Con la prima guerra del Golfo, per Osama bin Laden il quadro è chiaro: l'America ha profanato "la terra dei due Luoghi Santi" portandovi i suoi soldati. E diventando così il nemico numero uno. Rompe quindi i ponti con il regime saudita e si trasferisce in Sudan. Qui avviene la definitiva trasformazione dell'organizzazione in una rete terroristica capace di seminare morte in tutto il mondo. Ma la sua presenza diventa ingombrante anche nel paese africano e nel 1996 lo sceicco trova rifugio in Afghanistan.
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La storia di Al-Qaeda: 1991-2002
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(Seconda Parte) |
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Il ritorno in Arabia Saudita e i primi contrasti con la monarchia
Dopo la ritirata sovietica dall'Afghanistan, nel 1989, Osama fece ritorno in Arabia Saudita. Il leader che guidò i mujahidin alla vittoria contro l'invasore sovietico venne trattato con onore e rispetto. Osama riprese a lavorare nell'impresa di famiglia e, grazie all'esperienza accumulata sul campo negli ultimi dieci anni, aiutò l'intelligence saudita a creare il primo gruppo jihadista nello Yemen del Sud sotto la leadership di Tariq al-Fadli, che cercava di cacciare il regime comunista. Bin Laden, però, come gli altri combattenti tornati dall'Afghanistan, non si riabituerà facilmente alla vita civile e fin dal 1989 si metterà alla ricerca di una nuova causa capace di ripetere l'esperienza afgana.
In questo periodo l'attenzione di Osama si concentrò su due situazioni: il regime ateo di Saddam Hussein in Iraq e lo Yemen, conteso tra i comunisti, a sud, e una coalizione filoccidentale a nord. Osama, qui come in Iraq, pensava di intervenire con il suo esercito di combattenti per liberare il paese, ma fu bloccato dalla famiglia reale saudita che cominciava a diffidare di un personaggio diventato ormai incontrollabile e che aveva la reputazione di volere diffondere il jihad un po' dappertutto. Così nel 1991, in occasione di un suo viaggio nel paese, lo trattenne nel reame privandolo del passaporto.
La definitiva rottura con la monarchia saudita avvenne con l'invasione irachena del Kuwait, il 2 agosto 1990. Mentre la monarchia saudita, rendendosi conto del grave rischio che stava correndo, decise di chiedere aiuto agli Stati Uniti, Osama propose ai sauditi un piano alternativo: mettere insieme tutti i veterani del jihad antisovietico (all'incirca 5.000 mujahidin), per dare vita ad una coalizione anti Saddam. Ovviamente la sua proposta venne respinta e le truppe americane fecero il loro ingresso in Arabia Saudita, lanciando l'operazione Scudo nel deserto, il 7 agosto 1991.
Osama non poteva accettare l'idea che un esercito di non musulmani occupasse il suolo sacro della Penisola arabica ed espresse il suo disappunto al principe Turki. La monarchia saudita, da parte sua, cercò di rassicurare Osama sul fatto che la presenza militare statunitense sarebbe stata limitata al tempo previsto per fare rientrare la minaccia irachena. Ciò non avvenne poiché, quando le truppe di Saddam Hussein si ritirarono dall'Iraq, gli americani rimasero di stanza in Arabia Saudita. Per bin Laden il quadro era ormai chiaro: l'America aveva profanato "la terra dei due Luoghi Santi", portandovi i suoi soldati. Essa rappresentava il nemico per eccellenza da abbattere. Tuttavia, prima dello scontro diretto con gli Stati Uniti, fu necessario lanciare l'offensiva contro suoi alleati locali, primi fra tutti l'Arabia Saudita e l'Egitto.
Questo periodo è importante perché bin Laden indica l'Arabia Saudita come suo nemico principale. Considerando il suo paese come occupato da un esercito straniero e non musulmano, egli potrà facilmente paragonarlo all'Afghanistan, in un processo di "afganizzazione".
Osama si alleò con gruppi ostili al re Fahd; gettando un ponte verso gli ulema che, nel settembre del 1992, resero pubblico il Memorandum di rimprovero, un documento di opposizione religiosa, nel quale si chiedeva a re Fadh di islamizzare totalmente la società, di lasciare maggiore autonomia ai dotti religiosi e di rompere l'alleanza con i paesi non musulmani, l'America innanzitutto.
Il governo saudita rispose alle proteste esiliando ed imprigionando i religiosi dissidenti e imponendo il silenzio ad Osama, che non iniziò subito un'azione diretta contro la monarchia, ma appoggiandosi agli elementi contrari al regime, intraprese una campagna sotterranea di discredito. Più tardi rese pubblici i motivi del suo risentimento nei confronti della monarchia in una fatwa nella quale spiegò ciò che accadde in questo periodo.
Nella fatwa, bin Laden si scagliava contro le truppe straniere, in particolare americane, nella Penisola arabica la cui presenza era considerata una catastrofe senza precedenti nella storia della umma. Osama chiarì i veri intenti dell'occupazione, orchestrata dalla "coalizione dei crociati e degli ebrei": «gaining the control over the Islamic Holy places and the Holy Sanctuaries, and hegemony over the wealth and riches of our umma, turning the Arabian peninsula in to the biggest air, land and sea base in the region».
L'aggressione crociata non colpiva solo l'Arabia Saudita, ma tutti i luoghi in cui i musulmani erano presenti, come la Cecenia, la Bosnia e la Palestina.
Osama considerò i religiosi e i governanti apostati responsabili dell'aggressione e collaboratori dell'Occidente, accusandoli di debolezza e codardia nei confronti del nemico e delle divisioni presenti al loro interno. Essi finanziarono l'invasione con le ricchezze e i risparmi della umma, perdendo così la loro credibilità. Accusati di essere falsi musulmani (jahiliyya), dovevano essere rovesciati e sostituiti da un vero Stato islamico.
A questo punto, Osama era considerato una minaccia che i sauditi non potevano più sottovalutare ed incominciarono a pianificarne l'arresto. Grazie all'aiuto di un oppositore della famiglia reale saudita, Osama poté uscire clandestinamente dal paese con il pretesto di partecipare ad un incontro islamico in Pakistan, nell'aprile del 1991.
Dal Pakistan gli fu possibile condurre apertamente la battaglia contro il suo paese d'origine. Oltre a ristabilire le comunicazioni e continuare a fornire supporto agli avversari dei sauditi, Osama inviò suoi agenti per costruire cellule nel regno, dove gli oppositori potevano vantare una presenza significativa. Discorsi e letture di Osama, scritti o registrati su cassette, cominciarono a circolare nelle case private e nelle moschee, mentre altri dissidenti sauditi si unirono a lui raggiungendolo in Pakistan, specialmente dopo che il regime incominciò sospettare dei loro legami con Osama.
Il trasferimento in Sudan
Nel frattempo, il Fronte islamico nazionale (FIN) guidato dal Dr. Hassan al-Turabi, che si impadronì del potere in Sudan nel 1989, inviò una sua delegazione a Peshawar. Al-Turabi, dopo
Inizialmente, Osama, accogliendo le richieste di al-Turabi, accettò di addestrare degli uomini del FIN alle tecniche della guerriglia |
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l'esperienza con i sovietici, riteneva fosse possibile sconfiggere gli americani attraverso l'unione di tutti gli islamisti. La delegazione, composta da tre uomini del FIN, portava una lettera del suo capo ad Osama, nella quale si esprimeva la volontà di sviluppare delle relazioni con al-Qaeda.
Inizialmente, Osama, accogliendo le richieste di al-Turabi, accettò di addestrare degli uomini del FIN alle tecniche della guerriglia, in modo tale che potessero opporsi all'Esercito di liberazione delle genti cristiane del Sudan. Inoltre, Osama iniziò ad investire nella costruzione di strade nel paese. Al-Turabi, da parte sua, lasciò che bin Laden usasse il suo paese come base per le sue operazioni commerciali internazionali.
Poiché l'Arabia Saudita non rappresentava più un luogo sicuro per bin Laden, al-Turabi si offrì di ospitare sia lui che la sua organizzazione. Nonostante Osama stesse per accettare l'invito di al-Turabi, rimase cauto. Trasportare gli uomini (con le loro famiglie) e tutte le attrezzature necessarie in un altro continente, era una impresa difficile. Prese tempo, inviò una delegazione per esaminare le condizioni del paese prima di accettare definitivamente. La composizione della delegazione inviata in Sudan rifletteva la composizione di al-Qaeda: Abu Hammam al-Saudi, dall'Arabia Saudita; Mamdouh Salim (alias Abu Hajer al Iraqi), dall'Iraq; Abu Hassan al-Sudani dal Sudan e Abu Rida al-Suri dalla Siria. In Sudan essi incontrarono la leadership del FIN. Al loro ritorno si incontrarono con Osama nel campo di al-Faruk, a Khost.
Furono due i fattori che spinsero Osama a trasferirsi in Sudan. Innanzitutto, il Pakistan non era più un luogo sicuro a causa dei legami che il paese stava stringendo con l'Arabia Saudita. In più, l'influenza di Osama in Pakistan andò diminuendo a causa dell'ostilità nei confronti del suo primo ministro, Benazir Bhutto, che tentò di assassinare per ben due volte. In secondo luogo, tra le fila di al-Qaeda si stava diffondendo l'inquietudine a causa dell'inattività seguita al ritiro dei sovietici. Il trasferimento in Sudan rappresentò per loro una possibilità di "lavorare di nuovo".
Vista la situazione internazionale che si stava delineando contro di lui e l'offerta di al-Turabi, Osama decise di accettare. I vantaggi di un insediamento in Sudan furono evidenti. Il lunghissimo confine con l'Egitto era totalmente sguarnito e, con l'ostilità tra Khartoum e il Cairo, si faceva affidamento su un probabile appoggio del regime ad attività militari contro il governo di Mubarak.
A questo punto, uomini di al-Qaeda giunsero in Sudan per affittare fattorie ed abitazioni in cui alloggiare i componenti dell'organizzazione e le loro famiglie, ma anche basi per la costruzione di campi di addestramento. Soltanto dopo che Osama giunse a Khartoum e incontrò di persona al-Turabi l'intera infrastruttura di al-Qaeda venne trasferita in Sudan. Tra la fine del 1989 e la fine del 1991, la maggior parte dei migliori istruttori e guerrieri esperti di al-Qaeda, tra i 1000 e i 1500, vennero trasferiti nel paese africano.
Al-Qaeda in Sudan
Osama soggiornerà in Sudan dal 1991 al 1996. All'inizio di questo periodo il nome di al-Qaeda non era ancora di uso corrente né conosciuto, soprattutto in confronto ai nomi dei gruppi nazionali, come ad esempio il GIA algerino. Bin Laden era percepito come un oppositore del regime saudita e non ancora come l' "internazionalista" di un jihad focalizzato contro gli americani. Al-Zawahiri, nel frattempo, si occupava dell'Egitto, privilegiando azioni mirate e spettacolari contro i dignitari del regime.
Gli stessi Stati Uniti, sebbene fossero al corrente della minaccia che i mujahidin stanziati in Afghanistan e in Pakistan rappresentavano e che Osama fosse dietro molti attacchi terroristici, ignorarono la natura multinazionale della sua organizzazione. Quando Ahmad Ajaj, che accompagnò Yousef da Peshawar a New York nel settembre 1992, fu trattenuto e poi rilasciato all'aeroporto JFK, portava con se un manuale intitolato al-Qâida, tradotto come "regola base".
Con riferimento alla rete creata da al-Qaeda nei primi anni Novanta, la CIA, ancora nel 1998, affermava: «Sempre di più spesso, estremisti che provengono dal Medioriente, in particolare fondamentalisti sunniti, lavorano insieme per promuovere la causa dell'Islam radicale e soprattutto, l'instaurazione di teocrazie islamiche nei loro paesi d'origine. I sospettati, processati e condannati per l'attentato al World Trade Center, e il secondo gruppo di estremisti che hanno pianificato di attaccare altri simboli di New York, incluso l'edificio delle nazioni Unite, non appartengono ad una singola e coesa organizzazione, ma piuttosto fanno parte di raggruppamenti non ben definiti di musulmani politicamente impegnati che vivono a New York. Questi sono seguaci dell'Imam egiziano lo sceicco Umar Abd al-Rahman e includono anche non egiziani. Dei sei sospettati al WTC soltanto uno era egiziano. Il gruppo includeva tre palestinesi, un pachistano e un iracheno. Tra i quindici condannati nel secondo processo di New York, ci sono egiziani, sudanesi e palestinesi. Il carattere transnazionale di questo gruppo è sottolineato dalla loro disinvoltura nel viaggiare e nell'operare in una varietà di paesi».
Il fenomeno della proliferazione terroristica nell'ambito dell'islamismo radicale, che iniziò a manifestarsi nella prima metà degli anni Novanta, fu sottovalutato dai servizi segreti americani in modo sorprendente, ma il fatto stesso che al-Qaeda fosse sconosciuta alle intelligence internazionali favorì il suo sviluppo indisturbato.
La permanenza nel paese africano, rappresentò un momento importante per lo sviluppo dell'organizzazione. Qui al-Qaeda ebbe la possibilità di organizzare una solida ed efficiente struttura interna. In più, l'ambiente sicuro le permise di estendere la sua influenza in altre aree del mondo. Osama, sentendosi più tranquillo, iniziò a criticare apertamente la monarchia saudita e soprattutto l'invasore occidentale.
Mentre si trovava in Sudan, egli rivestì un duplice ruolo, quello di terrorista e di uomo d'affari. Al fine di mantenere il supporto clandestino ai movimenti islamisti ovunque si trovassero nel mondo, costruì un'organizzazione parallela per aumentare gli sforzi di Khartoum. Dopo aver stabilito dei legami con oltre venti gruppi impegnati in operazioni di guerriglia e terrorismo, gli fornì il proprio supporto attraverso finanziamenti, addestramento e armi.
Un impero economico
La maggior parte degli sforzi di bin Laden furono dedicati alla fondazione e alla direzione di un vasto impero economico. Portava gli imprenditori a vedere i suoi esperimenti con vari tipi di piante, gestiva decine di compagnie mercantili e una immensa fattoria dove si svolgevano contemporaneamente l'addestramento dei veterani afgani arabi e la coltivazione delle arachidi. Altre aziende producevano miele e dolciumi. Vi era una società di investimento, una conceria, un forno e una fabbrica di mobili.
In questo periodo, Osama diversificò le sue attività commerciali e stabilì almeno trenta compagnie, compresi laboratori hight-tech impegnati in ricerche genetiche. Affidò al ramo egiziano dell'organizzazione, specialmente ad al-Zawahiri e ad Abu Ubaidah al-Banshiri, che avevano diretto il trasferimento dell'organizzazione, il compito di sviluppare l'infrastruttura sudanese. Al-Qaeda acquistò due grandi fattorie, inclusa una a nord di Khartoum, entrambe a nome di un membro sudanese di al-Qaeda, per $250,000. Qui viveva al-Zawahiri.
La prima azienda commerciale che Osama stabilì in Sudan fu Wadi al-Aqiq, che permise ad al-Qaeda di importare beni senza ispezioni o pagamento di tasse. Grazie a questa compagnia, al-Qaeda istituì la Laden International, una compagnia di import-export, e la Taba Investment. Un'altra compagnia, sempre legata ad al-Qaeda, al-Hijra Construction, acquistava materiali per la costruzione di strade e ponti ma anche esplosivi per scavare le rocce. Questa compagnia di costruzioni fu impegnata anche nella realizzazione di strade e ponti, inclusa la strada di ottantatre miglia che collegava Damazine City e Kormuk City. Gradualmente al-Qaeda estese le sue attività commerciali al settore agricolo ed industriale. Acquistò la Blessed Fruits, una compagnia di frutta e verdura situata a Khartoum e gestì una società di autotrasporti chiamata al-Qudurat Transportation. Nei sobborghi di Damazine City, affiliati di al-Qeda coltivavano sesamo, arachidi e frumento. Questi ed altri prodotti vennero lavorati e venduti da altre due compagnie, al-Themar e al-Mubaraka, con sedi sia in Sudan che all'estero. Le aziende svolsero anche un altro ruolo: finanziare al-Qaeda e fornire una copertura per l'approvvigionamento di esplosivi, armi, composti chimici e per i viaggi dei suoi affiliati.
Coloro che lavoravano per al-Qaeda ricevevano un salario di 300 dollari al mese. Chi lavorava di più veniva pagato di più. Tutti venivano riforniti di beni essenziali come
Coloro che lavoravano per al-Qaeda ricevevano un salario di 300 dollari al mese. Chi lavorava di più veniva pagato di più |
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zucchero, te e olio vegetale. Ad ogni componente dell'organizzazione venivano rimborsate le spese sanitarie per se e la propria famiglia.
I profitti delle società sudanesi (ma non solo, avendone altre in Kenya, nello Yemen e in Albania) erano convogliati attraverso il dipartimento finanziario e legale di bin Laden, dislocato in Sudan e in diverse capitali europee, inclusa Roma, e gestito da uno staff di diciassette dipendenti, il cui capo era Abu al-Hasan.
Tutte le attività commerciali furono finalizzate alla creazione di un supporto per lo sviluppo di al-Qaeda e del jihad che questa organizzazione stava per intraprendere contro l'Occidente e i governi musulmani apostati. Gli uffici finanziari e i vertici operativi sfruttavano la loro posizione all'interno delle attività commerciali di bin Laden per acquistare armi, esplosivi e attrezzature tecniche. Abu Hajer al-Iraqi, uno dei fondatori di al-Qaeda, usò la sua posizione di capo di una compagnia di investimenti di bin Laden, per effettuare viaggi di rifornimento dall'Europa occidentale all'estremo Oriente.
Indispensabile per lo sviluppo di al-Qaeda fu la complicità del governo sudanese. Per proteggere se stesso e la sua organizzazione, Osama intrattenne interessi commerciali e legami con la classe politica sudanese, i servizi di sicurezza e l'esercito. Oltre a mantenere stretti legami con al-Turabi, Osama coltivò le sue relazioni con il presidente, i ministri e i capi dei dipartimenti di governo. Investì 50 milioni di dollari in una banca che aveva stretti legami con l'élite sudanese. Di conseguenza al-Qaeda fu trattata con rispetto. Il servizio di sicurezza sudanese fu il tramite tra l'organizzazione e il governo. Oltre a cooperare a livello tattico, al-Qaeda forniva una speciale assistenza al servizio di sicurezza: il Sudan, che dal 1992 in poi, oltre ad al-Qaeda, stava aprendo le porte ad altri gruppi islamisti, fece affidamento su di essa per identificare eventuali spie.
Il paese africano divenne il luogo ideale dove al-Qaeda poté sviluppare le sue potenzialità. Lo stesso Osama approfittò di questa situazione, lavorando con tranquillità nel suo ufficio a Khartoum, schedò tutti i mujahidin presenti in Sudan, registrò ogni suo impiegato, i componenti della sua famiglia, i suoi alias, quanto denaro fruttava all'organizzazione, se impiegato in attività commerciali; quale ruolo ricopriva nei combattimenti, se impegnato in operazioni militari. Osama studiava il suo archivio attentamente prima di affidare un qualunque incarico. Promuoveva e designava qualcuno in base al merito, le abilità e le prestazioni. Sotto la sua direzione al-Qaeda si estese, raddoppiando il suo personale e la sua infrastruttura nei primi cinque anni di vita. Attraverso il reclutamento di impiegati civili nelle sue attività commerciali, il gruppo dei non combattenti arrivò alle 1000 unità, quello delle reclute raddoppiò, da 1000 a 2000 unità.
L'aumento del numero dei volontari in Sudan, fu favorito anche da un altro fattore. La minaccia islamista si fece sempre più pericolosa, così, molti dei veterani arabi che avevano combattuto in Afghanistan, furono arrestati nei loro paesi. L'alternativa che si prospettò ai mujahidin fu quella di ritornate a far parte dei gruppi islamisti che ancora combattevano in Afghanistan, Tagikistan, Algeria, Cecenia, Bosnia, Kashmir e Sudan. Al-Qaeda approfittò di questa congiuntura positiva per dare nuovo vigore all'organizzazione, attraverso nuovi istruttori e fondi. Inoltre, all'indomani del primo attentato al World Trade Center nel 1993, gli Stati Uniti imposero al Pakistan di espellere o registrare i mujahidin presenti nel suo territorio. In questa occasione Osama pagò per il trasferimento di centinaia di loro.
La rete globale
Di pari passo con l'aumento dell'efficienza interna dell'organizzazione, andava la sua espansione all'estero. Dal Sudan, infatti, al-Qaeda iniziò a diffondersi in tutto il mondo, sviluppando una rete di comunicazione mai vista prima, che collegava tra loro i suoi uffici regionali di Londra (definita la più importante città del Medioriente), New York, Turchia e altri centri. Per le comunicazioni venivano utilizzati messaggi mail criptati e siti web, molti dei quali collocati nelle aree tribali del Pakistan.
Uffici di bin Laden furono aperti a Cipro, Zagabria e Sarajevo (per fornire supporto ai bosniaci musulmani che combattevano contro i serbi e i croati). Organizzazioni non governative, presenti a Baku, Azerbaigian, costituirono il punto di partenza dal quale si diffondevano gli aiuti finanziari che arrivavano ai ribelli ceceni. In più, Osama si servì della Terza Agenzia Mondiale di Assistenza già presente a Vienna, che contava uffici a Zagabria e a Budapest.
L'attività di al-Qaeda in Sudan, fu finalizzata a creare legami con altri gruppi islamisti. Per questa ragione bin Laden istituì la Confederazione internazionale del jihad: l'Islamic Army Shura che ebbe il compito di coordinare l'insieme dei gruppi terroristici che si stavano unendo ad al-Qaeda. L'Islamic Army Shura era composta dal Consiglio di al-Qaeda e dai leader o dai rappresentanti delle organizzazioni terroristiche indipendenti. I gruppi, che entrarono a far parte dell'Islamic Army Shura, provenivano dall'Arabia Saudita, dall'Egitto, dalla Giordania, dal Libano, dall'Iraq, dall'Oman, dall'Algeria, dalla Libia, dalla Tunisia, dal Marocco, dalla Somalia e dall'Eritrea. Al-Qaeda, stabilì relazioni meno formali, anche con altri gruppi estremisti degli stessi paesi. Nella sua rete di relazioni facevano parte anche organizzazioni provenienti dall'Africa: Ciad, Mali, Nigeria, Niger e Uganda. I paesi del Sud Est asiatico rappresentati erano: Burma, Tailandia, Malesia e Indonesia.
Bin Laden procurò equipaggiamenti ed istruttori al Fronte islamico di liberazione Moro attivo nelle Filippine e al più recente gruppo la Brigata di Abu Sayyaf. Al-Qaeda fornì assistenza alla Jemaah Islamiyyah (JI), guidata da islamisti indonesiani, ma con cellule sparse in Malesia, Singapore, Indonesia e nelle Filippine. Gli aiuti raggiunsero anche un gruppo pachistano che combatteva per il Kashmir. Nel 1991, Osama inviò un gruppo di supporto al confine dell'Afghanistan del Nord per assistere gli islamisti tagiki.
Il modello sul quale si strutturavano le alleanze si estese anche negli Stati Uniti. Un'organizzazione musulmana chiamata al-Khifa aveva numerosi uffici che si estendevano per tutto il territorio americano. Il più grande di questi uffici, situato nella moschea Farouq di Brooklyn fu un avamposto del Mak, per tutti gli anni Ottanta. Altri uffici dell'organizzazione erano situati ad Atlanta, Boston, Chicago, Pittsburg e Tucson. Al-Khifa reclutò musulmani americani per combattere in Afghanistan; molti di loro parteciparono ad azioni terroristiche negli Stati Uniti all'inizio degli anni Novanta e anche ad operazioni di al-Qaeda all'estero, inclusi gli attentati del 1998 alle ambasciate americane in Africa.
Durante questo periodo al-Turabi, organizzò, a partire dal 1991, una serie di quattro Conferenze popolari arabe ed islamiche, dove parteciparono le delegazioni di tutti i gruppi dell'estremismo islamico che facevano parte dell'Islamic Army Shura. Ma vi erano anche rappresentanti dell'OLP, di Hamas e degli Hezbollah. Al-Turabi cercò di convincere i gruppi shiiti e sunniti a mettere da parte le loro divisioni ad unirsi per combattere il nemico comune. Tra il 1991 e il 1992, al-Qaeda e rappresentanti di gruppi iraniani, raggiunsero un accordo informale di cooperazione nel fornire un supporto reciproco (anche se solo per ciò che riguardava la formazione delle reclute) per azioni contro Israele e gli Stati Uniti. Non molto tempo dopo, istruttori e agenti operativi di al-Qaeda giunsero in Iran per essere istruiti sull'uso degli esplosivi. Nell'autunno del 1993, un'altra delegazione giunse in Libano, per essere formata all'uso degli esplosivi, ma anche su operazioni di intelligence e di sicurezza. Bin Laden era particolarmente interessato agli attentati portati a termine con l'utilizzo delle auto bomba, come quella che aveva ucciso 241 Marine americani in Libano nel 1983.
Da movimento per la resistenza a organizzazione terroristica
Il soggiorno in Sudan di bin Laden è stato importante nell'evoluzione di al-Qaeda anche per un altro motivo: iniziano gli attentati terroristici contro obiettivi sauditi ed americani.
Il primo fronte contro gli Stati Uniti fu aperto in Somalia. A seguito della guerra civile che lacerava il paese giunse una coalizione internazionale sotto la guida americana, nell'ambito di un'operazione ONU chiamata Restore Hope. Secondo bin Laden, gli americani «sotto la copertura delle Nazioni Unite, hanno cercato di stabilire le loro basi in Somalia così da poter controllare il Sudan e lo Yemen».
Anche quest'occasione fu interpretata come un'ennesima aggressione che, a suo avviso, mirava a rafforzare il dominio occidentale nella regione prossima al Medioriente e da qui minacciare il vicino Sudan. Il 3 e 4 ottobre 1993, jihadisti afgani organizzarono azioni armate che portarono alla morte di diciotto militari americani a Mogadiscio. Gli Stati Uniti attribuirono a bin Laden gli attentati anche se lui li rivendicò solo in modo indiretto. Una cellula di al-Qaeda venne installata a Nairobi e usata come base dalla quale inviare armi ed istruttori ai signori della guerra somali che combattevano contro le truppe USA. L'operazione era sotto diretto controllo di al-Qaeda. Molti istruttori giunsero in Somalia nei mesi seguenti e tra questi molti esperti di armi. Il 1994, anno del ritiro delle truppe USA dalla Somalia, rappresenta la seconda vittoria degli islamisti nei confronti di una superpotenza.
Nel dicembre dello stesso anno, due alberghi della città di Aden, nello Yemen, che generalmente ospitavano le truppe americane che sostavano prima di ripartire per la Somalia, furono fatti esplodere con delle bombe. I responsabili dichiararono di far parte di un gruppo yemenita, il cui leader faceva parte dell'Islamic Army Shura di bin Laden; alcuni dei
Il 1994, anno del ritiro delle truppe USA dalla Somalia, rappresenta la seconda vittoria degli islamisti nei confronti di una superpotenza |
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componenti del gruppo furono addestrati in un campo di al-Qaeda in Sudan.
Nel novembre del 1995, un'autobomba esplose al di fuori di un'installazione militare di soldati sauditi ed americani a Riyadh, adibita all'addestramento della Guardia Nazionale Saudita. Cinque americani e due ufficiali indiani furono uccisi. Il governo saudita arrestò quattro persone che ammisero di essersi ispirati a bin Laden. Sebbene non ci siano prove che bin Laden fosse stato il mandante di questi attacchi, l'intelligence americana scoprì, in seguito, che i leader di al-Qaeda avevano deciso già un anno prima di attaccare obiettivi americani in Arabia Saudita.
Con l'attentato al World Trade Center, il 23 febbraio del 1993, la CIA riconobbe in bin Laden un serio pericolo. Molti militanti che avevano combattuto in Afghanistan presenti si trovavano a New York, rappresentavano un enorme minaccia. L'esplosione nel parcheggio dell'edificio fece sei morti, oltre mille feriti e danni per trecento milioni di dollari. La preparazione dell'ordigno richiese quasi due mesi. L'obiettivo del responsabile, Ramzi Ahmed Yousef, era di costruirne uno più grande per far crollare le torri, ma dovette desistere per la mancanza di fondi. L'attentato rivela come la militanza islamista continuò a prosperare in Pakistan e Afghanistan tra il 1989 e il 1996, anche prima che bin Laden e i suoi collaboratori fossero in grado di costruirsi una base in Afghanistan nella seconda metà del decennio. Yousef fu finanziato da Osama sebbene quest'ultimo negò sempre il suo coinvolgimento nell'attentato e di aver mai conosciuto l'attentatore.
La partecipazione di bin Laden e di al-Qaeda nel pianificare e portare a termine questi attentati è incerta, se non altro perché non vennero mai rivendicati dall'organizzazione. La non assunzione di responsabilità corrisponde ad una precisa politica attuata in questo periodo da bin Laden. Il leader di al-Qaeda vietò di attribuire la responsabilità delle azioni all'organizzazione, poiché questo tipo di pubblicità poteva portare ad un'identificazione dell'organizzazione. Osama stesso affermò in un'intervista: «attraverso la rivendicazione degli attentati, il gruppo potrebbe essere oggetto della collera dello stato colpito. Tutti sanno che ci siamo noi dietro all'attacco e responsabili dell'azione. Perché rivendicarlo, essere identificati e poi trovati?»
In base a questa politica, al-Qaeda non rivendicò la responsabilità per la bomba al National Guard Building di Riyadh, il 13 novembre 1995, che uccise sei persone, o quella nell'istallazione militare di Khobar Towers di Dhahran che uccise diciannove americani e ne ferì un centinaio. Osama, anche in quest'occasione, pur nutrendo grande rispetto per coloro che morirono in questa azione, ribadì la sua estraneità.
Nel 1994, al-Qaeda pianificò un attentato, fortunatamente sventato dalle forze dell'ordine, noto come Piano Bojinka. Il piano prevedeva di portare a segno una serie di attentati nelle Filippine: l'assassinio di Papa Giovanni Paolo II e del presidente Clinton durante la loro visita a Manila; l'assassinio del presidente Fidel Ramos, di due anziani funzionari governativi, diversi ambasciatori stranieri nelle Filippine e altri diplomatici, ufficiali dell'esercito, della polizia e civili; di piazzare bombe nei centri commerciali, nei negozi, nell'ambasciata USA e in scuole internazionali, in chiese cattoliche e importanti centri governativi; il rapimento di personalità influenti per ottenere un riscatto, rapine in banche e in istituti finanziari; assassini di cittadini americani ed israeliani; di far esplodere undici aerei passeggeri durante il volo. Come prova per l'attentato, Yousef si imbarcò su un volo della Philippines Airlines nella tratta Manila-Tokyo, l'11 dicembre 1994, lasciando a bordo dell'aereo un ordigno di nitroglicerina: il risultato dell'esplosione fu la morte di un cittadino giapponese e undici passeggeri feriti. L'attentato non fu rivendicato da al-Qaeda, ma Yousef telefonò all'Associated Press di Manila per rivendicarne la responsabilità. Dopo il successo del primo attacco, al-Qaeda continuò la pianificazione dell'attentato per far esplodere gli undici aerei americani. Nel computer di Yousef fu trovata una lista dei cinque attentatori con i relativi compiti. Le autorità americane ritengono che se l'attentato non fosse stato sventato le vittime sarebbero state circa 4.000.
La crudeltà degli attentati terroristici degli anni Novanta, che culminò nella strage di Luxor del 1997, priverà, poco a poco, i gruppi estremisti del sostegno popolare. Il fallimento di tale strategia fu, inoltre, sancito dall'appello dei principali emiri egiziani che esortarono all'abbandono della lotta armata. Anche bin Laden ed al-Zawahiri si convinsero della necessità di cambiare strategia: colpire non più in maniera indiscriminata i regimi musulmani nel tentativo di abbatterli, ma rivolgersi ad obiettivi americani ed israeliani. Tale scelta fu dettata da alcune considerazioni: innanzitutto, evitare che i media potessero sfruttare le reazioni della popolazione a loro discapito; in secondo luogo, eliminare i costi umani, visto che dopo ogni attentato gli arresti decimavano l'organizzazione. Al-Zawahiri preconizzò,quindi, un jihad non più limitato al "nemico vicino", ma uno in grado di colpire il vertice del potere, il "nemico lontano" per eccellenza, la superpotenza americana, che trascinerà nella sua caduta tutti i governi "miscredenti".
Il trasferimento in Afghanistan
Dopo il tentativo di uccidere Mubarak, le pressioni sul Sudan per espellere Osama si fecero sempre più forti aggiungendosi, a quelle degli USA e della Gran Bretagna, anche quelle dell'Egitto. Mentre il Sudan sembrava sordo alle richieste internazionali, gli Stati Uniti cominciarono a far affluire aiuti militari, in funzione di contenimento, agli stati confinanti tradizionalmente ostili come l'Uganda, l'Eritrea e l'Etiopia. Nel 1993, dopo che gli Stati Uniti inserirono il Sudan tra i paesi sponsor del terrorismo, le grandi società petrolifere occidentali si mostrarono restie a investire nel paese. Divenne sempre più chiaro che i vantaggi della presenza di bin Laden non bilanciavano le critiche internazionali che essa suscitava. Un altro problema più profondo era di natura ideologica. Il filone di islamismo di al-Turabi era ben diverso dal salafismo jihadista, influenzato dal radicale internazionalista Azzam, elaborato da bin Laden, da al-Zawahiri e dai loro associati. Per al-Turabi la priorità era guadagnare e mantenere il potere politico per permettere la creazione di una società islamica. La presenza di bin Laden metteva a repentaglio questo progetto.
Sin da quando il regime islamista di al-Turabi prese il potere, gli Stati Uniti e altri paesi occidentali esercitarono forti pressioni affinché cessasse di fornire asilo alle organizzazioni terroristiche. Gli altri stati della regione, come Egitto, Siria, Giordania e persino la Libia, che erano stati oggetto di azioni terroristiche, cominciarono a far sentire la loro insofferenza.
Importanti cambiamenti stavano avvenendo anche all'interno dello governo sudanese, dove il generale Omar al-Bashir, presidente dal 1989, pianificava una possibile destituzione di al-Turabi.
La serie di attentati, come quello fallito contro il presidente americano Clinton e quello del filippino Fidel Ramos a Manila, tra la fine del 1994 e l'inizio del 1995, contribuirono ad aumentare le pressioni internazionali per far espellere bin Laden dal Sudan. Nel frattempo le attività economiche di bin Laden incominciarono a registrare seri problemi finanziari. Le pressioni internazionali e le tensioni nel mondo economico danneggiavano la moneta sudanese. Inoltre, non appena le autorità sudanesi divennero meno disponibili, i costi aumentarono. Molte delle società di bin Laden si trovavano a corto di fondi. Il governo sudanese cancellò la registrazione delle principali società commerciali di al-Qaeda, vendendone altre ed impadronendosi di tutti i beni di bin Laden presenti nel suo territorio.
Già dal febbraio 1996, i sudanesi presero contatti con ufficiali americani per espellere il ricco saudita nel suo paese natale, eventualità immediatamente respinta dalla stessa monarchia saudita.
Osama bin Laden, che non si sentiva più sicuro in Sudan, lasciò il paese africano per fare ritorno in Afghanistan, il 19 maggio 1996. Gli ultimi mesi di permanenza di bin Laden in Sudan e il suo trasferimento in Afghanistan coincisero con uno dei periodi più difficili dell'organizzazione, che stava perdendo il sostegno di cui aveva usufruito fino a quel momento e che era impegnata a creare un nuovo ambiente favorevole in Afghanistan. Egli raggiungerà Jalalabad dopo un rifornimento di gasolio negli Emirati Arabi Uniti. Con lui, la famiglia, le guardie del corpo e alcuni stretti collaboratori che facevano parte di al-Qaeda fin dalla sua fondazione, nel 1988. Dozzine di militanti lo seguirono con voli successivi. Probabilmente bin Laden giunse a Jalalabad in un area controllata da un consiglio provinciale di leader islamici. Qui trovò alloggio presso Younis Khalis, capo di una delle principali fazioni di mujahidin.
Il trasferimento di bin Laden in Afghanistan acquistò un significato particolare. Osama era isolato, aveva perduto le sue ricchezze e dipendeva dall'ospitalità di un potere ancora
Probabilmente bin Laden giunse a Jalalabad in un area controllata da un consiglio provinciale di leader islamici |
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sconosciuto. Nonostante tutto non si sentiva sconfitto. Come la partenza di Maometto dalla Mecca, nel 622 (hijra), segnò l'inizio del calendario islamico, così il suo ritorno in Afghanistan rappresentò una rinascita per lui e la sua organizzazione. Bin Laden, che da sempre si immedesimava nel Profeta, nel modo di vestire, sedendo e mangiando nello stesso modo che la tradizione gli attribuiva, colse la somiglianza. Riconobbe il potere simbolico del suo esilio e il vantaggio che ne avrebbe potuto ottenere per ispirare i suoi seguaci e attirare nuovi proseliti.
Osama, riferendosi all'Arabia Saudita, iniziò ad utilizzare il termine Khurasan, in uso nell'antico impero musulmano. I suoi seguaci presero i nomi che rievocavano i compagni del Profeta o famosi guerrieri degli inizi dell'Islam. Vi è un hadith controverso che afferma che l'esercito islamico, prima di abbandonare il Khurasan, sventolò una bandiera nera, lo stesso colore di quella talebana.
Il simbolo dell' hijra di Osama è senza dubbio la caverna. In una caverna alla Mecca, al Profeta apparve l'angelo Gabriele che gli rivelò che era il Messaggero di Dio. Allo stesso modo a Medina, quando i suoi nemici lo perseguitavano, si nascose in una caverna che magicamente fu avvolta da una ragnatela. Per bin Laden, quindi, la grotta rappresenta l'ultimo luogo puro, lontano dalla società, dal tempo, dalla modernità, dalla corruzione e dall'Occidente. Le grotte di Tora Bora gli permisero di identificarsi con il Profeta agli occhi dei musulmani, perseguitati ed umiliati, dei quali divenne il rappresentante. Il rimedio che proponeva per uscire da questo stato e per purificare la società islamica era la guerra contro gli Stati Uniti.
Il periodo che va dal 1996, anno in cui Osama si trasferì con la sua organizzazione in Afghanistan e il 2002, anno in cui, dopo il sanguinoso attentato alle Torri Gemelle, i raid aerei dell'esercito americano distrussero le basi di al-Qaeda, rappresenta il culmine dell'organizzazione.
I talebani
Giunto in Afghanistan Osama si preoccupò di creare una rete di alleanze indispensabili per continuare il suo lavoro. Il paese, dopo la ritirata sovietica del 1989, non aveva raggiunto la pace e la stabilità auspicate. Le varie tribù continuavano a combattersi per la conquista del potere nel paese. Fra il 1994 e il 1998, intervennero nella guerra civile i talebani (che lingua pashtun vuol dire "studenti"), guidati dal Mullah Muhammad Omar. Il Mullah Muhammad Omar è nato nella provincia afgana dello Uruzgan nel 1962. Educato in Pakistan, non aveva avuto alcun legame in precedenza con bin Laden quando, durante il jihad contro i sovietici, combatté contro di essi perdendo un occhio. I talebani, riuscendo a sconfiggere le milizie di ex mujahidin, occuparono la maggior parte del paese. Essi sono un movimento sorto agli inizi degli anni Novanta nelle numerose madrasa, convitti e moschee sorte in Pakistan lungo i confini con l'Afghanistan, in seguito allo scoppio del conflitto afgano. In questi luoghi, migliaia di profughi afgani ed in particolare quelli di etnia pashtun, ricevettero rifugio, alloggio ed una rudimentale istruzione, ispirata ad una visione dogmatica e scolastica dei precetti della shari'a e dell'Islam. Tutto ciò li portò a sviluppare un'ideologia politico-religiosa di riferimento estremamente semplice, ma fortemente illiberale e ostile nei confronti di ogni altra comunità etnico culturale afgana. I talebani furono riconosciuti da tre stati (Pakistan, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti), mentre l'Alleanza del Nord era sostenuta da Russia, India, Iran, Tagikistan ed Uzbekistan. In quest'arco di tempo, sia i pachistani che i sauditi continuarono a fornire il loro supporto ai talebani, i quali, senza questo sostegno, non sarebbero mai riusciti a conquistare più del novanta per cento del territorio. I sauditi si comprarono la loro lealtà fornendogli denaro e camion pickup, trasportati per via aerea a Kandahar. Il Pakistan inviò truppe regolari dell'esercito per combattere contro l'Alleanza del Nord.
Inizialmente, l'alleanza con i talebani non era nei progetti di bin Laden. Quando arrivò in Afghanistan, essi controllavano la maggior parte del paese, ma i centri nevralgici erano in mano ai loro rivali. Bin Laden, quindi, non prese subito posizione, tenendosi ogni porta aperta e mantenendo contatti anche con Gulbuddin Hekmatyar, uno dei maggiori oppositori dei talebani. La situazione era destinata a cambiare quando, il 26 settembre 1996, cinque mesi dopo il suo arrivo in Afghanistan, Jalalabad prima, Kabul dopo, caddero sotto i talebani che presero il controllo di due terzi del paese grazie all'aiuto dell'ISI pachistano.
I talebani non invitarono Osama a trasferirsi direttamente nel paese e, quando seppero del suo trasferimento, si limitarono a chiedere istruzioni al governo saudita, che gli rispose di tenerlo tranquillo. Osama finì sotto la tutela del Mullah Omar, leader dei talebani, che
Inizialmente, l'alleanza con i talebani non era nei progetti di bin Laden. Quando arrivò in Afghanistan, essi controllavano la maggior parte del paese |
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recentemente si era proclamato "governante di tutti i musulmani".
Non appena Osama arrivò in Afghanistan, il Mullah inviò una delegazione per incontrarlo comunicandogli che era "honored to protect him, because of his role in the jihad against the Soviets".
Seppure l'obiettivo principale dei talebani, la creazione di uno Stato islamico, era compatibile con quello di al-Qaeda, l'ideologia e la visione del mondo alla base dei due movimenti erano molto diverse. I talebani rappresentavano un movimento locale con una limitata conoscenza del mondo islamico e con ambizioni profondamente localistiche. L'Islam era utilizzato per articolare una varietà di rivendicazioni e per proporne la soluzione, che quasi sempre predicava il ritorno ad una pura ed incontaminata verità. Al contrario, l'elemento caratterizzante del movimento di bin Laden era il suo fiorente internazionalismo.
Non appena il Mullah Omar fu in grado di controllare la maggior parte del territorio afgano, Osama consolidò in fretta la sua alleanza e, grazie al supporto finanziario, e non solo, al regime, riuscì ad ottenere il controllo su di esso. Al-Qaeda sviluppò una unità speciale di guerriglia per affiancare i talebani nella loro battaglia contro l'Alleanza del Nord. Questa forza, conosciuta come Brigata 055, era composta da 1.500-2.000 arabi e divenne parte integrante delle forze talebane. Il risultato fu che i combattenti di al-Qaeda e dei talebani vivevano, si addestravano e conducevano operazioni militari insieme. Sebbene funzionassero come due organizzazioni separate, le loro strutture furono integrate per raggiungere l'obiettivo comune di combattere l'Alleanza del Nord.
Il rifugio afgano
Il regime talebano ripagava il supporto di al-Qaeda fornendole un rifugio sicuro, rifornendola di armi, di equipaggiamenti e di attrezzature necessarie per l'addestramento. Ad al-Qaeda fu, inoltre, consentito di utilizzare la compagnia aerea tradizionale, la Ariana Airlines, per trasportare i suoi membri, reclutarli ed effettuare approvvigionamenti dall'estero.
Grazie ai suoi rapporti con il Mullah Omar, bin Laden riacquistò la libertà di movimento che aveva perso in Sudan. Gli agenti di al-Qaeda potevano muoversi nel paese senza impedimenti, entrare ed uscire senza visto o altre pratiche per l'immigrazione, acquistare ed importare veicoli ed armi, usufruire delle targhe del ministero della difesa afgano e della compagnia aerea dello stato per introdurre soldi nel paese.
Al-Qaeda poté addestrare e indottrinare combattenti e terroristi che giungevano nei numerosi campi disseminati nel paese. L'intelligence americana ritiene che il numero complessivo dei combattenti che passarono per i campi di bin Laden, tra il 1996 e l'11 settembre 2001, oscilli tra i dieci e i venti mila. La vasta rete di alloggi e campi fornì oltre all'addestramento, la protezione e le cure ai candidati. Nonostante l'elevato numero di reclute, soltanto poche centinaia, i più meritevoli, entrarono a far parte del gruppo.
Nel frattempo, l'organizzazione continuò a collaborare strettamente con la maggior parte dei gruppi terroristici mediorientali presenti in Egitto, in Algeria, nello Yemen, in Libano, in Marocco, in Tunisia e in Somalia, i cui legami erano stati stretti durante il periodo di permanenza in Sudan. Rapporti di collaborazione furono stabiliti con estremisti del sud e del sud est asiatico, inclusa la Jemaah Islamiyyah malese ed indonesiana e diversi gruppi pachistani impegnati nel conflitto per il Kashmir. Dal rifugio afgano, bin Laden rafforzò la base di Londra e gli uffici presenti in Europa, nei Balcani e nel Caucaso. Grazie al supporto finanziario saudita e quello degli associati del Golden Chain, ricostruì la rete di finanziamenti, ritornando ad essere l'uomo più ricco e potente del movimento jihadista. Era ormai pronto a colpire "la testa del serpente".
(2 - Continua)
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BIBLIOGRAFIA
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The looming Tower, Al Qaeda and the road to 9/11, di L. Wright - Alfred A. Knopf, New York 2006.
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