Il partito comunista americano è tuttora presente nella scena politica statunitense, anche se assolutamente minoritario. La storia di questo partito viene da lontano, dagli anni del capitalismo rampante di inizio Novecento e dall'eco della presa del potere bolscevico
in Russia nel 1917.
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Alla fine della Prima guerra mondiale gli Stati Uniti d'America si rivelano al mondo come una grande potenza politico-militare ed economica. Negli anni del conflitto, grazie alle continue ordinazioni militari, vengono raddoppiati gli investimenti nell'industria manifatturiera, mentre triplica il valore della produzione industriale (dai 23,9 miliardi di dollari ai 62 miliardi). I progressi sono enormi anche dal punto di vista commerciale. Gli Usa, da paese principalmente debitore, si trasformano in paese creditore (ben 10 miliardi di dollari di prestito agli alleati), mentre si impennano anche le esportazioni estere.
All'interno lo sviluppo economico è accompagnato dalla ulteriore concentrazione monopolistica nei settori strategici dell'industria manifatturiera e mineraria. In quella petrolifera, ad esempio, a dominare sono i Rockefeller, i Morgan e i Mellon. Sono questi monopolisti che avviano la conquista del mercati esteri per lo sbocco della produzione, per la ricerca di materie prime e l'investimento di capitali, anche nella lontana Siberia.
È in questo Paese, simbolo del capitalismo giovane, vincente e senza frontiere, che giunge l'eco della presa del potere bolscevico nel 1917. E vi arriva sia come nuova minaccia internazionale al modello americano che deve essere isolata, se non schiacciata, sia come pericolo di sovversione interna nei confronti della quale governo e industriali non fanno sconti. È in questo Paese che nasce il piccolo Partito comunista degli Usa, tutt'ora presente, anche se fortemente minoritario, nello scenario politico statunitense.
L'intervento anti-sovietico e gli arresti in Usa
A partire dal 1918, e fino a gran parte del 1922, le truppe dell'Intesa danno il via all'attacco contro la neonata Repubblica dei Soviet con lo scopo di aiutare le forze controrivoluzionarie. Accanto a quelle francesi, inglesi e giapponesi agiscono anche le truppe statunitensi (18.000 in totale) che in estate sbarcano a Murmansk (Russia settentrionale) e a Vladivostock (Estremo Oriente), con la motivazione ufficiale della protezione delle basi delle armate antisovietiche. Notevoli sono gli aiuti che giungono alle forze "bianche": denaro, armi, munizioni e attrezzature varie.
Nelle zone controllate dall'Intesa si segnalano depredazioni di merci preziose, requisite come compensazione per le spese di occupazioni, ed episodi di violenza e dura repressione. Si calcola che nei soli territori del nord russo le merci sottratte abbiano raggiunto il valore di un miliardo di rubli-oro. E il comportamento delle forze Usa non si discosta da quello degli alleati, come testimonia il generale Graves: "le crudeltà erano tali che esse indubbiamente saranno ricordate e verranno raccontate tra il popolo russo anche a cinquant'anni di distanza dal loro compimento. Gli Stati Uniti d'America si sono attirati l'odio del 90 per cento della popolazione in Siberia".
Negli Usa, poco prima della fine del conflitto mondiale e sull'onda della rivoluzione bolscevica, il Congresso aveva approvato una legge che prevedeva la deportazione e l'espulsione degli stranieri che assumevano posizioni ostili al governo e alla proprietà privata. La paura, presunta o effettiva che fosse, è quella del contagio interno. Così nel dicembre del 1919 sono arrestati 249 stranieri di origine russa per essere imbarcati ed espulsi verso la Russia sovietica. Un mese dopo sono circa quattromila le persone che vengono arrestate su tutto il territorio americano, imprigionate a lungo e, infine, deportate. Un giudice federale spiega così le reali motivazioni di questo agire: le pene "furono applicate per dare una visibilità spettacolare all'operazione e per fare pensare che realmente esisteva un pericolo grave e imminente", e gli stranieri arrestati erano il più delle volte "dei lavoratori perfettamente calmi e inoffensivi".
Conflittualità operaia
L'immediato dopoguerra negli Usa è caratterizzato da una forte ripresa del movimento rivendicativo operaio. Alla base ci sono il peggioramento delle condizioni di vita, l'aumento della disoccupazione in seguito alla smobilitazione dell'esercito e l'attacco degli imprenditori ai diritti conquistati nell'industria durante lo sforzo bellico (controllo dei prezzi, riconoscimento dei sindacati, giornata lavorativa di otto ore, ecc.). Nel 1919 si contano circa 3600 scioperi con la partecipazione di più di 4 milioni di lavoratori che richiedono, saltando spesso le moderate dirigenze sindacali, la giornata lavorativa di otto ore, aumenti salariali in linea con il forte aumento del costo della vita, il riconoscimento dei sindacati e la contrattazione collettiva. Nel febbraio Seattle è teatro di uno sciopero generale con un Comitato operaio che assume il governo della città e con guardie operaie impegnate a mantenere l'ordine. Per farlo rientrare serve la sconfessione dei capi sindacali, che ne denunciano l'illegalità, e l'intervento delle truppe su richiesta del sindaco.
Nel luglio successivo da Chicago, Boston Filadelfia e Denver parte lo sciopero dei lavoratori delle ferrovie che via via si trasforma in generale. Le richieste presentate dai lavoratori, contenute nel "Piano Plumb", prevedono la nazionalizzazione delle ferrovie e la presenza nella loro direzione di rappresentanti dei sindacati. Ma quello più imponente, anche per le conseguenze provocate, è lo sciopero degli operai dell'industria dell'acciaio diretti da William Foster che, a partire dal settembre, coinvolge 365.000 lavoratori. Governo federale e trust dell'acciaio rispondono duramente dichiarando lo stato di emergenza in Pennsylvania e nell'Indiana, concentrando reparti di polizia e organizzando squadre speciali formate da veterani di guerra e da 25.000 uomini arruolati dagli industriali. A novembre incrociano le braccia anche mezzo milione di minatori. Il presidente Wilson dichiara illegale lo sciopero e il ministro della giustizia Palmer minaccia di mettere in campo dure misure repressive. I minatori non hanno alternativa alla resa, mentre la resistenza dei lavoratori dell'acciaio continua fino al gennaio del 1920, spezzata solo da migliaia di arresti. A resistere sono stati, soprattutto, operai immigrati di ben 36 nazionalità e non qualificati, i più disponibili alla lotta e i meno "condizionati" dalla politica collaborativa delle élites sindacali e operaie.
Di fronte alla ripresa della conflittualità operaia il presidente Wilson convoca una conferenza industriale per proporre ai capi moderati della American Federation of Labour, la più grande organizzazione sindacale, e ai rappresentanti dell'impresa un accordo di collaborazione fra capitale e lavoro sulla base della costituzione nelle industrie di uffici misti di delegati sindacali e degli imprenditori. L'iniziativa non viene accolta dagli industriali che mirano alla totale liquidazione dei sindacati.
Sulla scia della lotta contro il comunismo e il pericolo rosso nello stato di New York viene istituita una Commissione di inchiesta sul bolscevismo che, sotto la presidenza del senatore Lask, scatena una violenta campagna antisovietica, mentre il Congresso stanzia ben 3 milioni di dollari per estirpare il radicalismo. La lotta al movimento operaio è condotta anche da organizzazioni paramilitari, formate da veterani di guerra, come la "Legione americana". Nell'aprile del 1920 il Parlamento dello Stato di New York espelle cinque dei suoi membri perché socialisti. Un atto talmente antidemocratico da scatenare l'indignazione dell'ex presidente della Corte Suprema Charles E. Hughes: "Questo non è, secondo il mio giudizio, un governare all'americana. Considero un errore gravissimo procedere non contro individui imputati di aver violato la legge, ma contro gruppi di nostri concittadini, che abbiano unito le proprie forze in una determinata azione politica, negando loro l'unica risorsa di un governo pacifico: cioè l'azione mediante l'espressione del voto e mediante rappresentanti debitamente eletti in organi legislativi". La protesta, per quanto autorevole, non impedisce che anche altrove vengano prese misure simili.
Lotta in difesa dei soviet
Mentre le truppe sono impegnate nell'intervento per arginare la minaccia comunista, nel Paese si segnalano, tra le schiere dei lavoratori, episodi di solidarietà nei confronti dell'aggredito.
Sorta di soviet - in realtà comitati sindacali che non si ponevano come organi rivoluzionari - sono creati, sull'onda della campagna internazionale "Giù le mani dalla Russia", a Butte, Portland, Seattle e in altre città sotto la spinta dell'ala sinistra del Partito socialista e della Lega di propaganda socialista. Quest'ultima è un'organizzazione fortemente internazionalista e antimperialista che gode delle simpatie di Lenin.
Nel 1919 prende vita la Lega degli amici della Russia sovietica che si pone come obbiettivo, attraverso mezzi legali come l'appello diretto al popolo, il ritiro di tutte le truppe statunitensi dalla Russia e il riconoscimento del governo sovietico come unico e legittimo rappresentante del popolo russo. Anche un "vecchio leone" del socialismo a stelle e strisce come Eugene Debs esprime la sua simpatia nei confronti della repubblica sovietica: "Lenin è stato l'uomo richiesto dal momento, e sotto la sua coraggiosa, incorruttibile ed energica direzione, il proletariato russo ha resistito contro gli attacchi uniti di tutte le forze delle classi dominanti della terra. È questo uno spettacolo meraviglioso. Esso commuove e riscalda il cuore di ogni rivoluzionario, suscita l'ammirazione del mondo intero".
Diverso e ben più moderato l'atteggiamento della American Federation of Labour. Nel suo congresso del giugno del 1919 ad Atlantic City, accanto alla richieste della democrazia nell'industria, del diritto degli operai a organizzarsi, della giornata lavorativa di otto ore, di un salario decoroso e della parità salariale tra uomini e donne, ammonisce gli operai a non creare un partito politico rivoluzionario autonomo. La linea confermata è, dunque, quella tradizionale dell'apoliticità del movimento operaio. Nei confronti della Russia sovietica, su decisione del Comitato Esecutivo, ci si limita a chiedere al presidente Wilson il ritiro delle truppe ma, al contempo, di non riconoscerne il governo fino a quando non sarà instaurata "una forma veramente democratica" di potere. Ad uscire sconfitti sono delegati come quelli delle associazioni operaie di Seattle che, invece, proprio sul riconoscimento avevano chiesto l'indizione di un referendum interno.
A cogliere negli Usa l'invito leninista all'unione delle forze rivoluzionarie è, dunque, una parte minoritaria del movimento socialista. Quando il 24 gennaio del 1919 viene pubblicato l'appello per la costituzione della Terza Internazionale tra i partiti comunisti firmatari c'è il Partito Socialista Operaio Americano, mentre solo la sua ala sinistra sarà presente alla costituente dell'Internazionale convocata a Mosca il 2 marzo successivo.
I comunisti si organizzano
E, sul fronte interno, è ancora l'ala sinistra del Partito socialista a rappresentare la forza propulsiva per la diffusione del marxismo rivoluzionario e la fondazione del partito comunista. Numerose sono le riviste e i giornali di chiara ispirazione rivoluzionaria che compaiono sotto la sua influenza e che permettano la diffusione dei testi completi di Marx, Engels e Lenin: "The Class struggle", "The Communist", "The Revolucionary Age", "The Proletarian" e "The Socialist News". Tra questa la più importante, anche per il ruolo di organo ufficiale della sinistra socialista, è "The Revolucionary Age", diretta da John Reed che, tornato dalla Russia sovietica, pubblica i Dieci giorni che sconvolsero il mondo e si rivela un instancabile propagandista nei maggiori centri industriali statunitensi.
L'attività di propaganda e l'impegno profuso portano comunque i primi importanti risultati. Alle elezioni del Comitato Esecutivo del partito socialista del maggio del 1919, sono proprio i rappresentanti dell'ala sinistra a ottenere una significativa maggioranza di consensi: Jonh Reed ben 17.523 voti e Charles Ruthenberg oltre i 10.000, mentre i moderati Hillquit e Berger restano sotto i cinquemila. In precedenza un sondaggio fra gli iscritti aveva mostrato come la quasi totalità fosse favorevole all'ingresso nell'Internazionale comunista. Ma il risultato è quello della esclusione dal Partito dei rivoluzionari, insieme alle sezioni che li avevano appoggiati. Un "chiarimento" interno forzato che coinvolge la metà dei centomila iscritti e che apre la strada alla costituzione del partito comunista.
Nel giugno del 1919 i "dissidenti" si riuniscono a New York e approvano un manifesto di solidarietà con i principi dell'Internazionale comunista, mentre il 31 agosto successivo a Chicago i sostenitori di John Reed, cacciato nuovamente dal congresso socialista, fondano il Partito Operaio Comunista d'America, forte di diecimila membri. L'altro gruppo rivoluzionario capeggiato da Ruthenberg, composto prevalentemente di operai di origine straniera (russi, polacchi, lituani, ucraini, estoni, ungheresi e lettoni), l'1 settembre fonda il Partito Comunista d'America, con 58.000 iscritti. Entrambi i partiti approvano la decisione di aderire all'Internazionale comunista.
E subito scatta la repressione da parte delle autorità. L'intervento esterno anti-sovietico è accompagnato sul fronte interno dalla mano dura contro i "rossi". L'8 ottobre successivo, infatti, durante un comizio indetto per l'anniversario della rivoluzione russa, vengono arrestate centinaia di persone e, pochi giorni dopo, a Cleveland la polizia distrugge la sede del Comitato Centrale del Partito Operaio Comunista. Nel gennaio del 1920 una retata generalizzata si conclude con l'incarcerazione di diecimila persone, tra le quali la maggior parte dei dirigenti dei due partiti comunisti.
La forzata clandestinità non ferma, anzi richiede, il processo di organizzazione e rafforzamento dei comunisti, tanto che nel maggio del 1920, nel congresso dei due partiti, si decide la costituzione del Partito Comunista Unificato. Alla guida dei soli 12.000 aderenti è chiamato Charles Ruthenberg, ancora rinchiuso in carcere. La necessità di tenere e ampliare i contatti con i lavoratori porta il neo-segretario alla decisione di costituire un movimento in grado di agire nella piena legalità. Così, nel dicembre del 1921 a New York, i rappresentanti di diverse organizzazioni operaie fondano lo "Workers Party of America" al quale partecipano tutti i movimenti rivoluzionari del paese, singoli attivisti del Partito socialista e della storica organizzazione internazionalista degli IWW (Industrial Workers of the World), da sempre duramente perseguitata dalla autorità per le sue posizioni internazionaliste e pacifiste.
Per il movimento operaio è un periodo difficile per la difesa del livello di vita dei lavoratori ma anche per la propria esistenza come organizzazione. Agli scioperi si risponde ancora con lo schieramento della Guardia Nazionale, di mercenari armati e con la dichiarazione dello stato di emergenza (scioperi dei ferrovieri e dei minatori nel 1922). Il numero degli iscritti alla American Federation of Labour passa dai 4,79 milioni del 1920 ai 2,92 del 1923.
I comunisti portano avanti anche la lotta in favore della Russia sovietica, attanagliata dalla carestia e dal blocco internazionale, grazie alla sviluppo di Comitati di soccorso e alla costituzione di un fondo di assistenza. Un ruolo di primo piano, nell'opera di propaganda e di denuncia del comportamento internazionale degli Usa, è ricoperto dalla Lega degli amici della Russia sovietica, diretta da importanti esponenti del movimento operaio americano come Foster, Engdhal ed Elizabeth Flynn.
Con l'uscita dalla clandestinità nel 1923 riprende, in pieno indebolimento del movimento operaio, il processo di aggregazione comunista. Nell'aprile lo Workers Party e il Partito Comunista d'America si fondono per costituire un unico partito che due anni più tardi prenderà la denominazione di Partito Operaio Comunista degli Stati Uniti d'America, con 25.000 aderenti. Militanti che si assunsero, come sottolineò il segretario Ruthenberg, "un compito che forse era adatto solo alle spalle di Ercole". Lo dimostrerà, due decenni più tardi, la nuova ondata repressiva anticomunista: il maccartismo.
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BIBLIOGRAFIA
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Storia del popolo americano, di H. Zinn - Il Saggiatore, Milano 2005
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La nascita di una potenza mondiale, di J. L. Thomas - il Mulino, Bologna 1999
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Gli Stati Uniti contemporanei, di B. Cartosio - Giunti, Firenze 2002
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Le XX siècle americain, di H. Zinn - Agone, Marsiglia 2003
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Storia universale, Accademia delle Scienze dell'Urss, vol. 9 - Teti Editore, Milano, 1975
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