L'affondamento del colossale transatlantico
(14 aprile 1912) è diventato
un filone
inesauribile per il cinema e la narrativa
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LA TRAGEDIA
DEL TITANIC:
TROPPE VERITA'
NESSUNA VERITA'
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Il Titanic in partenza
Secondo la mitologia greca i Titani erano divinità potentissime che regnavano sul mondo prima che il suo dominio passasse , dopo una lunga lotta, a Zeus e alla sua corte olimpica. Figli di Urano e Gea, i Titani erano dodici, sei fratelli e sei sorelle: Oceano, Crio, Ceo, Iperione, Giapeto, Teia, Temi, Mnemosine, Febe, Teti, Crono e Rea. Sconfitti da Zeus, vennero relegati per l'eternità nelle viscere della Terra. Secoli e secoli dopo, un nuovo Titano sarebbe apparso sulla Terra, sotto forma di colossale nave passeggeri transoceanica, e come i dodici "fratelli maggiori" sarebbe assurto a simbolo di imponenza e di sfida al cielo. Opera dell'uomo e non di un dio, anche il Titanic sarebbe stato condannato alle profondità, questa volta del mare.
Da quando fu riscoperto nel 1985 ad opera di una missione franco-americana, il Titanic è riemerso dalla leggenda per divenire un vera e propria ossessione storica. Mostre, convegni, commemorazioni e - è cronaca di queste settimane - persino un film kolossal hollywoodiano hanno avuto il compito di rievocare il tragico destino di quella che doveva essere la nave più gigantesca e inaffondabile mai creata dall'uomo, un prodigio della tecnologia in un secolo che avrebbe fatto della tecnologia uno delle proprie divinità pagane. Una sfida nata dall'ottimismo, a sua volta figlio di un'epoca - la belle epoque - che riteneva di potere tutto, e intendeva celebrare il trionfo culturale e tecnologico dell'Europa e dell'Occidente. Con la tragedia e l'affondamento del Titanic nelle gelide acque dell'Atlantico - il 14 aprile 1912, alle ore 23.40 - oltre a 1500 persone, morirono le illusioni di un'epoca che si sarebbe avviata, entro due anni, al primo conflitto mondiale.
NASCITA DEL TITANIC L'idea del Titanic nacque a Londra nel 1907, da un colloquio tra due personaggi in vista del mondo della navigazione civile, Lord Pirrie - presidente dell'impresa di costruzioni navali irlandese Harold & Wolf - e J. Bruce Ismay, dirigente della compagnia di navigazione White Star Line. Pirrie aveva proposto la creazione di almeno tre grosse e lussuose imbarcazioni per poter reggere la concorrenza della rivale Cunard Line.
La Cunard deteneva il quasi assoluto monopolio della rotta atlantica tra l'Europa e il Nord America, e la White Star - consociata della International Mercantile Marine di Pierpont Morgan - mirava alla creazione di una linea che puntasse sulla comodità e il lusso del viaggio, piuttosto che sulla sua velocità. Nacque così, dall'intreccio economico e tecnologico di Morgan, la White Star e la Harland & Wolff una linea che andò sotto il nome di "Olympic" (e la prima imbarcazione fu nominata proprio così).
Il 1907 fu definito l'annus mirabilis della storia delle costruzioni navali: la concorrenza tra Cunard e White Star portò alla creazione di due stupendi transatlantici - il Lusitania e il Mauritania, quest'ultima Nastro Azzurro fino al 1929. Nello stesso anno la marina militare intensificò la propria produzione. Caratteristica delle navi di lusso della White Star Line - e pretesto per differenziarle da quelle rivali della Cunard - era il riferimento a terminologie mitologiche la cui desinenza era sempre in "ic". Vezzo della Cunard Line era quello di nominare ricorrendo alla desinenza "ia", ad esempio "Carpathia".
Il 16 dicembre 1908 cominciarono i lavori che avrebbero portato alla creazione della prima imbarcazione , l'"Olympic", cui avrebbe seguito il leggendario "Titanic" (lo scalo di costruzione fu preparato nel marzo 1909). Entrambe le navi vennero costruite a Belfast. L'Olympic venne varato nel fiume Lagan il giorno 20 ottobre 1910. Si trattava di un enorme scafo il cui peso era di ben 25.000 tonnellate, si riuscì ad immergere in acqua ricorrendo a 23 tonnellate di grasso, raggiunse una velocità di 12, 5 nodi, e per essere fermata necessitava di sei ancore e otto tonnellate di cavi. La storia della navigazione non aveva mai assistito alla creazione di un tale gigante. Il Titanic, nave gemella, venne costruita più brevemente, ricorrendo agli studi e all'esperienza consumata nella realizzazione dell'Olympic.
LE NAVI GEMELLE La stupefacente somiglianza tra le due navi (le uniche differenze erano nella disposizione di alcune finestre del ponte B, sul fianco, e nella parte anteriore del ponte A) fu enfatizzata a fini pubblicitari dagli stessi costruttori e dalla White Star. A proposito di questa considerazione, una delle numerose leggende fiorite intorno al Titanic allude al fatto che a perire nel famoso disastro non fu il Titanic, bensì l'Olympic "travestito" da Titanic. La sostituzione della targa sullo scafo e delle piccole differenze sarebbe avvenuta nell'unica notte in cui - per imbarazzanti problemi tecnici dell'Olympic durante uno dei suoi primi viaggi - le due imbarcazioni rimasero ancorate insieme nel porto di Belfast nel 1912. Per non regalare alla concorrenza la gaffe della neonata Olympic, i dirigenti della White Star sarebbero ricorsi al "cambio in corsa". Di questa ipotesi, ovviamente, mancano le prove.
Le sorelle "olympic" (Olympic e Titanic) avevano un equipaggio di circa 900 persone (500 addetti ai passeggeri, 325 ai motori e solo 66, tra cui il capitano e 7 ufficiali di coperta, alla navigazione). Nel maggio 1911, al suo primo viaggio per l'America, l'Olympic nel porto di Manhattan bloccò e quasi affondò sotto la poppa il rimorchiatore O.L. Halenbeck.
Nel settembre dello stesso anno nel porto di Southampton la gigantesca nave (la cui dote principale non era evidentemente l'agilità) venne a collidersi con l'incrociatore corazzato Hawke. I due comandanti erano rispettivamente Edward J. Smith (comandante dal dubbio curriculum e che sarebbe passato alla storia come il comandante del Titanic) e Frederick Blunt della Royal Navy. Seguì un processo che attirò l'attenzione dei media e che ebbe una sentenza fumosa e compromissoria emessa il 19 dicembre 1911. Quel che contò fu che la White Star dovette pagare per l'errore di navigazione del proprio pilota. Una macchia che la White Star decise di cancellare il più presto possibile. La White Star non ebbe mai la fama di essere una compagnia con un codice professionale ed etico a prova di sospetto, e infatti un'altra delle leggende (o illazioni) sulla compagnia in questione riguardava la possibilità che ad affondare il Titanic fosse stato qualcuno della White Star stessa, dal momento che la nave era coperta un'assicurazione ultra-milionaria.
GLI UOMINI CHIAVE L'incidente con l'Hawke del 20 settembre 1911 avvenne proprio alla vigilia del primo viaggio inaugurale del Titanic, direzione New York (data prevista, il 20 marzo del 1912). L'incidente e la conseguente riparazione dell'Olympic causò un caos imprevisto nel porto di Belfast. La White Star comunicò che il ritardo del Titanic sarebbe stato di sole tre settimane (10 aprile). Un rischio, sicuramente. O una cosa impossibile da realizzare, come insinuarono molti.
La White Star era nata nel 1845 a Liverpool, in quel tempo il porto più importante del Regno Unito. Fondata da Henry Threlfall Wilson e dal socio John Pilkington, nemmeno sette anni dopo era una delle principali compagnie coinvolte nel commercio con il continente australiano. Figlio di Thomas Henry Ismay - presidente della Ismay, Imrie & company e uomo ricchissimo - J. Bruce venne allevato con affetto dal padre, che puntò molto sulla sua educazione.
Dopo un'infanzia nei migliori collegi d'Inghilterra, il giovane preferì evitare l'università. Dopo un anno vissuto in Francia studiando presso un insegnante privato, il ventenne J. Bruce cominciò il praticantato presso l'ufficio del padre. A 24 anni J.B. Ismay cominciò a lavorare per la White Star, a New York. Nel 1891 divenne socio della Ismay, Imrie & co. e vi lavorò fino alla morte del padre. Divenne dirigente della ditta e anche della White Star, dopo poco vendette la ditta e nel 1911 si accordò con degli americani per fondare la IMM (International, Mercantile Marine).
Uno dei soci, il principale, era J.P. Morgan, colui che fu il vero finanziatore e proprietario del Titanic. J.P. Morgan era uno degli uomini più ricchi del mondo. talmente ricco, da salvare gli stati Uniti dall'inadempimento per la convertibilità del dollaro in oro nel 1895. Figlio di Julius Spencer, commerciante, e di Juliet Pierpont, nacque a Hartford, Connecticut il 17 aprile 1837.
FORTUNATA... DISDETTA Morgan visse per parecchio tempo in Europa, dove seguì il padre per lavoro. Studiò in Inghilterra e Svizzera, frequentò l'università in Germania, a Gottingen nel 1856. Nel 1859 era di nuovo in America, a New Orleans, commerciante di cotone. Qualche anno dopo si buttava nell'industria ferroviaria, dominando tutto il mercato con la United States Steel. Tipico esempio del capitalismo pionieristico, morì nel 1913. Banchiere, filantropo e collezionista di opere d'arte, lasciò tutto il suo patrimonio artistico al Metropolitan Museum di New York.
Alla vigilia del fatale viaggio del Titanic, J.P. Morgan fece cancellare all'ultimo momento la propria partecipazione. William James Pirrie, presidente del consiglio di amministrazione della Harland & Wolff e dirigente della White Star, fu uno dei collaboratori più stretti di Morgan. Fu lui a convincere il miliardario a costruire le "olympic" unendo i facoltosi finanziamenti statunitensi con la conoscenza tecnologica navale britannica. Nato in Quebec nel 1847, figlio di James Alexander Pirrie e Margaret Montogomery, W.J. Pirrie studiò a Belfast, e lì cominciò a lavorare come apprendista alla compagnia di costruzioni navali Harland & Wolff nel 1862. In soli 12 anni divenne ne divenne una delle figure eminenti. Pirrie morì in mare nel 1924. E' impossibile documentare tutte le leggende, le voci e le ipotesi che gravitano intorno alla tragedia dell'affondamento del Titanic. Dopo il fatale 15 aprile 1912 fu un fiorire di aneddoti che miravano a sostenere la teoria che il Titanic fosse in qualche modo predestinato.
SEGNALI DI MALAUGURIO Bastino - in questa occasione - quattro significativi esempi sulla leggenda della maledizione del Titanic: 1) Il numero dello scafo del Titanic era 390904. Scrivendo a mano un quattro aperto e i nove senza la curva della stanghetta e mettendo il foglio di fronte ad uno specchio il numero si trasformerebbe nella frase "No Pope", e cioè "niente Papa". Un segno di malaugurio, sicuramente, per gli operai del cantiere di Belfast, in grande maggioranza cattolici, che non mancarono di lamentarsene con i dirigenti, e che continuarono i lavori solo dopo aver ricevuto assicurazione che si trattava di una coincidenza;
2) Una poetessa americana , il cui nome era celia Thaxter, nel 1874 scrisse un inno funebre su una nave che collideva con un iceberg;
3) Il giornalista e spiritualista britannico W.T. Stead ( e che morì a bordo del Titanic) scrisse ben due racconti a proposito di disastri sul mare - aggravati dall'assenza di scialuppe (uno dei motivi della tragedia del Titanic!) - uno dei quali accennava anche alla presenza di un iceberg;
4) Il racconto intitolato "Futility" a firma del mistico Morgan Robertson e pubblicato nel 1898 nel quale l'autore avanzava il problema della minaccia degli iceberg per le imbarcazioni che transitavano nel Nord Atlantico.
COMANDANTE SPERICOLATO Edward John Smith era noto alla marina mercantile con il nome di "E.J.". Nacque nel 1850 a Hankley, Staffordshire, nel centro dell'Inghilterra. A 13 anni lasciò la scuola per divenire apprendista a Liverpool per la Gibson & Company, compagnia di navigazione. Entrò nella White Star nel 1880 come ufficiale inferiore. Sette anni dopo, incredibilmente, era già comandante.
Dopo solo due anni di massima carica nel suo curriculum appariva il primo incidente: a guida del "Republic" si incagliò al largo di Sandy Hook, vicino a New York, il 27 gennaio 1889. In quell'occasione la nave restò immobile per cinque ore, con i passeggeri a bordo, e una volta libera subì un'esplosione alle caldaie che uccise tre uomini dell'equipaggio. Ancora due anni dopo, Smith fece incagliare il "Coptic" al largo di Rio de Janeiro, nel dicembre 1890. Dopo aver partecipato alla guerra contro i Boeri in Sudafrica ottenne decorazioni e il rango di comandante della Royal Naval Reserve (era questo il motivo per cui le sue navi sventolavano la bandiera blu della RNR e non quella rossa della Marina Mercantile Britannica. Nel 1901 era il comandante del "Majestic". A bordo di esso ci fu un incendio il 7 agosto del 1901, al largo del porto di New York. Dal 1904 Smith divenne comandante delle ammiraglie della White Star fino al termine della sua carriera. Fino al 1907 guidò il "Baltic", sul quale scoppiò un incendio nel bacino di Liverpool.
BIGLIETTI COSTOSISSIMI A bordo dell' "Adriatic" fu protagonista di un ennesimo incagliamento di cinque ore nel novembre del 1909. A bordo dell'Olympic Smith fu il responsabile dello scontro, cui abbiamo già accennato, tra l'"Olympic" e l'incrociatore "Hawke" nel 1911. Nonostante questi avvenimenti, Edward John Smith veniva considerato - a detta di tutti gli esperti di navigazione e dei vari comandanti - un personaggio "di alto rango", nonché "dagli ottimi precedenti". Il varo del Titanic avvenne il 31 maggio 1911, nello stesso giorno in cui l'Olympic partiva per il suo primo viaggio. Lo stesso giorno Giorgio V veniva incoronato re.
Costato 7 milioni e mezzo di dollari del 1912, il gigantesco secondo parto della serie "olympic" raggiungeva la velocità - impressionante per quella stazza - di circa 23 nodi. Lungo quasi 270 metri, aveva un timone che da solo pesava "più della Santa Maria", una delle tre mitiche caravelle di Cristoforo Colombo dirette verso il Nuovo Mondo. Il costo del biglietto - diviso in tre classi - andava dai 3100 dollari ai 32 dollari, e cioè dai 217 milioni di lire attuali ai due milioni e mezzo.
La partenza vera e propria, in occasione del viaggio inaugurale, avvenne a mezzogiorno del 10 aprile 1912, dal porto di Southampton. La grande nave uscì dal molo grazie all'intervento di sei rimorchiatori, ma già durante questa manovra rischiò di collidere con la nave di linea "New York". La disposizione dei passeggeri del Titanic seguiva un ordine alquanto rigoroso per tre classi. In un certo senso la nave assurse ad una sorta di microcosmo nel quale le divisioni di classe della società venivano riprodotte fedelmente.
Ai piani più alti, naturalmente, stava la prima classe. Saloni da ballo, ristoranti, sala fumatori, orchestra e veri appartamenti facevano da stridente contrasto con le piccole camere della seconda classe e le cuccette della terza. In terza classe c'erano moltissimi emigranti di tutte le nazionalità, ma soprattutto irlandesi: qualche borsa e molta speranza nelle possibilità del Nuovo Mondo: questo era tutto ciò che avevano. Nel gruppo della prima classe si trovavano i più facoltosi membri della nobiltà e della borghesia.
CROCIERA PER SUPER RICCHI Il primo viaggio del Titanic - pubblicizzato con una campagna senza precedenti - fu soprattutto un'occasione per coloro che venivano considerati "i nuovi ricchi" per poter sfoggiare il proprio benessere e la propria nuova condizione sociale. Tra i facoltosi americani vi erano personaggi come Emil Brandeis e Benjiamin Guggenheim. A bordo - come "semplice passeggero" - c'era anche J. Bruce Ismay, uno dei realizzatori del Titanic.
A quanto affermarono le cronache Ismay non aveva alcun ruolo sulla nave. Durante il processo che seguì al disastro si avanzò l'ipotesi che Ismay fosse uno dei responsabili, insieme all'accondiscendente comandante Smith, del fatto che il Titanic viaggiasse alla massima velocità. Ismay, sempre secondo questa teoria,
Al momento della collisione con l'iceberg, se il Titanic avesse viaggiato a velocità inferiore, avrebbe potuto evitare sicuramente l'impatto. |
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avrebbe spinto il comandante ad accelerare l'arrivo in America: l'approdo a New York con 24 ore di anticipo avrebbe costituito un richiamo pubblicitario irresistibile sui media, e avrebbe imbarazzato la concorrenza della Cunard.
Al momento della collisione con l'iceberg, se il Titanic avesse viaggiato a velocità inferiore, avrebbe potuto evitare sicuramente l'impatto.
Dopo l'ultimo addio all'Europa, lasciando il porto di Queenstown alle 13.30 dell'11 aprile, una cornamusa irlandese intonava "Il Lamento di Erin": la suonava un passeggero di terza classe, tale Eugene Daly. Da quel momento la nave si sarebbe diretto verso il mare aperto, che sarebbe stato da lì a qualche giorno la sua tomba.
Il Titanic avrebbe seguito una rotta lungo il nord dell'Oceano Atlantico, sfiorando le acque gelide a sud della Groenlandia. Questa zona diveniva pericolosa soprattutto in una condizione: quando la temperatura si alzava più del normale. In quel caso, enormi banchi di ghiaccio si staccavano dal continente e prendevano la via del sud. L'iceberg è una vera e propria montagna di ghiaccio. Può sembrare inverosimile, ma solo un ordigno nucleare è in grado - a tutt'oggi - di annientare un iceberg.
TELEGRAMMA MISERIOSO Queste imponenti montagne di ghiaccio vagano per l'oceano trascinandosi dietro un odore sgradevolissimo di putrefazione; mentre si sciolgono, infatti, vengono in superficie resti di carcasse e di fossili rimasti incagliati per chissà quanti anni. E' relativamente facile avvistare quindi un iceberg, per due motivi principali: il primo è quello dell'odore, il secondo è riferito alla sua capacità di riflettere la luce. Il vento, che quasi sempre spira in mare aperto, riflette facilmente la luce delle stelle e della luna.
Il giorno della tragedia, un'incredibile concatenazione di eventi impedì di avvistare in tempo l'iceberg assassino. Il 14 aprile, infatti, era una notte incredibilmente limpida, ma senza il minimo alito di vento. In più la mancanza totale della luna rivelava un magnifico cielo stellato, ma che sarebbe stato fatale. Per finire, l'aprile del 1912 fu caratterizzato da una primavera alquanto precoce. Da anni non si registrava in quella zona delle temperature così alte, cosa che portò ad una proliferazione considerevole di iceberg.
Alle 13.42 del 14 aprile, il comandante Smith ricevette un messaggio telegrafico importantissimo: il Baltic avvisava della presenza di enormi banchi di ghiaccio sulla rotta. Questo messaggio è uno dei grandi misteri del Titanic: Smith lo mostrò a Ismay, che lo tenne in tasca per ben cinque ore, senza che nessuno dei due si sentisse in obbligo di avvertire il resto dell'equipaggio.
Dopo quel messaggio, il Titanic ricevette almeno altri cinque avvertimenti nel corso della fatidica giornata del 14 aprile. Un altro elemento inquietante sarebbe quello che uno dei due avvistatori, tale Fleet, aveva comunicato per ben tre volte nell'arco di mezz'ora la presenza dell'iceberg, ma senza ottenere ascolto dagli ufficiali di turno Murdoch e Moody. La testimonianza di Fleet pare non sia mai emersa durante i processi che seguirono al disastro. Fleet , uno dei pochi sopravvissuti, avrebbe - si dice - ottenuto un congruo contributo dalla White Star affinché tacesse. L'uomo condusse una vita infelice fino al 1965 quando - all'età di 77 anni - si suicidò in occasione del trentennale del proprio addio al mare (aveva lavorato, in seguito al disastro, sull'Olympic). Il primo avvertimento giunse al Titanic dalla nave Caronia, di proprietà della Cunard.
QUEL TRAGICO GIORNO "Al capitano, Titanic - recita il verbale della trasmissione - navi dirette a ovest riferiscono presenza ghiacci; piccoli iceberg e banchi di ghiaccio a 42° nord da 49° a 51° ovest, 12 aprile. saluti - Barr". Il messaggio, risalente a due giorni prima, fu recapitato dal Titanic solo due giorni dopo, in piena zona di mare pericolosa. Il secondo avvertimento, il più importante, arrivò - come detto - ad opera del Baltic, alle 13.42 dello stesso giorno 14: "Al capitano Smith, Titanic - questo il testo - Avuti venti moderati, variabili, tempo bello e scoperto dalla partenza. Motonave greca Athinai riferisce passaggio iceberg e grandi quantità banchi di ghiaccio oggi a 41° 51' lat. N e 49° 52' long. O. Auguri a lei e al Titanic - il comandante".
Questo messaggio rimase incredibilmente in mano di Ismay fino alle 19.15, poche ore prima del disastro. Alle 19.30 un altro messaggio arrivò al Titanic: la Californian comunicava all'Antillian la presenza di tre grossi iceberg a cinque miglia a sud della nave (posizionata a 42° 3' lat N, e 49° 9' long. O). Alle 21.40, ora in cui il comandante Smith si ritirò nel suo alloggio, la Mesaba comunicava al Titanic un avvertimento specifico:
"Da Mesaba a Titanic e a tutte le navi dirette a est. Presenza di ghiacci alla latitudine di 42° N a 41° 25' N, long. 49° a 50° 30' O. Avvistati grossi pack di ghiaccio e vari iceberg. Anche banchi di ghiaccio. tempo buono, scoperto." L'area era precisamente quella dove il Titanic navigava.
"Da Mesaba a Titanic e a tutte le navi dirette a est. Presenza di ghiacci alla latitudine di 42° N a 41° 25' N, long. 49° a 50° 30' O." |
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Non si sa se questo importantissimo messaggio arrivò al comandante Smith, quello che è certo è che la nave non diminuì di un nodo la propria velocità sostenuta. Il sesto avvertimento avvenne alle 22.30 dalla Rappahannock, una nave da carico britannica che passava poche miglia più a nord e si dirigeva ad est. danneggiata dal ghiaccio nel timone avvertiva il Titanic del pericolo. il Titanic rispondeva così: "Messaggio ricevuto. Grazie. Buona notte." Venticinque minuti più tardi il Californian comunicava direttamente al Titanic: "Bloccati e circondati dal ghiaccio...", ma venne interrotto prima di poter chiarire la propria posizione.
ORE 23.40: LA COLLISIONE Secondo le due vedette - il già citato Frederick Fleet e Reg Lee - verso le 23.30, e cioè solo dieci minuti prima dell'impatto con l'iceberg, una leggera nebbia si alzò davanti alla nave. Da quella foschia sarebbe apparsa improvvisamente la morte, nella forma di "una massa nera, leggermente più alta della sommità del castello di prua." All'avvertimento di Fleet, il timoniere Robert Hitchens, 30 anni, al timone dalle ore 22.00 girò la ruota al massimo, tentando una virata a sud di 40°. Il tentativo era quello di passare improvvisamente a sinistra dell'iceberg, sfiorandolo con il fianco destro della nave.
Per ordine del comandante i motori che viaggiavano a pieno ritmo furono prima interrotti, per poi fare - con eguale potenza, tutta "macchina indietro". Il risultato fu una sorta di frenata in curva. Dall'avvertimento all'impatto ci furono solo 450 metri, una misura irrisoria soprattutto in campo marittimo. Durante le prove il Titanic dimostrò di saper arrestarsi in 780 metri, quando procedeva alla velocità di 20 nodi. Quello che avvertirono i passeggeri al momento dell'impatto dipese dal luogo dove si trovarono.
Molti dissero che sembrava "una catena fatta scorrere sul verricello". altri ebbero l'impressione che si fosse realizzato uno "scontro con un'altra nave", altri ancora parlarono di uno "stridente suono metallico", altri di "un rumore sordo" o "un boato simile a un tuono". Molti pensarono che si fosse staccata una parte di elica, eventualità che accadeva abbastanza spesso durante i viaggi del tempo. Quel che appariva certo era che il Titanic (alle fatidiche coordinate 41° 46' lat. N e 50° 14' long. O) si era schiantato irrimediabilmente contro una montagna di ghiaccio. Per cinque minuti dopo l'impatto la nave arretrò . Venti minuti dopo, il comandante E.J. Smith aveva la piena convinzione che il Titanic era perduto. Cinque compartimenti stagni della nave si erano allagati in pochissimo tempo. Se se ne fossero allagati quattro la nave avrebbe potuto tentare di proseguire verso la salvezza. Alle ore 00.05 di lunedì 15 aprile il pavimento del campo di squash sul ponte F era allagato fino a 10 metri al di sopra della chiglia.
MORTE CON RAG TIME L'acqua gelida del Nord Atlantico che entrava nella sala caldaie (dove logicamente la temperatura era altissima) provocava esplosioni a catena. L'appello del Titanic venne captato da sedici navi, ma la più vicina - la Carpathia -- era a non meno di quattro ore di distanza, anche ricorrendo alla massima velocità. Il Titanic sarebbe affondato in meno di due ore. Sul Titanic, per quanto possa sembrare incredibile, non esistevano altoparlanti; la notizia del disastro fu comunicata ai passeggeri quindi dai camerieri e dall'equipaggio.
Per calmare la gente, l'orchestra del Titanic - composta di otto membri e diretta da Wallace Hartley, di Colne, Lancashire - cominciò a suonare un ragtime nel salone della prima classe, poco dopo la mezzanotte. Tutti gli orchestrali non avrebbe smesso di suonare fino al completo affondamento della nave, pienamente consci di essere sul punto di morte. Alle 00.25 il comandante Smith diede l'ordine di preparare le scialuppe e di far salire per primi le donne e i bambini. Alle scialuppe è legato uno dei fatti più incredibili e tragici della leggenda del Titanic: al tempo non era obbligatorio che le navi avesse un numero di scialuppe tale da poter accogliere tutti i passeggeri.
Il lussuoso Titanic in origine le aveva, ma per una ragione estetica e di spazio sui ponti si preferì portarne di meno.
Solo metà dei passeggeri, in caso di pericolo, avrebbe potuto salvarsi, una considerazione, questa, che non preoccupò gli uomini della White Star Line, convinti dell'inaffondabilità del Titanic. Questo aspetto, legato al fatto che - in conseguenza del panico - molte scialuppe vennero calate con pochissime persone a bordo, causò un numero di vittime maggiore di quello preventivato. Dal disastro del Titanic si sarebbero salvate solo 700 persone su 1500. Di coloro che finirono nel gelido mare (la temperatura intorno alla nave era di -2° C, letale per qualsiasi essere umano che vi rimanesse anche per pochi minuti), solo sei persone vennero ripescate. Delle scialuppe che si allontanarono velocemente dalla nave che affondava, per paura di essere risucchiate, solo una tornò sul luogo per accertarsi che ci fossero sopravvissuti.
DINAMICA DELL'AFFONDAMENTO Su una di quelle scialuppe, nascosto come un ladro, c'era nientemeno che J. Bruce Ismay, che era riuscito a farsi strada a spintoni tra i pochi
Delle scialuppe che si allontanarono velocemente dalla nave che affondava, per paura di essere risucchiate, solo una tornò sul luogo per accertarsi che ci fossero sopravvissuti |
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uomini che poterono salvarsi per ultimi. L'orgoglioso realizzatore del Titanic, colui che spingeva Smith affinché la nave andasse a pieno ritmo per dimostrare la propria potenza, giaceva infreddolito in mezzo al mare osservando all'orizzonte il suo gioiello affondare nel silenzio. La dinamica dell'affondamento del Titanic fu impressionante. Avendo scontrato l'iceberg nella parte anteriore destra e poi lungo buona parte del fianco, il Titanic cominciò ad imbarcare acqua a prua.
La nave si inclinò quindi in avanti, sollevando in modo impressionante la poppa. Le cronache narrano di una scena apocalittica: centinaia di persone cercavano di evitare la fine "scalando" la coperta della nave diretti verso la poppa che si alzava sempre più. Arrivata ad una certa inclinazione il Titanic - come se fosse un grissino - si spezzò nell'esatta metà. e la parte posteriore ricadde orizzontalmente sullo specchio d'acqua. In pochi secondi la parte di poppa tornò ad alzarsi verticalmente, per poi affondare come se fosse un palo a velocità impressionante. Alle ore 2.30 del 15 aprile 1912 il Titanic, martoriato, giaceva in silenzio sul fondo dell'Oceano Atlantico.
Dei 711 superstiti, 203 erano di prima classe, 118 di seconda e 178 di terza; a ciò si aggiungano 212 membri dell'equipaggio. Sopravvissero il 33% degli uomini e il 97% delle donne di prima classe, l'8% degli uomini e l'86% delle donne di seconda classe, il 16% degli uomini e il 46% delle donne di terza classe. Il Carpathia arrivò sul luogo del disastro quattro ore dopo l'impatto tra l'iceberg e il Titanic. Comandante della nave della rivale della White Star Line, la Cunard, era Arthur Henry Rostron, che sarebbe passato alla storia come uno degli incontrastati eroi della vicenda. Il suo atteggiamento fu indubbiamente deciso e la sua capacità di comando fu improntata alla massima efficienza. Il Carpathia comparve all'alba del 15 aprile 1912, fortunatamente semivuota poiché stava compiendo il viaggio di ritorno dal Nuovo Mondo. Diretta verso lo stretto di Gibilterra fece marcia indietro e si diresse a tutta velocità verso il luogo del naufragio.
SPAVENTOSA ALBA Erano le 00.25. L'ultimo messaggio inviato dal Titanic al Carpathia avvenne alle ore 1.55 del mattino e fu "Sala macchine piena fino alle caldaie". Rostron ordinò di limitare le luci e riscaldamento all'interno della nave, poiché tutta l'energia sarebbe servita ad aumentare la velocità. nel frattempo fece sgomberare il ponte della nave, liberando anche il minimo spazio ingombrato da oggetti superflui. Venne preparata una sala per i medici a bordo, nonché coperte e cibo caldo.
La scena che si presentò al Carpathia quella maledetta alba del 15 aprile fu indimenticabile: le minuscole scialuppe sopravvissute galleggiavano silenziose in un'area estesissima, dove dominavano almeno due dozzine di enormi iceberg alti più di 60 metri. Come scrisse Rostron, "non galleggiava in superficie nemmeno un frammento del relitto, forse un paio di sedie a sdraio, qualche cintura di salvataggio, molto sughero ma niente di più di quei resti che spesso vengono trascinati sulla spiaggia dalla marea. La nave era affondata trascinando tutto con sé. Ho visto un solo cadavere in acqua, nessuno era riuscito a sopravvivere in quel mare gelido."
L'ultimo resto del Titanic, il canotto A, venne avvistato e raccolto da una nave della White Star il 13 maggio: vi erano a bordo tre cadaveri che vennero sepolti in mare dopo un'orazione funebre. Per anni, fino al 1985 quando una spedizione franco-americana avvistò i resti del Titanic, si favoleggiò delle immense ricchezze che sarebbero rimaste nelle casseforti della grande nave. Le ricerche stabilirono che nulla era rimasto, e che forse non aveva poi molto senso continuare a violare un luogo legato alla tragedia di tanti innocenti.
Da decenni ormai il Titanic giace, finalmente in pace, sul fondo dell'Oceano Atlantico. Libero dalla cupidigia degli uomini, può oggi riposare nel suo scheletro spezzato il lontano ricordo di quella possanza che lo fece apparire invincibile quella mattina di aprile del 1912, nel porto di Belfast. In fondo al mare, nell'assordante silenzio che regna tra i lussuosi saloni da ballo della prima classe, risuona solo il canto funebre di una delle più grandi sconfitte tecnologiche dell'uomo.
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