Fu la legge sulla colonizzazione e l'immigrazione varata nel 1876 dal Governo di Buenos Aires, che assegnava lotti di terreno a prezzi agevolati, a spingere molti emigranti a partire dall'Italia per tentare la fortuna nella Pampa. Sul finire del XIX secolo erano più di sessantamila i proprietari agricoli italiani in Argentina
Italiani d'Argentina
di MARCO CRESTANI
Nel 1853 l'Argentina divenne una repubblica federale. Lo Stato Federale profuse un grande impegno nel progetto di una colonizzazione agricola che attirò una parte consistente delle popolazioni europee migranti. Si registrano in questo periodo i primi tentativi di immigrati italiani di acquisire lotti fondiari dalle province o direttamente dallo stato argentino. All'inizio si trattò di piccoli gruppi di persone, ma tra il 1860 e il 1878 l'acquisizione di nuove grandi porzioni di Pampa diede una notevole spinta alla politica fondiaria governativa.
La Comision de Inmigracion nacque proprio per aumentare la produzione agricola e favorire l'immigrazione contadina nel Paese. Del resto, la produzione agricola era insufficiente al fabbisogno nazionale: i cereali venivano importati pagandoli col ricavato della vendita delle carni.

Nella Provincia di Buenos Aires già dal 1870 un provvedimento assegnava
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Il porto di Buenos Aires
gratuitamente lotti di terreno a giovani coppie di agricoltori a condizione che vi costruissero una casa e che li coltivassero. Fu però la legge sulla colonizzazione e l'immigrazione varata nel 1876 dal Governo argentino che spinse molti emigranti a muoversi dall'Italia, e in particolare dalla Calabria, per tentare la fortuna in Argentina. La legge prevedeva che i terreni fossero divisi in lotti di quarantamila ettari per insediamenti urbani e suburbani, offrendo sia la possibilità di assegnazioni di terreno gratuite, sia pagabili ratealmente a prezzi molto contenuti. Per gli acquirenti gli unici obblighi erano quelli della residenza e della coltivazione delle terre.
Secondo il censimento del 1895, su un totale di 407.503 proprietari agricoli più di un quarto erano di nazionalità straniera e fra essi 62.975, cioè più della metà, erano italiani. Quando nel 1882 il governo decise di concedere gratuitamente venticinque ettari di terreno a nuclei familiari, i coloni cercarono di ottenere in concessione le terre più vicine alla coste: da Santa Fé a Buenos Aires, da Corrientes a Entre Rios la politica agricola delle province argentine attirò il più grande flusso di emigranti contadini della storia moderna.

Gli argentini si possono definire un "popolo trapiantato". Infatti, dalla seconda metà dell'800 fino al 1930 quasi 6 milioni di Europei sono emigrati sulle rive del Rio della Plata. Una seconda colonizzazione, dopo quella spagnola, ha così ridefinito la mappa culturale ed etnica di questa regione.
Tra il 1850 e il 1930 l'America Latina è stata la meta di oltre 14 milioni di persone, di cui il 76,8% sono entrati in Argentina. All'epoca del primo censimento nazionale nel 1869 il Paese aveva appena 1.800.000 abitanti. L'aumento della popolazione negli anni successivi è stato notevole: tra il 1895 e il 1914 il Paese è passato da 3.954.911 abitanti a 7.885.237. E il fattore decisivo è stato quello dell'immigrazione. L'arrivo dei bastimenti dall'Europa ha provocato inoltre una vera e propria mutazione nella composizione della popolazione per sesso e per età.

Quasi tutto in Argentina può essere collegato agli italiani, come scrive Luigi Einaudi in Un principe mercante, studio sulla espansione coloniale italiana, pubblicato nel 1900: «L'Argentina sarebbe ancora un deserto, le sue città un impasto di paglia e fango senza il lavoro perseverante, senza l'audacia colonizzatrice, senza lo spirito di intraprendenza degli italiani. Figli d'Italia sono stati coloro che hanno creato il porto di Buenos Aires, che hanno colonizzato intere province vaste come la Francia e l'Italia; sono per nove decimi italiani quei coloni che hanno dissodato l'immensa provincia di Santa Fé, dove ora si diparte il grano che inonda i mercati europei; sono italiani coloro che hanno intrepidamente iniziato la coltura della vite sui colli della provincia di Mendoza, sono italiani moltissimi tra gli industriali argentini, ed italiani i costruttori e gli architetti dell'America del Sud, e italiano è quell'imprenditore, il quale, emulo degli inglesi, ha costruito sulle rive del Plata per più di mezzo miliardo di opere pubbliche».
I primi italiani giunsero in Argentina già nella prima metà dell'800, quando Buenos Aires era poco più di una cittadina sulle rive del Rio de la Plata.
Scrive ancora Einaudi che agli «italiani spetta il merito maggiore di avere ivi ideato e costruito, seppure con capitali stranieri, l'ampio porto che costituisce l'orgoglio e la fortuna di Buenos Aires ed è una delle principali opere del secolo; ad italiani il vanto di avere trasformato un fangoso fiumiciattolo in un ampio e profondo canale, donde si dipartono le navi che recano la vita ed il movimento nelle più lontane regioni del sistema fluviale Platense».

I primi ad arrivare furono i liguri, che erano avvantaggiati dal fatto di avere lunghe
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Italiani nel quartiere del Boca
tradizioni marinare e quindi consolidate relazioni commerciali grazie agli armatori genovesi. Seguirono, a distanza di pochi anni, piemontesi e lombardi richiamati, anch'essi, dalla propizia congiuntura economica e dalle notevoli possibilità di sviluppo offerte dal paese sudamericano.
Il primo giornale che gli italiani fondarono in Argentina nel 1854 fu "L'Italiano", seguito quindi da "La Legione Agricola" (1856), "L'operaio Italiano", "Il Maldicente" e "La patria degli italiani". Tutti questi fogli erano redatti da mazziniani esuli in America Latina, ancora strettamente legati al pensiero risorgimentale. Uno di questi esuli fu Antonio Tomba di Valdagno (Vicenza), imprenditore vitivinicolo sbarcato a Buenos Aires nel 1873. Fu il primo a costruire a Mendoza un "vinodotto" che portava il vino dalla sua cantina fino alla stazione, da dove veniva poi distribuito in tutto il Paese. Nel 1880 venne nominato "Re del Vino" dall'allora presidente Roca.

Tra la metà e la fine dell'Ottocento cominciarono ad arrivare i primi consistenti flussi di immigranti italiani, che si insediarono nel quartiere della Boca, a Buenos Aires. Solitamente erano commercianti, pescatori e artigiani navali.
Nel 1878 nella capitale argentina fu attivato un primo Hotel de Inmigrantes, poi se ne costruì un altro, finché nel 1910 lo Stato argentino inaugurò quello dove oggi si trova il "Museo dell'Immigrante". In queste sedi gli immigrati appena scesi dai bastimenti erano registrati nelle liste di sbarco. Venivano loro chiesti nome e cognome, età, sesso, stato civile, occupazione, istruzione, religione e paese di nascita.
La maggioranza dei nuovi arrivati si trasferiva nelle zone rurali per lavorare la terra, soprattutto nelle province di Santa Fé, Cordoba e Mendoza. Gli altri restavano in città per dedicarsi ai mestieri artigianali.
BIBLIOGRAFIA
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  • Giuliani-Balestrino M. C., L'Argentina degli Italiani - Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 1989.
  • Zuccarini E., Il lavoro degli italiani nella Repubblica Argentina, dal 1516 al 1910: studi, leggende e ricerche - La Patria degli Italiani, Buenos Aires 1910.
  • Vangelista C., Dal vecchio al nuovo continente: l'immigrazione in America latina - Paravia Scriptorium, Torino 1997.