La disponibilità di carburante fu uno degli elementi condizionanti del secondo conflitto mondiale. La Germania nazista fu all'avanguardia nella produzione di benzina sintetica, ma anche il Giappone e l'Unione Sovietica fecero ricorso a questa tecnologia.
Benzina sintetica per la guerra
di MASSIMO IACOPI
«Oggi una goccia di petrolio vale quanto una goccia di sangue», disse, non senza ragione, Georges Clemenceau nell'estate 1918. In piena offensiva tedesca e nel momento in cui il destino può ancora ribaltarsi, la potente società petrolifera americana Standard Oil interrompe le sue consegne di carburante. Questo fatto costringe più o meno tutti i governi alleati a pensare a possibili alternative: i futuri protagonisti del secondo conflitto mondiale, istruiti da quanto avvenuto, provvederanno infatti a preparare lo scontro anche sul piano energetico.

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale l'uso militare del petrolio - per non parlare delle necessità industriali - cresce al ritmo dell'estensione geografica e dell'intensificazione del conflitto. Fra il 1939 e il 1945 i belligeranti utilizzeranno da 50 mila a 70 mila tonnellate di benzina e prodotti raffinati al giorno. Del resto un aereo dell'epoca consuma circa un quarto di tonnellata di carburante ad alto tenore di ottani per 1000 cavalli/vapore l'ora. Un carro d'assalto utilizza in media 200 litri di benzina per 100 chilometri, mentre un carro Tigre tedesco della fine del conflitto ne consuma più di 500 per la stessa distanza.
Nelle
Clicca sulla immagine per ingrandire
file americane, una divisione meccanizzata in movimento brucia 82 mila tonnellate l'ora. Senza parlare delle navi da guerra o da trasporto, dai consumi variabili secondo il tonnellaggio e la velocità (per la sola flotta americana del Pacifico il consumo totale sale nel 1° semestre del 1945 a 8 milioni di barili - 159 litri al barile - di nafta).
Tutto questo dà la misura dello sforzo umano, ma anche tecnico e logistico che rappresenta un'operazione aeronavale di sbarco come quella in Normandia nel giugno 1944: è stato necessario calcolare e prevedere ogni cosa e quindi instradare tutti i materiali ed alimentare ogni elemento partecipante. Il comandante in capo delle forze alleate in Europa, Dwight Eisenhower si trovava nel suo elemento: alla fine degli anni '20 questo eccezionale esperto di logistica si era già fatto conoscere nell'ambiente militare organizzando con successo un raid automobilistico attraverso gli USA.
Enormi quantità di petrolio servivano anche per armamenti quali i lanciafiamme o le barriere di carburante, come i bruciatori di miscugli di idrocarburi destinati a creare una nebbia artificiale (ad esempio, in occasione della traversata degli Alleati del Reno) o anche ad eliminare la nebbia dagli aeroporti.
Quello che occorre evidenziare in fin dei conti sono le fenomenali quantità richieste dalla produzione industriale in generale e dalle industrie pesanti di guerra in particolare. Per non dimenticare poi le navi cisterna che bruciano una parte di quello che trasportano per la loro locomozione e che sono state dei facili bersagli dei sottomarini tedeschi. Su 1500 navi cisterna americane, la flotta più importante del mondo, 600 saranno colate a picco fra il 1941 e il 1945, un po' meno delle circa 690 petroliere varate negli USA fra il settembre 1939 e il luglio 1945.

Ma esistono profonde differenze tra i belligeranti, perché tra loro ci sono i produttori, come gli Stati Uniti, e chi invece ne è completamente privo, le potenze dell'Asse. Gli USA rigurgitano di carburante sia nazionale, sia importato dall'Arabia Saudita o dall'America del Sud. Anche L'URSS dispone di una enorme quantità di petrolio. La Gran Bretagna estrae il suo dai pesi legati al suo impero, Iraq ed Emirati, sia dall'Iran, dove l'Anglo Persian Oil Company, ribattezzata Anglo Iranian Oil vi è impiantata da lunga data.
Privo di giacimenti, l'Asse sceglie una strategia aggressiva. Impadronirsi del petrolio di Baku e del Caucaso è infatti uno dei principali obiettivi di attacco tedesco contro l'Unione Sovietica del 21 giugno 1941. Mussolini, da parte sua, mira ai giacimenti albanesi. Per quanto concerne il Giappone, questi ha messo le mani, a partire dal 1931, sulla Manciuria, regione povera di petrolio ma ricca di scisti bituminosi utili per la fabbricazione della benzina sintetica. Frutto di un partenariato fra lo stato giapponese e le acciaierie Shova, il Manciuria Research Laboratory si lancia nella idrogenazione del carbone e dei combustibili liquidi di sintesi. La Manciuria Petroleum Company installa una prima raffineria a Dairen. All'inizio del 1942 l'offensiva nipponica sull'Indonesia consente al Giappone di impadronirsi dei giacimenti petroliferi della Royal Dutch Shell, utilizzabili solo dopo averli riattivati a causa dei sabotaggi predisposti dagli Olandesi. In ogni caso l'Impero del Sol Levante è riuscito a conquistare buona parte degli obiettivi petroliferi pianificati. I loro alleati nazisti, invece, nella loro puntata su Baku non riescono a raggiungere l'obiettivo. Le armate di Hitler devono accontentarsi dei giacimenti rumeni di Ploesti, ma si tratta di poca cosa, anche se il Reich nel 1935 si era cautelato importando 5 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi dagli USA (incredibile a dirsi, diverse compagnie americane continueranno a rifornire Berlino fino all'attacco a Pearl Harbour nel dicembre 1941!), dal Venezuela, dall'Iran, dal Messico e dalla stessa Unione Sovietica (le forniture proseguiranno fino all'attacco tedesco del 1941).

L'alternativa in questa situazione è rappresentata dai carburanti sintetici. Attraverso l'idrogenazione dei catrami di carbon fossile o di lignite, la Germania produce, a partire dal 1939, 1,5 milioni di tonnellate di carburante e di olio lubrificante. Lo sforzo si intensifica nel periodo successivo. Nei pressi dei siti di estrazione vengono costruite delle fabbriche di trasformazione, fuori dal raggio d'azione degli aerei della RAF (Royal Air Force), in un primo tempo in Renania, nella Saar o nella Ruhr. L'efficacia crescente dell'aviazione britannica obbligherà tuttavia a interrare a poco a poco i siti. E' il caso dell'Alta Slesia, con due stabilimenti semi sotterranei di Bleckhammer nord e sud e di Odertal.
Nel 1942 dodici nuove unità di produzione di benzina sintetica vengono edificate dall'Organizzazione Todt nella Germania orientale, abbastanza lontane dalle basi aeree alleate, ma non completamente al riparo dagli attacchi.
Risultato: la produzione di carburante sintetico, che avrebbe dovuto raddoppiare per
Clicca sulla immagine per ingrandire
raggiungere i 12 milioni di tonnellate annuali, stagna intorno ai 6 milioni. Fatto aggravante, il Reich sprovvisto naturalmente di caucciù, deve produrne di sintetico, anch'esso a base di petrolio. Questo è il compito affidato al cartello chimico IG Farben, associato ai peggiori crimini del nazismo in quanto fabbricatore, tra l'altro, dello Zyclon B, utilizzato nelle camere a gas dei campi di sterminio. Nel 1943 IG Farben produrrà 118 mila tonnellate di "Buna" (Bu = Butadiene e Na = Sodio), il nome del caucciù artificiale.
Per il petrolio di sintesi sono in concorrenza due procedimenti. Si può idrogenare il gas di carbone a una pressione quasi ordinaria: è il procedimento Fischer-Tropsch. Oppure, sotto forte pressione e alta temperatura gli oli di catrame estratti dalla lignite, carbone naturale abbastanza abbondante oltre Reno: è il sistema del Dottor Bergius. Risalente all'agosto 1913, questo procedimento è utilizzato dalla IG Farben. Nel 1939 la produzione di petrolio sintetico raggiunge 2 milioni di tonnellate (1,3 t con il sistema Bergius e 0,7 con il sistema Fischer-Tropsch). Un totale che raggiungerà i 5 milioni nel 1943 (3,7 con il Bergius e 1,3 con il Fischer-Tropsch), quindi ai circa 6 milioni (4,6 e 1,3), prima di scendere in occasione del crollo della Germania.
E' la IG Farben che diviene l'arbitro della situazione. Nel 1943 la Wehrmacht dipende da questo cartello che gli fornisce il 100% degli oli lubrificanti sintetici, il 46% delle benzine a forte numero di ottani, il 33% delle sue benzine di sintesi. Si comprende in tale contesto perché la RAF e soprattutto l'US Air Force si accaniranno a lungo sulle fabbriche di Ludwighafen e di Leuna.

Il 12 maggio 1944, più di mille apparecchi alleati, fortezze volanti e caccia di scorta, equipaggiati con serbatoi supplementari, attaccano il complesso di Leuna, infliggendo dei danni considerevoli. Stessa operazione il 28 ed il 29 maggio. Ma i Britannici, meno portati sulla logica industriale rispetto agli Americani e desiderosi di vendicare le popolazioni civili di Londra e di Coventry, preferiscono spezzonare le città tedesche con le bombe incendiarie, lasciando ai loro alleati americani l'incarico di attaccare le fabbriche tedesche. Un errore strategico di rilievo, in quanto offre ad Albert Speer, ministro degli armamenti, l'opportunità di disseminare i centri.
Nel 1944 il petrolio naturale copre solo il 40% del consumo tedesco ed ormai il 60% dei carburanti e degli oli lubrificanti sono di origine sintetica. La Blitzkrieg diventa un ricordo, specie sul fronte dell'Est, dove il cavallo è diventato nuovamente un mezzo di trasporto militare di rilievo. Crudele decadenza per i signori della guerra motorizzata.
Prima di cadere la Germania le tenterà tutte, anche la mobilitazione di manodopera schiavizzata nelle miniere di carbone e nelle fabbriche di idrogenazione. Nel maggio 1941 l'appoggio al nazionalismo iracheno non darà alcun risultato. Insufficienti anche le requisizioni del poco petrolio disponibile in Francia. Deludente il ricorso al gasogeno: 150 mila veicoli contro i 180 mila in Francia. Poco efficace la costruzione di fabbriche di sintesi sempre più protette e interrate, a volte faraoniche come la raffineria di Minden, costruita troppo tardi per entrare in servizio, o il progetto Mittelbau 2 di Leuna, con le sue sale di 50 metri di altezza. Altrettanto inutili nel 1943 i carri armati a carbone. Così come a poco serve mettere le mani sui depositi di carburante italiani dopo l'8 settembre 1943, perché di lì a poco seguono la perdita del petrolio albanese e ungherese. Nell'agosto 1944 la defezione della Romania priva Berlino di una fonte di rifornimenti essenziale. E alla fine dell'anno l'offensiva nelle Ardenne fallisce proprio per mancanza di carburante. Il 17 dicembre i carristi tedeschi, male informati dai servizi informativi, non si impadroniscono del gigantesco deposito di Stavelot, in Belgio, dove avrebbero potuto trovare carburante per almeno dieci giorni. Qualche ora più tardi sono costretti a fermarsi.

Prima di entrare in guerra contro gli USA, i Giapponesi, più previdenti dei Tedeschi, si erano dotati di depositi giganteschi: 8 milioni di tonnellate, di cui una parte importata dagli USA. Costruendo 5 stabilimenti di petrolio sintetico nella Manciuria occupata si erano predisposti a utilizzare tutto il carbone dell'area. Tuttavia essi non riusciranno a trarre dal
Clicca sulla immagine per ingrandire
paese occupato tutte le quantità previste. 11 milioni di tonnellate di petrolio naturale recuperate nel 1941 in Birmania, in Corea, a Sumatra, Borneo e Giava. Ma la superiorità navale degli Americani arriverà in poco tempo a tagliare la linea dei rifornimenti.
Anche dal canto loro gli Alleati si sono interessati al problema dei carburanti di sintesi. Quattro fabbriche in Inghilterra per una produzione annuale di 180 mila tonnellate di benzina artificiale nel 1939, cifra che raggiungerà i 2,5 milioni nel 1942, contando alcool e benzolo, che si possono aggiungere alla benzina per renderla antidetonante, ma che sono per contro estremamente volatili.
Meno pressati dalla necessità, gli Americani perfezionano il procedimento Fischer-Tropsch. Nel 1942 producono 5,5 milioni di tonnellate, benzolo incluso. Non molto lontano dai 6,3 milioni di tonnellate tedesche. Nonostante la costruzione di una fabbrica gigante di idrogenazione sul sito di gas naturale di Cathage, nel Texas, e di un'altra a Bruceton, in Pennsylvania, i fondi destinati alla ricerca sui carburanti di sintesi cadranno in maniera decisiva dopo il 1945.
La sorpresa viene dall'URSS. Il paese di Stalin si lancia nella fabbricazione di prodotti di sintesi. Con 130 milioni di tonnellate di carbone annuali e con le 200 nuove miniere aperte fra il 1941 ed il 1945, c'è di che produrre quantità di carburante sia per distillazione, sia per idrogenazione. E poi ci sono la torba, ricca di catrami, di cui l'URSS è la prima produttrice mondiale, e le immense foreste, da cui i russi ottengono sostanze che permettono di derivare l'uratol, un additivo per la benzina d'aviazione.
Secondo alcune fonti l'URSS produsse nel 1942 da 9 a 9,5 milioni di tonnellate di carburante sintetico su un totale mondiale di 24 milioni. Tutto questo esclusivamente per lo sforzo di guerra. Perché in URSS, come altrove, la maggior parte del know how accumulato nei cinque anni del conflitto sarà poi destinato a perdersi per mancanza di interesse immediato.
BIBLIOGRAFIA
  • Storia controversa della Seconda Guerra Mondiale, di E. Bauer - De Agostini, Novara 1971
  • Fueling the third Reich, di A. Krammer, in "Technology and culture", luglio 1978
  • Benzina sintetica, di G. Nebbia, in www.minerva.unito.it
  • Science, technology and National Socialism, di M. Rennenberg e M. Walker - Cambridge University Press, Cambridge 1994