriottico, per far conoscere al popolo la scuola albanese, per creare la nuova cultura albanese basata su fondamenta nazionali.
L’evento storico più importante durante il Rinascimento albanese, nel XIX secolo, fu Lidhja Shqiptare e Prizrenit[4] , nel 1878, che si oppose alle decisioni del Congresso di Berlino per dare agli stati confinanti parti dell’Albania, per proteggere l’unità territoriale e per raggiungere l’autonomia del paese. La Lega mirava all’unione nazionale e alla creazione dello stato albanese che avrebbe portato all’Indipendenza dell’Albania.
La Lega di Prizren svolse un ruolo importante nel risvegliare l’identità nazionale. La Lega diede un grande stimolo allo sviluppo della letteratura e l’arte nazionale. Eventi musicali e teatrali si organizzavano più di frequente in tutta l’Albania.
Lo sviluppo delle arti figurative fu difficile anche per colpa dell’arretratezza in cui era caduto il paese sotto la schiavitù e i principi indiscutibili degli ottomani. Il disegno e la pittura si concepivano come dei lavori ambigui dal governo turco e dalla religione musulmana. La destinazione dei quadri e delle poche sculture del Rinascimento erano principalmente le scuole, i centri delle organizzazioni patriottiche all’estero o le case degli intellettuali del paese interessati nell’arte.
La nuova arte albanese iniziò negli anni 80 del XIX secolo. I centri principali dello sviluppo furono:
SHKODRA[5], antica città dalle molteplici tradizioni. Fu un importante centro politico durante il feudalesimo e raggiunse uno sviluppo economico considerevole. Aveva relazioni mercantili con importanti città dell’Europa, come Venezia ed Istambul. In questa città avevano la sede dirigenziale molte religioni che erano molto influenti in tutto il nord dell’Albania. Inoltre a Scutari si organizzavano la maggior parte delle attività artistiche d’importanza vitale per la nuova cultura albanese.
KORçA[6], città recente della nuova borghesia mercantile, conosciuta per la manifattura e la produzione artigianale. Giocava un importante ruolo politico, patriottico, d’unione nazionale e centro dell’attività scolastica.
Gli artisti del Rinascimento Nazionale furono generalmente lavoratori artigianali o piccoli commercianti ed i loro quadri furono rari e con molte restrizioni ideologiche e professionali; per questi motivi non si presero molto in considerazione, ma l’arte del Rinascimento era solo l’embrione, la prima fase da dove nacque e si sviluppò la nuova arte albanese. L’influenza di quel periodo si sente anche nell’arte contemporanea.
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Eros con un delfino, bronzo (III secolo a.C.). Trovato a Durrazzo
L’arte del Rinascimento prese dall’arte decorativa e ornamentale popolare il disegno ritmico, il disegno elaborato, le forme nazionali caratteristiche, elementi figurativi naif che troviamo rappresentate nelle scene di guerra dipinte nelle facciate delle case abitate, nelle figure dei guerrieri, nei disegni sulle armi ed anche nelle scatole per la polvere da sparo.
La cultura del Rinascimento Nazionale ed anche la pittura e la scultura, come tutta l’ideologia di quel periodo, era patriottica e popolare.
Il Movimento per la Liberazione Nazionale lottava per l’unione di tutti gli albanesi senza distinzione di fede o provenienza regionale. Il noto ideologo Sami Frasheri[7] scriveva: ”L’albanese deve essere albanese prima d’essere musulmano o cristiano”.
Il carattere popolare del movimento del Rinascimento Nazionale e l’atteggiamento nei confronti della religione influenzò affinché l’arte diventasse man mano laica. Durante il Rinascimento si sviluppò principalmente la pittura. Il Movimento per la Liberazione Nazionale contro l’occupazione ottomana, creò l’atmosfera giusta per il nuovo orientamento artistico, quello che rappresentava la realtà della vita quotidiana.
Nella storia dell’arte albanese l’anno 1883 segna la data dell’inizio di questa nuova corrente. Come già accenato, nel gennaio del 1883, a Scutari, si realizzò la pittura più amata e conosciuta dagli albanesi - il ritratto Motra Tone. Questa pittura è la più bella del periodo, e allo stesso tempo anche la prima pittura di una nuova tappa dell’arte in Albania. Il suo autore, Kol Idromeno(1860-1939), fu tra i primi ad amare questa nuova corrente artistica.
Kol Idromeno è l’autore più importante del rinascimento albanese che ci ricorda il maestro del rinascimento italiano Leonardo da Vinci non solo per la creazione della Monalisa albanese(come viene spesso chiamato il quadro Motra Tone), ma anche per la sua genialità poliedrica(lui infatti era pittore, scultore, fotografo, scenografo, architetto, musicista). Lui è stato molto importante anche nella preparazione dei nuovi artisti albanesi.
Nello stesso anno del ritratto Motra Tone(1883), il pittore Jorgji Panariti di Korça, realizzò nel Monte Athos un ritratto di Scanderbeg. Così la pittura albanese iniziò la sua strada realistica con questi due artisti e le città di Scutari e Korça, divennero i centri principali dello sviluppo dell’arte in Albania.
Il pittore più conosciuto di Korça, ma anche il più particolare, è stato Spiro Xega(1863-1953). Le sue creazioni si distinguono non solo per lo stile, la tecnica, ma anche per i temi che tratta. Il suo bellissimo quadro Çeta e Shahin Matrakut ci All’inizio degli anni ’30 del XX secolo, il centro artistico albanese si trasferì nella capitale. A Tirana si riunirono molti degli artisti più bravi di tutto il paese; crearono l’associazione Amici dell’arte, la prima associazione artistica, ed il 24 maggio del 1931 a Tirana si tenne la prima Esposizione Nazionale con la partecipazione di tutti gli artisti più bravi dell’Albania. Questo evento fece di Tirana il centro di tutti gli sviluppi artistici. Un anno dopo, nel 1932, sempre a Tirana, si aprì la Scuola del Disegno, la prima scuola d’arte in Albania.
La Scuola del Disegno fu anche il centro di molti eventi come le esposizioni degli studenti, esposizioni nazionali e anche esposizioni di pittori stranieri. In questo periodo nacque una generazione d’artisti che si consideravano come pittori nazionali e scultori nazionali. Dopo Idromeno, che rimane la personalità più importante, lo scultore Odhise Paskali ed il pittore Vangjush Mio (1891-1957) sono gli artisti più attivi e creativi del tempo. Paskali fece le prime statue nelle città di Tirana, Valona, Kuksi, Korça e Argirocastra. Mio aprì tante esposizioni, la maggior parte
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L'evangelizzazione, icona sulla porta della grotta di Santa Maria, Korça
paesaggi, e cercò sempre di far entrare la pittura nella vita degli albanesi. Altri pittori importanti furono Dhimiter Çani (1904-1996) che aveva studiato nell’Accademia delle Belle Arti a Roma, Qenan Mesarea, Janaq Paço etc.
Di tutte le creazioni di quel tempo adesso si conserva solo una piccola parte. In questo ha influito anche la mancanza di una galleria d’arte o d’altre istituzioni di cultura dove si potevano custodire le creazioni degli artisti. In ogni caso quelle che si riuscirono a raccogliere per la prima volta nel 1954 e negli anni avvenire, sono un ricco tesoro per l’arte albanese. Questi quadri sono custoditi in una sala unica e sembra che stanno distaccate da tutto il resto della Galleria Nazionale, sono ancora più particolari perché create in un periodo tranquillo, felice, e con tanta libertà d’espressione. Appartengono a quel periodo in cui non si sentiva il peso del potere politico con i dogmi e gli schemi prestabiliti per tutti gli artisti, regole che frenavano molto gli artisti sia durante i primi anni come anche dopo il rinascimento come si vede nelle altre sale della Galleria Nazionale, quelle dell’arte post-bizantina ed i quadri del Realismo Socialista. Il Rinascimento e l’Indipendenza segnano un punto di cambiamento molto importante per la cultura albanese. Dopo molti anni sotto il controllo del regime dogmatico bizantino, la pittura si sviluppò per la prima volta sotto l’influenza dell’arte europea occidentale. I primi quadri realistici, quindi quelli che fondarono la tradizione dell’arte visiva albanese, si crearono sotto l’influsso della cultura più avanguardista del momento.

2.5. La pittura dopo il 1945
Solo quattro mesi dopo la liberazione, il 18 aprile 1945, intanto che in Europa si continuava a lottare contro il fascismo a Tirana, si aprì l’Esposizione Nazionale delle Arti Figurative. I quadri esposti lì furono un saluto degli artisti alla nuova epoca che era appena iniziata in Albania, dopo la Seconda Guerra Mondiale, e l’esposizione servì come prova che nella nuova Albania democratica le arti avrebbero avuto un grande sviluppo e tanta vitalità.
L’esposizione del 1931 fu la causa per l’organizzazione e l’apertura della prima scuola d’arte, la Scuola del Disegno, invece dopo l’esposizione del 1945 a Tirana si aprì il liceo artistico Jordan Misja (1946). Questa fu e continua ad essere la scuola più importante albanese dove studiarono e studiano quasi tutti i giovani che intraprendono la strada dell’arte.
Nel 1954, per la prima volta, si realizzò il desiderio di raccogliere in un’istituzione specifica tutte le opere artistiche: fondarono a Tirana la Galleria Nazionale delle Belle Arti. Lì presentarono le opere più belle di tutte le epoche, quadri di pittori stranieri, e le creazioni contemporanee. Più tardi aprirono molte gallerie e musei anche in altre città. Nel 1960 aprirono l’Accademia delle Belle Arti a Tirana. Anno dopo anno aumentava il numero dei nuovi artisti. I ritmi di sviluppo erano velocissimi, come mai prima d’allora nella storia del paese. Lo sforzo di aprire scuole di pittura, organizzare mostre d’arte, costruire musei in quegli anni si realizzò con ritmi rapidissimi. Dall’altra parte, però il comportamento dello stato nei confronti della libertà di pensiero, dei metodi creativi s’irrigidì sempre di più. Lo stato in quel periodo, diversamente dagli anni precedenti, mostrò molto interesse nello sviluppo dell’arte e si trasformò in una specie di consigliere e dirigente di tutte le attività artistiche del paese. Lo stato cominciò ad imporre le sue regole anche lì dove l’artista cercava libertà d’espressione, imponeva la direzione artistica, il tema dei quadri, stabiliva le cose più importanti da ritrarre, fino a decidere anche sulle dimensioni e i tipi dei quadri. Nel nuovo sistema socialista s’investì molto nello sviluppo delle arti, ma per usarli in aiuto al partito-governo che si era creato e non per sostenere gli artisti e l’arte albanese a svilupparsi. L’influenza della cultura occidentale che manifestavano gli artisti più vecchi, come anche gli ex-studenti della Scuola del Disegno che studiarono anche nelle accademie occidentali, cominciò a svanire perché si incoraggiavano gli artisti che avevano studiato nelle accademie russe e gli altri paesi dell’Europa dell’Est, i quali insieme alla magia dell’arte portarono anche gli schemi del realismo socialista.
Dopo gli anni ’60, anche se l’Albania aveva interrotto tutte le relazioni con i paesi comunisti del blocco dell’Est, il drastico e nonché violento mutamento del modo di vivere, imposto dal partito-stato, riuscì ad “irrigidire” ancora di più il mondo artistico: le tecniche, i temi, colori e le dimensioni dei quadri erano nella loro totalità decisi dal partito. L’arte si mise completamente al servizio delle idee comuniste. Di conseguenza aumentò il numero dei quadri che rappresentavano la vita secondo la propaganda del tempo. Lo slogan “L’arte appartiene al popolo” (slogan inventato dal partito comunista), aprì la strada a molti artisti dilettanti, che portò nell’arte la variante più brutta del realismo socialista. La partecipazione nelle mostre diventava sempre più numerosa, e i quadri si assomigliavano sempre di più tra loro. La schematizzazione diventava ogni giorno più insopportabile nella pittura.
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Anonimo. Scanderbeg. Quadro del XVII secolo. Waldburg, Germania
Di fronte ad una tale situazione, diversi artisti cominciarono a cercare di portare nell’arte una lingua più contemporanea, ma l’atmosfera generale era molto pesante e difficile. Gli artisti organizzarono anche qualche attività progressista per il tempo come la mostra “Primavera ‘73”, dove si esposero quadri con una tecnica artistica contemporanea, fuori degli schemi socialisti, ma le conseguenze furono molto gravi. Pittori quali Edison Gjergo, Edi Hila, Ali Oseku e Maks Velo che cercarono più libertà in arte furono reclusi, invece a tutti gli altri venne negato di poter dipingere.
L’esposizione Nazionale del 1976 fu percepita come la protesta più dura all’influenza dell’occidente che si osservò nella mostra del ’73. Le sale interminabili della mostra dovevano riempirsi con le opere schematiche del socialismo. In questa mostra presentarono più di 400quadri, sculture, incisioni, ceramiche ed altri lavori del realismo socialista. Tra le molte opere mediocri lì mostrarono anche alcuni dei più bei quadri del realismo socialista, come Mic Sokoli, Buka e duarve tona[8] , Ju flet Tirana[9] , 29 nentor 1944[10] ecc, che furono anche tra le migliori della pittura albanese.

Durante quegli anni, anche con tutte le restrizioni e i limiti imposti dal partito si distinsero degli artisti molto bravi. Al fianco di Abdurrahim Buza e Odhise Paskali, che continuarono seguendo i propri metodi molto attesi furono anche i quadri di Sali Shijaku, Vilson Kilica, Danish Jukniu, Ksenofon Dilo per la loro maestria nel disegno e per i quadri che si distaccavano dagli schemi socialisti.
L’organizzazione delle esposizioni e dei concorsi nazionali su diversi temi presi dalla storia e dalla vita quotidiana, la costruzione di nuovi musei, attività artistiche aveva dato la possibilità di creare tante opere molto importanti per la storia e la cultura albanese. In tutte queste attività ci furono anche molte creazioni di basso contenuto artistico, schematiche, ma tra loro comparirono anche dei capolavori. Molti aspetti della vita e della storia albanese ora non esisterebbero nell’arte se non grazie all’impegno continuo degli artisti di quel periodo.
Nella parte albanese in Kossovo, dove avevano la fortuna di essere totalmente liberi nella sperimentazione delle correnti artistiche (diversamente dagli artisti albanesi), gli artisti, non riuscirono mai a creare quell’immenso patrimonio artistico di quadri con temi storici e d’attualità come fecero gli artisti albanesi nonostante il regime comunista.
Gli artisti albanesi, tranne poche volte prima degli anni ’60, non potevano partecipare in nessun’esposizione internazionale. La Biennale d’Alessandria era l’unica “finestra” dove gli artisti albanesi potevano esporre i loro lavori in una sala con tutti gli altri paesi del mediterraneo, ma anche quella possibilità si negò dopo sole due partecipazioni, dopo gli anni ’60. A Tirana non si apriva più nessuna mostra dei paesi europei sull’arte contemporanea, perfino neanche dalla tradizione classica o del romanticismo. L’unico contatto dei pittori albanesi con l’arte contemporanea mondiale erano dei libri e cataloghi che potevano guardare solo in pochi anche perché erano proibiti. Verso la fine degli anni ’80 alcuni dei pittori più idealisti si sforzarono per riuscire ad usare una tecnica più moderna nella pittura, per avere più libertà d’espressione e di creazione. Le ricerche si organizzavano nelle botteghe e i quadri che si realizzavano rimanevano all’interno di esse. Opere di questo genere che per molto tempo rimasero all’oscuro e sconosciute, si presentarono e attirarono l’attenzione del pubblico dopo gli anni ’90. Nell’Accademia delle Belle Arti, ai lavori degli studenti, si dava più libertà e più spazio alla fantasia dei giovani artisti. Nelle esposizioni cominciarono ad apparire quadri pitturati diversamente, ed anche ritratti lontani dalle regole schematiche del socialismo.
Gli obblighi imposti dal comunismo ed il continuo controllo sulla creatività artistica accompagneranno l’arte albanese durante 45anni, fino alla fine degli anni ’80, quando l’esposizione nazionale “Onufri 1991” riuscì a svincolarsi da tutte le limitazioni ed i comandi del realismo socialista.

2.6. Gli artisti oltre confine
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Il ponte sul Drino
Nello stesso periodo, mentre in Albania si pitturava principalmente secondo i principi del realismo socialista, in diversi paesi del mondo noti pittori albanesi esponevano i loro quadri nello stile e nelle correnti contemporanee.
Gli artisti albanesi che erano emigrati avevano tante difficoltà tra cui una molto importante: l’impossibilità di ricongiungersi al loro paese e di poter ritornare quando volevano. Le loro creazioni non solo rimasero sconosciute nel loro paese, ma si chiamavano anche inaccettabili perché considerate dissidenti. Molti pittori morirono all’estero senza aver potuto portare le opere in Albania. La mostra nazionale dell’inizio del 1945 a Tirana aveva segnato la fine di tutte le correnti artistiche in Albania, tranne quella del realismo socialista.
All’inizio del 1945, quando a Tirana si negò di pitturare secondo le correnti moderne dell’arte, a Londra nel Redfred Gallery si aprì la mostra più bella del pittore espressionista albanese Çatin Saraçi (1902-1974). Tra il pubblico della mostra uno degli espressionisti più noti dell’arte europea Oscar Kokoschka (1886-1980), paragonò le creazioni del pittore albanese ad una meraviglia in mezzo a quel macello che era la nostra realtà. Nel 1959 Oscar Kokoschka fece a Saraçi anche un ritratto.
Altro pittore molto importante all’estero fu Abidin Dino (1913-1994). Dino si trasferì in molti paesi. In Turchia fu uno dei fondatori del “Gruppo D” d’Estambul, che si valutò come l’inizio dell’avanguardia della pittura turca. Dopo rimase a Mosca per due anni, e nel 1938 si trasferì a Parigi dove visse per il resto della sua vita. I quadri di Abidin Dino si misero in mostra in molti paesi, come Amsterdam, California, Mosca, Roma, Atene, New York, pero mai a Tirana.
Una grande valutazione hanno ricevuto i quadri di Artur Tashko (1901-1994) in Colombia. Tashko riuscì ad armonizzare l’arte contemporanea con l’arte dell’antica tradizione paracolombiana. Critici dell’arte a Bogota dicevano che Tashko, con la sua intuizione, maestria e cultura prese tanto dall’arte paracolombiana, come fece Picasso con l’arte africana.
Sabri Fetah (1907-1989) fu un altro artista albanese che lasciò il segno nell’arte e nella cultura di Turchia. Nella storia dell’arte turca lui si valorizza per l’importante contributo nell’iniziare l’arte degli affreschi ad Istambul. Lui lavorò sempre come professore all’Accademia delle Belle Arti e con le sue creazioni in pittura fu uno dei rappresentanti più noti dell’arte moderna turca. Nel 1983 arrivò per la prima volta a Tirana, per accompagnare l’esposizione dell’arte turca, ma le sue opere non si accettarono poiché appartenevano alla pittura moderna, assolutamente vietata in quel periodo nel suo paese d’origine.
Il pittore Ibrahim Kodra (nato il 1918) le prime lezioni di pittura le seguì nella Scuola del Disegno a Tirana. Dopo continuò l’Accademia delle Arti di Brera. Nel 1944 aprì la sua mostra a Milano. Paul Eluart definisce Ibrahim Kodra: “Un primitivista di una nuova civilizzazione”, che Kodra stesso considera la definizione più giusta del suo stile.
Tra tutti gli artisti albanesi della diaspora solo le creazioni di Kodra sono diventate note per i suoi connazionali in Albania, dopo il 1990.
Nel 1996, Ibrahim Kodra, per gli elevati valori artistici, ottenne il titolo “Onore della Patria”.
Questi sono tra i più conosciuti artisti della diaspora albanese, perché il numero totale è molto più grande e non c’è ancora uno studio approfondito circa la loro vita artistica.
Gjon Milli (1904-1986) nell’ambiente artistico degli anni ’50 di New York, portò nuove tecniche fotografiche per il tempo. I critici riconoscono nelle sue foto una rivoluzione nel campo della fotografia. Il drammaturgo irlandese Sean O’Casey chiamava Milli: “Il genio Albanese”.
In Inghilterra creò dei bellissimi quadri con temi del suo paese nativo la nota pittrice Vera Blloshmi (1923-1998), che non poté ritornare in Albania per più di 50 anni.
Omer Kaleshi (nato nel 1932) dopo molti spostamenti nel 1956 si stabilì a Parigi dove continua a lavorare, creare ed organizzare le sue mostre.
Il pittore Gjelosh Gjoka (nato nel 1928) dopo aver aperto delle mostre di successo a Roma, si trasferì in Germania dove continua il suo lavoro.
Tra gli artisti che hanno pitturato e sono stati valutati in altri paesi, la pittrice Lika Janko (1928-2001) era la figura più particolare della storia della diaspora albanese. Lei anche se pitturava lontano dal suo paese, dove la pittura moderna era proibita, riuscì lo stesso e con tante difficoltà a realizzare i suoi quadri cubisti dato che viveva in un altro paese del realismo socialista: la Bulgaria. Lika Janko, quindi fu disidente anche in diaspora. Per la visione, la filosofia, per come analizzava la linea ed il colore lei è stata sopra nominata “Picasso con la gonna”. Dopo la sua morte è stata definita come una delle più importanti pittrici di Bulgaria del XX secolo. Nel 2002 riuscirono a portare nella Galleria Nazionale di Tirana 15 dipinti originali di Lika Janko, che si presentarono accanto agli altri pittori della diaspora e tra i più bei quadri dell’arte albanese.

2.7. L’arte dopo gli anni ‘90
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Ritratto di çatin Saraçi. Oscar Kokoschka. Londra 1968
Nella storia dell’arte albanese, i momenti di sovversione più importanti negli sviluppi artistici, sono stati segnati dall’apertura di Mostre Nazionali particolari. L’esposizione del 1931 fu la premiazione per gli sforzi fatti per l’istituzionalizzazione delle attività artistiche, e dei primi riconoscimenti all’arte albanese.
La mostra del 1945 segnò l’inizio della strada verso il Realismo Socialista.
L’esposizione Primavera ‘73 presentò gli sforzi di tanti artisti per conquistare più libertà nelle creazioni, che pero portò degli effetti contrari, portò limitazione, obblighi e tecniche prestabilite su tutte le creazioni per molti anni.
La mostra Onufri 1991 liberò l’arte albanese da tutte le restrizioni del Realismo Socialista.
Per la prima volta oltre più di 45 anni, dopo il 1990, gli artisti si sentirono liberi di esprimersi senza nessun vincolo artistico e senza canoni prestabiliti. Non c’erano più controlli sulle creazioni nelle botteghe dei pittori, non esistevano più le commissioni per censurare i quadri; gli artisti non erano più usati dal partito per ragioni politiche e non erano più costretti a ritrarre soggetti che idealizzavano il sistema comunista. La libertà che mancava da molto tempo nella vita sociale e politica albanese, come nelle arti visive, disorientò molti artisti, specialmente quelli che non erano ancora pronti e quelli che erano all’inizio della carriera artistica. I pittori si trovarono in una situazione sconosciuta, siccome passarono da una dittatura totale ad un’autonomia creativa generale e una mancanza d’attenzione nei loro confronti.
Gli artisti non dovevano più seguire nessuna regola, nessun canone, non erano più sotto controllo, nessuno gli imponeva i temi ed i soggetti da dipingere, finalmente erano liberi in tutto e quindi in pochi anni in Albania si svilupparono tutte le correnti artistiche contemporanee del XX secolo.
La nuova situazione sociale fece possibile l’apertura d’istituzioni artistiche private. Le diverse gallerie, come la Galleria Nazionale, la Galleria Te&Ge, l’associazione Lindart (create dopo gli anni ’90), aprirono tante esposizioni di gruppi artistici e pittori particolari, offrendo la possibilità ad un continuo sviluppo dell’arte contemporanea moderna in Albania.
La creatività artistica degli anni ’90, dopo una sorta di confusione dei primi tempi, adesso gradualmente sta prendendo forme più chiare, creando una pagina d’arte contemporanea. Sempre più si vedono creazioni in tutte le correnti moderne dell’arte.
Adesso in Albania le cose sono cambiate; svolgono la loro attività pittori che erano conosciuti durante il realismo socialista (ovviamente adesso con altre tecniche e metodi di dipinto), artisti predisposti all’avanguardismo già dagli ultimi anni del realismo socialista (oggi leader dei movimenti contemporanei), nuovi artisti (che hanno cominciato a dipingere nel modo che più li piaceva), ed anche giovani laureati all’Accademia di Tirana o all’Estero.
L’evento più importante di questi anni in Albania è stato “Tirana Biennale”(2001), un importante mostra a livello mondiale.
L’esposizione “Onufri 1991” che aveva cominciato solo con la partecipazione di pittori albanesi, negli ultimi anni si è trasformata in un evento internazionale.
Le attività artistiche che si svolgono adesso a Tirana sono molteplici, si dà molto spazio all’arte in tutte le forme e correnti.
Gli artisti sono assolti da tutte le costrizioni e creano in tutta libertà.



Nel prossimo numero il
TERZO CAPITOLO:
I GRANDI PITTORI

NOTE
[1] Traduzione: La bella di Durrazzo.
[2] Traduzione: Ragazza albanese
[3] Una coppia albanese
[4] Traduzione Lega di Prizren. Gli Albanesi furono l'ultimo dei popoli balcanici assoggettati al dominio turco a giungere alla consapevolezza di un’identità nazionale. La loro prima organizzazione nazionale, la Lega di Prizren, fu fondata solo nel 1878, sebbene non allo scopo di combattere il dominio turco ma per paura della Serbia (le cui truppe avevano raggiunto il Kossovo), del Montenegro (il cui esercito era sceso in Metohija) e della Bulgaria, a cui la Russia aveva promesso una gran parte dei Balcani fino alle montagne Albanesi e al Mare Egeo. Per quanto riguardò lo status degli Albanesi in Turchia, la Lega cercò una moderata autonomia pro-islamica e pro-turca e, nella stessa misura, pro-albanese. Le idee di un piccolo numero d'intellettuali, mercanti e di un considerevole numero di capi tribali, che non approvavano le aspirazioni pan-albanesi, non furono ben accolte tra il popolo albanese, la cui lealtà alla tribù, all'impero e all'islam erano più forti della loro lealtà alla nazione.
[5] SCUTARI, città del nord Albania
[6] KORIZA, città nel sud-est dell’Albania
[7] Sami Frasheri nacque il 1 giugno 1850. Fu un importante rappresentante del Rinascimento, ideologo principale del Movimento per la Liberazione Nazionale, scrittore e pubblicista. È noto nella letteratura straniera come Shemsedin Sami.
[8] Mic Sokoli (1839-1881)-Nato in una famiglia di patriottici fu un noto guerriero della Lega di Prizren. Nella battaglia di Slivova, contro le truppe ottomane, mostrò un coraggio unico mettendosi con il corpo davanti al cannone e perse la vita per la patria.
[9] Traduzione: Il pane fatto con le nostre mani
[10] Vi parla Tirana
[11] 29 novembre 1944