Campione dei pesi massimi nel 1933,
il "gigante buono" è ancora
un mito della boxe mondiale. Il fascismo lo usò come simbolo di forza
del regime, i manager lo ridussero alla fame
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PRIMO CARNERA,
CENTOVENTI
CHILI
DI INGENUITA'
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26 giugno 1933: Primo Carnera batte per K.O. Jack Sharkey in sei riprese e diventa campione del mondo dei pesi massimi di pugilato. La sua prima dichiarazione ad un giornalista del "Corriere della Sera" è: "Offro questa vittoria al mondo sportivo italiano, giubilante e orgoglioso di aver mantenuto la promessa fatta al duce". E' un momento d'oro per il discusso pugile italiano come è un momento d'oro per la propaganda fascista attraverso lo sport: un mese dopo la vittoria di Carnera Italo Balbo porterà a termine la sua trasvolata atlantica, nel1934 l'Italia vincerà i campionati del mondo in Francia, mentre nel '32 gli atleti in camicia nera si erano molto ben comportati alle Olimpiadi di Los Angeles. Ma Primo Carnera si renderà conto ben presto di quanto sia effimera la sua gloria. La storia di Primo Carnera è una storia difficile da raccontare in tutte le sue sfumature, ma proprio per questo è una storia che merita di essere raccontata. Il gigante di Sequals, così era soprannominato, divise il pubblico della sua epoca come pochi altri personaggi sportivi e soprattutto fu tanto amato dalla gente quanto denigrato dalla critica pugilistica; se sessanta anni dopo le sue imprese ancora se ne parla probabilmente avevano ragione i suoi estimatori. Primo Carnera era un colosso alto più di due metri che pesava 120 chili e come tale capace di sprigionare una forza che nessuno dei suoi avversari poté mai eguagliare; ma era anche un uomo molto buono, troppo forse, e di un'ingenuità disarmante e questa fu la causa di tutti i suoi problemi sia sportivi sia economici. In effetti, il pugile italiano non imparò mai a salire sul ring e lì sprigionare tutta la sua forza, quasi per timore di fare troppo male all'avversario. Inoltre si affidò alle mani di due manager abilissimi sia nell'organizzargli gli incontri giusti, sia nel sottrargli denaro senza che lui se ne accorgesse. Carnera nasce il 26 Ottobre 1906 a Sequals, a quaranta chilometri da Udine, e rimase in Friuli fino a diciotto anni quando decise di trasferirsi presso alcuni parenti in Francia, vicino Le Mans speranzoso di poter svolgere con maggiore profitto il suo lavoro di falegname. Fino allora Carnera non aveva mai pensato alla boxe e fu soltanto per le grandi insistenze dello zio che lo ospitava in Francia che accettò di confrontarsi con un dilettante locale, per giunta perdendo nettamente quell'incontro. Dopo questo episodio dovrà trascorrere ancora parecchio tempo per rivedere il gigante friulano sul ring e, soprattutto, la strada che lo condurrà verso il pugilato sarà molto originale. Insoddisfatto della paga che riceveva dai suoi parenti Carnera accettò l'offerta del gestore di un modesto circo e cominciò a girare per la Francia al suo seguito facendo da vero e proprio fenomeno da baraccone; il suo "datore di lavoro" metteva in palio forti somme per chi riuscisse a mettere al tappeto il suo gigante in un incontro di lotta libera e Carnera non faceva altro che atterrare i malcapitati che se la sentivano di rischiare i connotati nelle varie fiere di paese. Curiosamente il soprannome con cui il futuro pugile veniva presentato alla folla era Juan lo spagnolo. Fu proprio nel suo lungo peregrinare per le fiere d'oltralpe che Carnera fece l'incontro che cambiò definitivamente la sua vita: dopo quasi tre anni di pellegrinaggio il gigante fu notato ad Arcachon da Paul Journée, un ex campione francese dei pesi massimi, che lo invitò a frequentare la sua palestra ed a prendere lezioni di pugilato da lui. Carnera lo ascolta, abbandona il circo, dove gli affari cominciavano ad andare male, e comincia ad allenarsi alacremente, mantenendosi tornando a fare il falegname. I suoi miglioramenti sono rapidi e costanti, Journée è un ottimo maestro e ben presto segnala Carnera ad uno dei più capaci manager di boxe esistenti in Francia, Lèon See. Alcuni anni dopo in un suo libro Léon See confesserà di non aver intravisto subito le enormi potenzialità di Carnera e di avere accettato di prenderlo nella sua scuderia più per le insistenze del suo amico Journée che per reale convinzione nei mezzi del gigante Italiano. Comunque Carnera si trasferì a Parigi e qui imparò davvero a fare il pugile e cominciò una carriera destinata a raggiungere il suo apice con la conquista del titolo mondiale dei pesi massimi. Presto il nome di Primo Carnera divenne famoso dapprima in Francia poi anche in Inghilterra ed in tutta Europa; curiosamente l'unico paese dove il colosso non si affermò completamente fu proprio l'Italia, quell'Italia fascista che in seguito farà di Carnera uno dei suoi simboli più prestigiosi. Nel 1928, ormai già famoso, Carnera combatte per la prima volta in Italia, a Milano, contro un pugile di colore, un tele Epifanio Islas, e vince senza patemi un combattimento che dà a molti l'impressione di essere truccato, come peraltro molti altri di Carnera e non solo; in effetti, Lèon See fu sempre molto attento a non vedersi bruciare il suo pupillo a causa di inopinate sconfitte contro pugili di secondo piano e fece in modo ogni volta che gli fu possibile di essere certo del risultato del match prima che i contendenti incrociassero i guantoni. Carnera comunque fu sempre all'oscuro delle trame del suo protettore, si ricordi che la sua ingenuità è passata alla storia tanto quanto la sua mole, e in ogni caso gli incontri che Carnera vinse regolarmente furono molti e quasi tutti di ottimo livello. Comunque il giorno dopo l'incontro di Milano i giornali italiani parlarono di truffa e si rivelarono molto scettici sulle reali possibilità di carriera del gigante di Sequals; anzi proprio in quell'occasione cominciò a circolare un soprannome che ritornerà spesso nella storia di Primo Carnera: "torre di gorgonzola". Questo episodio è uno dei più significativi della vita agonistica del grande peso massimo e lasciò in lui una profonda amarezza perché Carnera, come capita spesso agli emigranti, si sentirà sempre molto legato alla sua terra d'origine, ma dall'Italia non ricevette sicuramente quanto si sarebbe aspettato. Alcuni anni dopo, quando si era già affermato in America, la Francia rivendicò l'appartenenza di Carnera al suo popolo e il gigante friulano fece di tutto per riaffermare la sua italianità dichiarandosi anche disposto a sospendere la sua attività pugilistica per svolgere regolarmente il servizio militare in patria (si badi che all'epoca il militare durava ben due anni); in effetti la Francia basava le sue pretese su una richiesta di cittadinanza fatta a nome di Carnera dal suo ex datore di lavoro che ne avrebbe tratte delle agevolazioni fiscali, ma in realtà tale richiesta era priva di valore perché il diretto interessato era all'oscuro di tutto; il punto è che al momento di risolvere la diatriba scese in campo Mussolini in persona per salvaguardare un così formidabile portabandiera del fascismo nel mondo, ma lo stesso Mussolini quando Carnera finì in disgrazia fu lesto a prenderne le distanze. Come si è già accennato Carnera, dopo essersi costruito una solida fama in Europa fu pronto per il grande salto che doveva finalmente decretarne il definitivo successo: la "conquista" dell'America. Al suo arrivo naturalmente fu accolto da uno scetticismo diffuso perché nessuno pensava che un gigante di quelle dimensioni potesse sostenere un combattimento con i grandi pugili del tempo; nessuno discuteva la potenza del friulano, ma la boxe è anche uno sport di tattica, di agilità e di velocità. Effettivamente Carnera non si presentava bene al primo sguardo; le sue gambe erano troppo grosse e piene di varici, aveva una mascella mastodontica che pareva destinata a crollare sotto i colpi dell'avversario ed il suo sguardo buono e non troppo sveglio non deponeva neanch'esso a suo favore. Insomma lo scetticismo era mal riposto , ma giustificabile. Comunque Carnera non fece fatica a trovare organizzatori disposti ad inserire suoi incontri nel loro cartellone perché Léon See era un ottimo manager, benché disonesto, e perché la sua mole suscitava una curiosità nel pubblico che faceva bene agli incassi; il gigante di Sequals non riuscì mai a separarsi da questa immagine da fenomeno da baraccone, ma troppo tardi comprese che quello che aveva sempre sentito come un problema poteva essere una caratteristica da sfruttare. Primo Carnera sbarca in America all'inizio del 1930, subito dopo la grande crisi che aveva messo in ginocchio gli Stati Uniti, ma il mondo della boxe non sembra avere risentito del crollo della borsa di New York e gli incontri che si organizzano sono molti e quasi sempre seguitissimi; Léon See decide di sottoporre il suo pupillo ad un approccio morbido con il paese del pugilato per eccellenza privilegiando la quantità degli incontri piuttosto che la qualità. In meno di un anno Carnera combatte ventiquattro volte riportando ventitré vittorie, di cui diciannove per K.O. ed una sola sconfitta, peraltro in un incontro la cui regolarità lasciò molti dubbi. La tournée dell'italiano è un successo, la stampa comincia ad interessarsi di lui ed a chiedersi quali sono i reali limiti di questo giovane peso massimo la cui carriera è cominciata solo pochi anni prima; tutti i critici concordano nell'affermare che i margini di miglioramento di Carnera sono enormi, che il suo stile è ancora piuttosto ruvido, ma che la base su cui lavorare è di primissima qualità. L'eco delle gesta di Carnera negli Usa naturalmente rimbalza anche in Europa e proprio dal vecchio continente arriva la proposta per il primo grande combattimento del futuro campione del mondo. Dalla Spagna giunge l'invito ad affrontare sul ring di Barcellona Paulino Uzcudun, un basco ex campione Europeo ed idolo degli sportivi iberici. Lèon See si rende conto che il match nasconde delle grandi insidie, tanto più che la Spagna è già preda di quella crisi che sfocerà nella guerra civile ed ha bisogno di simboli in cui la gente possa riconoscersi; tuttavia capisce che non potrà tenere per sempre Carnera sotto una campana di vetro e che prima o poi dovrà dimostrare se è in grado di confrontarsi con i migliori pugili del mondo o meno. E allora quale migliore occasione per il debutto nel mondo della grande boxe che un incontro con un pugile molto forte , ma anche piuttosto anziano (Paulino aveva già 32 anni), e per di più con la prospettiva di incassare una borsa assai cospicua. Dopo un primo slittamento causato da una serie di scioperi che avevano paralizzato la Spagna, il match viene fissato per il 30 Novembre 1930 allo stadio Montjuich di Barcellona, capace di ospitare 80.000 spettatori. La stampa di tutto il mondo parla di questo incontro e naturalmente anche i giornali Italiani, che ancora non hanno cambiato opinione su Carnera, non possono ignorarlo; il giorno dell'incontro il critico della Gazzetta dello Sport Nino Cappelletti scrive: "Certamente il nostro ricordo di Carnera nel match contro il negro Islas non è dei migliori, ma non possiamo escludere a priori che egli abbia compiuto dei progressi durante la permanenza di dieci mesi in America. Tutto è possibile. Speriamo che il match di Barcellona serva a sgominare i dubbi e le perplessità che gravano sulla figura pugilistica del friulano." Tenete a mente questo passo perché più avanti tornerà utile per capire quanto l'atteggiamento della stampa muterà in fretta. I timori di Léon See sulla regolarità dell'incontro si rivelarono fondati; gli organizzatori diedero a Carnera un paio di guantoni molto più piccoli di quelli che lui stesso aveva scelto e l'Italiano minacciò di ritirarsi, ma la prospettiva di affrontare le proteste degli ottantamila che avevano pagato il biglietto per vedere il combattimento lo convinse a salire ugualmente sul ring pur dovendo combattere praticamente a mani nude. Carnera cominciò a prendere a schiaffi il suo avversario fin dalla prima ripresa, ma sia per l'anomalia dei guantoni sia perché Paulino godeva meritata fama di grande incassatore, il match si protrasse fino alla fine delle quindici riprese previste, comunque la vittoria del pugile Italiano ai punti fu schiacciante. Adesso non c'erano più dubbi, Primo Carnera era un grande pugile capace di sconfiggere avversari molto quotati anche in condizioni sfavorevoli; senza dubbio era ormai pronto per entrare a pieno diritto nella classifica dei dieci pesi massimi più forti dell'epoca e cominciare a disputare gli incontri challenger per arrivare a combattere per il titolo mondiale. Ancora una volta la reale dimensione della crescita di Carnera ci viene dal trattamento riservatogli dalla stampa italiana: il giorno dopo la sua straordinaria vittoria su Paulino Uzcudun lo stesso Nino Cappelletti, che tanto scetticismo aveva dimostrato non più di ventiquattro ore prima, parla di "trionfo della camicia nera Primo Carnera" e della "potenza del milite della LV Legione Alpina. Il ritorno di Carnera in Italia è un trionfo, come già era accaduto in precedenza , ma questa volta non è solo il popolo a tributargli un'ovazione. Le autorità si sono finalmente accorte di lui e lo invitano ad ogni sorta di manifestazione pubblica, Carnera è lusingato e si fa prendere la mano, apparirà persino dal balcone di Mussolini anche se non in contemporanea con il duce perché questo non voleva sfigurare di fianco alla mole del pugile. Il Minculpop (Ministero della cultura popolare) ordinerà alla stampa di magnificare, attraverso Carnera, le virtù della razza italica ed a pensarci bene questo è uno degli aspetti più grotteschi: come può essere eretto a modello dell'Italia un gigante che fino a poco tempo prima era visto come una stravaganza della natura da quegli stessi giornali. Ormai Carnera è entrato a far parte dell'olimpo dei pesi massimi mondiali e al suo ritorno in America è subissato di richieste di combattimenti; Léon See come suo solito organizza un gran numero di incontri ,ma badando bene che la carriera del suo pupillo non incappi in spiacevoli incidenti di percorso. Bisogna però dire che rispetto alla precedente tournée americana l'italiano ha migliorato sia la sua tecnica che la sua credibilità, quindi può permettersi di incontrare avversari più prestigiosi, anche se non ancora i migliori in circolazione, avendo ottime probabilità di successo. Va sottolineato che il manager di Carnera aveva molti rapporti con la mafia americana, soprattutto a New York, e questo fatto ha sempre gettato un'ombra sulla regolarità dei successi del gigante di Sequals; d'altro canto questo fatto non deve sorprendere né scandalizzare: parliamo di un'epoca in cui per un italiano in America era difficile, se non impossibile, fare successo senza scendere a patti con i padrini locali, soprattutto in un mondo come quello della boxe che ha sempre avuto una dimensione parallela fatta di scommesse clandestine, incontri truccati e verdetti poco limpidi. L'Italia segue le vicende del suo rappresentante con il fiato sospeso. Carnera continua a lungo, per più di un anno, il suo peregrinare in giro per il mondo; ritorna in Europa dove combatte in tantissime città (Londra, Parigi, Stoccolma, Copenaghen…), ma nella capitale inglese subisce un'inopinata sconfitta, ad opera dell'anziano Larry Gains, che rappresenta una svolta nella vita del grande campione. Infatti dopo il combattimento Carnera torna in Italia e qui annuncia di aver licenziato Léon See e di essere passato nella scuderia di un manager italiano: Luigi Soresi. La stampa dà grande risalto a questo fatto e Soresi fa sapere che Carnera, pur essendo un affare per chi lo guida, è povero in canna perché l'ebreo See gli ha sottratto tutti i soldi; siamo nel 1932, ma già la qualifica di "ebreo" è usata in tono spregiativo. Soresi si dimostrerà meno abile del suo predecessore nel tutelare il suo assistito, ma altrettanto furbo nel spillargli denaro. Soresi ritiene Carnera pronto per i grandi combattimenti e lo fa tornare in America con l'obiettivo di organizzare finalmente un incontro valido per il titolo mondiale. Ottiene questo risultato in poco tempo e, come detto, Carnera riesce a vincere. In più il neocampione del mondo promette di organizzare la prima difesa del titolo in Italia e di combattere gratis per sostenere la causa fascista; Carnera in realtà sarebbe sotto contratto con il Madison Square Garden, ma gli organizzatori americani fiutano l'affare e danno il loro assenso al combattimento. La sede prescelta è Roma ed il teatro è Piazza di Siena, l'avversario ancora una volta Paulino Uzcudun. Inutile dire che fu un trionfo: nella piazza romana fu allestito un impianto capace di accogliere settantamila persone pieno in ogni ordine di posti, Carnera vinse ai punti ma dominando l'avversario in ogni ripresa ed il pubblico si lasciò andare a scene di entusiasmo senza precedenti. Nino Cappelletti sulla Gazzetta dello Sport si chiede: "Esisterà al mondo un pugile capace di impensierire Carnera?". Purtroppo sì. Il trionfo romano segna la fine della parabola ascendente della carriera del gigante di Sequals; d'ora in poi la boxe gli riserverà poche soddisfazioni. Dopo la vittoria su Paulino Carnera deve tornare in America e difendere il titolo anche qui, ma dopo un combattimento vittorioso incontra il più forte pugile statunitense, Max Baer, e perde piuttosto nettamente. Carnera attribuisce la colpa della sconfitta al suo scarso allenamento e si dichiara pronto a combattere subito un altro incontro che faccia da turno eliminatorio prima del successivo match con in palio la corona. L'avversario viene scelto da Soresi in una rosa di pochi nomi, ma comprendente i migliori pesi massimi del pianeta; tra questi ce n'è uno che è poco più di una giovane promessa, un nero molto amato dalla gente della sua razza che ha poco più di vent'anni. Soresi pare non capacitarsi di poter scegliere un avversario così comodo e al contempo capace di garantire un ottimo incasso: purtroppo per lui però, questo giovane sconosciuto si chiamava Joe Louis, il più grande pugile della storia. L'incontro, tenutosi a New York, si risolverà in un massacro per il povero Italiano che dovrà rassegnarsi per un po' ad incontri di minor prestigio. Come se non bastasse il Minculpop ordina alla stampa italiana di non pubblicare le foto di Carnera al tappeto al cospetto di un "negro" e di dare il minor risalto possibile al fatto. Carnera si sente abbandonato a sé stesso e insicuro dei propri mezzi e la sua carriera conosce un declino inesorabile; come se non bastasse si ammala e deve essere operato ad un rene: alla fine del 1938 si ritira definitivamente dalla boxe e si ritrova abbandonato da tutti e povero in canna. D'ora in poi per fortuna la vita di Primo Carnera potrà dirsi felice: si sposò con una ragazza Jugoslava che lo aiuterà a far fruttare la sua popolarità. L'ex campione del mondo fece una tournée teatrale con Renato Rascel che fu un successo enorme, anche grazie all'affetto che il pubblico aveva conservato per lui. Poi venne la guerra e Carnera fu messo da parte perché accusato di essere stato amico del regime (rischiò anche di essere fucilato per questo motivo) e decise di ritornare in America; ed ancora una volta furono gli Stati Uniti a dare all'ex campione quelle soddisfazioni che l'Italia gli negava. Carnera divenne un lottatore di catch di grande successo e finalmente si arricchì e soprattutto fu felice; certo il catch non è la boxe, ma per uno che ha speso buona parte della sua vita sul ring questo miscuglio di violenza e di recitazione è una soluzione più che dignitosa. Venne messo al tappeto da una grave malattia. E quando seppe di aver perduto il match della vita Primo volle tornare a morire a Sequals, nel suo Friuli. Quando il gong della fine suonò, il "gigante buono" aveva soltanto cinquantotto anni.
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