Adorato dai suoi soldati, Claudius Nero Caesar ha ereditato il soprannome di Germanico dal padre Druso e l'ha in seguito legittimato attraverso le sue vittorie in Germania. Il destino di questo grande generale è intimamente legato alla sua appartenenza alla famiglia imperiale. I successi nelle campagne militari hanno avuto un forte peso sull'esito delle lotte derivate dalla successione di Augusto e Tiberio.
Germanico, il vendicatore
di Varo
di MASSIMO IACOPI
Nel 4 d.C. l'imperatore Augusto aveva appena perso il suo secondo nipote, Caius Caesar. Il primo, Lucius Caesar, era morto due anni prima. Questo doppio dramma è all'origine dell'implicazione di Claudius Nero Caesar, detto Germanicus, nelle opposte strategie dell'imperatore e di sua moglie Livia per preparare la successione al trono. Nell'universo dell'aristocrazia romana il figlio, l'erede, costituisce la posta in palio di "triangoli d'influenza" spesso rivali. Il primo triangolo raggruppa "figlio", "padre" e "pedagogo". Il secondo mette in gioco "figlio", "madre" e "nonno materno". In tale contesto Livia spinge Augusto ad adottare Tiberio, figlio del suo primo matrimonio. Quest'ultimo, detestato dall'imperatore, è pur tuttavia il solo membro della famiglia imperiale che dispone di una sufficiente esperienza. Augusto, disperato per la morte dei nipoti, lascia per un momento il campo libero alla moglie. Ma ben presto trova una soluzione parziale, in quanto membro della famiglia Giulia (Julia), per contrastare sua moglie, discendente della famiglia Claudia. Egli riesce a imporre, parallelamente all'adozione di Tiberio, quella di Germanicus, figlio di Druso e di Antonia minore e marito di Agrippina, la più vecchia delle nipoti di Augusto. In tal modo mette sulla scena un rivale più giovane e popolare dell'invecchiato Tiberio (46 anni). Il giovane (19 anni) si inserisce con sua moglie in due nuovi "triangoli": "Germanicus", "Antonia" (madre), "Marco Antonio" (nonno materno, già morto, ma dal passato prestigioso) e "Agrippina", "Giulia" (madre in esilio, figlia di Augusto), "Augusto" (nonno materno). Germanicus possiede carisma e grandi capacità. Che si riveleranno prima di tutto in campo militare.

Roma e i Germani
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Busto di Augusto
Allorché Giulio Cesare conquista la Gallia, le frontiere di Roma raggiungono le rive del Reno. Nonostante la completa disfatta di Ariovisto e dei Germani, passati in Gallia proprio contro Cesare, la minaccia dei popoli della riva destra del Reno diventa una costante nella grande strategia dei Romani. Ben otto legioni vengono stazionate lungo il corso del Reno a protezione della Gallia.
In un secondo tempo Augusto, dopo aver riportato la calma in quello che è ormai diventato l'Impero Romano, sottomette le feroci tribù alpine e installa le legioni romane sul corso dell'alto Danubio. Le tribù germaniche vengono in tal modo prese a tenaglia fra le guarnigioni del Reno e quelle del Danubio. Ma Augusto non intende fermarsi alla sola dimostrazione di forza. Egli desidera "ottimizzare" la frontiera dell'Impero, portandola sul corso dell'Elba. Perciò affida il compito della condotta delle operazioni militari a Druso, il più giovane dei suoi generi, che è anche il suo preferito, in quanto è stato allevato all'interno della sua casa. Dal 12 al 9 a.C. Druso conduce delle brillanti campagne oltre il Reno, contro Frisoni, Cauchi, Usipeti, Tencteri e Sicambri, quindi, più a sud, contro Marsi e Ceruschi. Nel 9 a.C. Druso, eletto console a 28 anni, conduce una campagna contro i Marcomanni, gli Ermunduri ed i Ceruschi, ma muore accidentalmente, all'apogeo della sua gloria, per una caduta da cavallo.
Il giovane figlio, il futuro Germanicus, ha appena sei anni. Augusto prova un grande dolore per la scomparsa del figlio adottivo e affida a Tiberio il compito di proseguire l'opera del fratello cadetto Druso. Con molto meno scalpore, il futuro imperatore prosegue nella sistematica opera di sottomissione dei popoli fra il Reno e l'Elba, alleandosi con alcuni e schiacciando gli altri. Un certo Arminio, per esempio, si è schierato con i Ceruschi sotto le aquile di Roma.
In un paese di difficile accesso, coperto da foreste e zone paludose, Druso e Tiberio si sono dedicati a organizzare le vie di comunicazione e a renderle sicure. Il corso della Lippe, il solo grande affluente di destra del Reno orientato est-ovest, mentre tutti gli altri corsi d'acqua scorrono da sud verso il Mare del Nord, viene utilizzato come via di penetrazione in Germania. Viene costruita una grande fortezza ad Aliso, sull'alto corso della Lippe, a poca distanza dal fiume Weser. Infine, una flotta permanente consente di far transitare le legioni e i loro ausiliari attraverso il Mare del Nord e di farle quindi ridiscendere a sud attraverso i corsi dell'Ems, della Weser e dell'Elba. I due fratelli, ma soprattutto Druso, sono all'origine della costruzione di più di 50 forti permanenti sul Reno o in Germania. Essi fondano anche delle piccole città e vi stabiliscono dei mercati in cui Romani e Germani imparano a commerciare insieme. Agli inizi del I° secolo della nostra era i Romani cominciano seriamente a pensare di poter aggiungere una nuova provincia di Germania al loro Impero.

Da Varo a Germanico
Sfortunatamente per Roma, la pace è ancora ben lungi dall'essere assicurata. Gli ultimi dieci anni del regno di Augusto risulteranno particolarmente agitati.
Nel 6 d.C. scoppia una rivolta in Pannonia, provincia a sud del Danubio conquistata da poco. Tocca a Tiberio, ancora una volta, il difficile compito di schiacciare questa ribellione.
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La battaglia di Teutoburgo
Il futuro imperatore, ormai erede designato al trono, con circa 15 legioni ed ausiliari ai suoi ordini riesce, non senza difficoltà, a risolvere il problema dopo tre anni di dura campagna. Le perdite sono immense: una situazione drammatica come quella vissuta nel corso della seconda guerra punica. Sorgono problemi di reclutamento e l'imperatore deve ben presto decidere l'affrancamento di schiavi per completare i ranghi delle sue nuove legioni.
È in questo contesto che il giovane Germanicus fa i primi passi sotto il comando di Tiberio, suo padre adottivo. Le malelingue riportano che Augusto lo avrebbe inviato in Pannonia per assicurarsi che Tiberio stesse operando al meglio per terminare rapidamente la guerra, sospettandolo di protrarre la campagna oltre il dovuto per conservare il più a lungo possibile il comando delle legioni. In effetti Augusto avrebbe inviato Germanicus per "sorvegliare" Tiberio, che riteneva troppo potente al comando di tante legioni. In ogni caso, Tiberio, uomo dotato di notevole senso pratico, si rende conto che c'è la necessità di dividere il suo esercito per poter mantenere una certa efficacia sul terreno.
Germanicus, eletto alla questura nel 4 d.C., cinque anni prima dell'età legale, raggiunge le legioni per combattere a fianco di suo padre adottivo. Nel corso del primo anno di campagna Germanicus schiaccia la rivolta in Dalmazia. L'anno seguente porta le truppe in Pannonia. La lotta risulta questa volta molto più dura che in Dalmazia, in quanto i Pannoni praticano la strategia della terra bruciata. Occorrono dei colpi di mano vigorosi e soprattutto la conquista di Seretium, città che Tiberio non era riuscito a prendere in precedenza, perché Germanicus riesca a riportare la regione sotto il dominio di Roma.
Tiberio riprende per il terzo anno di campagna il comando operativo dell'esercito, ma sarà Germanicus a portare il colpo definitivo ai Pannoni, occupando Ardua. Germanicus, allorché riporta ad Augusto la notizia di questa conquista, riceve il titolo di imperator e il diritto di condividere gli onori del trionfo con Tiberio.

La disfatta di Teutoburgo
Ma i successi delle armi romane sono di breve durata. Nel corso dello stesso anno avviene un disastro senza precedenti in Germania. La provincia è agli ordini del governatore Publius Quintilius Varus, un parente acquisito di Menenio Agrippa, genero e uomo di fiducia di Augusto (morto 20 anni prima). Varo, che non possiede una grande statura di comandante militare, si trova in guarnigione ad Aliso, con la XVII, XVIII e XIX Legione, e si lascia imbrogliare all'annuncio di un inizio di rivolta nella regione. Non capisce che l'istigatore non è altro che Arminio, un cerusco alla guida delle truppe ausiliarie del suo stesso esercito. Ordina quindi di marciare, in pieno autunno, verso est con le tre legioni (circa 15.000 uomini) con il rinforzo di tre ali di cavalleria (circa 800 uomini). Arminio ne approfitta per disertare e preparare una vasta imboscata, con l'aiuto di Ceruschi, Cauchi e Marsi, nella foresta di Teutoburgo, fra l'Ems e la Weser. Il terreno scelto dai Germani per l'attacco (foresta fitta e paludi) impedirà ai Romani di far valere le loro qualità manovriere. La sorpresa è totale. I legionari, appesantiti dai loro bagagli (nella colonna ci sono civili, donne, bambini o schiavi) e vittime dell'apatia di Varo, vengono rapidamente accerchiati. I Romani resistono, grazie alla loro disciplina e alle loro qualità di combattenti, ma non possono sfuggire alla rete nella quale sono stati intrappolati. Gli ausiliari germani disertano e si schierano dalla parte di Arminio. Il giorno dopo, la cavalleria romana tenta di aprirsi un varco verso Aliso, ma non vi riesce. Il terzo giorno, col morale ormai a terra, i Romani soccombono alla superiorità numerica dei Germani. Verranno praticamente tutti massacrati, tranne una decina di uomini che riescono a fuggire. Varo si suicida prima di essere catturato. Il disastro è totale. Si tratta della più pesante sconfitta romana dopo quella di Crasso contro i Parti nel 53 a.C.
Arminio si afferma come una figura quasi mitica, alla quale i Germani faranno riferimento nella loro lotta contro Roma. Il capo cerusco porta con sé - umiliazione suprema per i Romani - le tre aquile delle legioni di Varo. L'imperatore Augusto viene costretto a riportare la frontiera sul Reno. Secondo Svetonio, Augusto non si rimetterà più da questa sconfitta, ripetendo senza sosta nel corso degli ultimi anni di vita: «Varo, Varo ridammi le mie legioni !». Augusto muore nel 14, senza avere occasione di una rivincita completa su Arminio, che Tiberio, suo successore, affiderà ben presto a Germanicus.

Le qualità militari dei Germani
I Germani, per fare fronte alle legioni romane, organizzate in "falangi articolate" intorno all'unità tattica di base che è la coorte, si appoggiano sulle loro strutture tradizionali. Ogni tribù è composta di diversi clan, i cui guerrieri combattono intorno al loro capo, designato
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Busto di Germanicus
dal termine di Hunno. In battaglia, I Germani, armati più leggeri dei Romani, si articolano in una massa profonda e compatta, assimilabile a una sorta di "quadrato". Gli uomini si schierano nell'ambito di questa formazione per tribù e per clan; essi danno dimostrazione di una solidarietà e di una coesione notevoli. La particolarità dei "quadrati" dei Germani è che sono piuttosto... "rettangolari". La fronte risulta più corta dei fianchi, gli intervalli fra i vari ranghi sono in genere il doppio di quelli fra ogni fila. La formazione viene accompagnata da un nugolo di tiratori, che si disperdono all'approssimarsi dello scontro diretto. Al momento dell'attacco, il blocco evolve verso una forma triangolare rivolta al nemico. I fianchi, punti deboli abituali, vengono protetti da cavalieri.
Questa tattica di attacco a "cuneo" non smetterà mai di impressionare i Romani. Lo stesso Tacito ne loderà l'efficacia in occasione di una battaglia condotta sotto Vespasiano contro i Batavi: «Questi, da vecchi soldati, si schierano a cuneo, con i ranghi chiusi da ogni lato, coperti sulla loro fronte la loro retroguardia ed i fianchi ed in tal modo spezzano la nostra linea troppo poco profonda». La carica dei guerrieri viene sistematicamente accompagnata da canti di guerra impressionanti. I Germani portano degli scudi molto alti per coprire la bocca e aumentare il rimbombo delle grida.
La professionalità dei legionari romani consente in ogni caso di riservare una adeguata "accoglienza" ai furiosi attacchi delle masse germaniche. I centurioni marciano tranquillamente davanti ai ranghi, controllano il mantenimento degli intervalli e stabiliscono il terribile lancio organizzato di giavellotti (pilum), nel momento in cui il nemico giunge a portata di tiro. Essi lanciano in seguito i loro uomini incontro ai Germani per una terribile collisione, scudo contro scudo.
Un'altra tattica caratteristica dei combattenti germani è quella impiegata dai cavalieri, che accompagnati in sella da fanteria leggera, sono in condizioni di condurre attacchi molto rapidi. Il valore militare di Germani, a partire da Giulio Cesare, ha valso loro l'apprezzamento come mercenari e quindi come ausiliari nell'ambito dell'esercito romano.
Il maggiore problema dei Romani è quello di costringerli allo scontro in campo aperto. I Germani sono infatti una popolazione poco numerosa, dispersa, scarsamente dipendente dall'agricoltura. Ciò consente loro di rifugiarsi facilmente nelle foreste. I legionari, hanno come obiettivo quello di scovare i loro villaggi e di bruciarli, ma anche queste devastazioni non compromettono la sopravvivenza del nemico. A questo punto diventa quasi impossibile ai Romani lo scontro risolutivo, data l'impossibilità di moltiplicare i piccoli distaccamenti, che rischierebbero di cadere facilmente in imboscate nemiche. La conquista della Germania con le armi diventa una sfida senza precedenti per l'impero romano, che, sotto il regno di Augusto, non riesce a trovare una strategia adeguata.

Germanicus alla guida dell'esercito del Reno
Dopo il disastro di Varo, Augusto organizza la risposta in modo estremamente prudente. Egli teme in effetti un'invasione germanica in Gallia e in Illiria. Tiberio viene inviato sulla frontiera nel 10 d.C., accompagnato da Germanicus. L'anno successivo i due conducono una prudente incursione, coronata da successo, sulla riva destra del Reno, allontanando qualsiasi minaccia immediata dei Germani sulle province dell'impero. Non si verifica nessuna grande vittoria nel corso di questa campagna, ma le operazioni di "pacificazione" intraprese dalle legioni riportano la calma fra le tribù più turbolente.
Nel 12 d.C. Germanicus, senza essere passato per le funzioni di edile o di pretore, viene nominato console, avendo per colleghi Caius Fonteius Capito, quindi Caius Visellius Varo. In questo stesso anno Tiberio rientra a Roma per ricevervi gli onori del trionfo. Augusto preferisce manifestamente Germanicus a Tiberio. Egli cerca, perlomeno, di utilizzarlo come contrappeso alla crescente ambizione di Tiberio in questa fine di regno.
È senza dubbio per questo motivo che nel 13 d.C. pone Germanicus alla testa di otto
Il 19 agosto dell'anno 14 Augusto si spegne nella sua villa di Nola, in Campania, all'età di 76 anni
legioni, acquartierate sulle rive del Reno. Questo esercito rappresenta una forza considerevole, sia contro i Germani, sia contro chiunque minacci il potere dell'ormai vecchio Augusto. Le diverse unità vengono ripartite come segue: II Augusta, XII Gemina, XIV Gemina e XVI Gallica, sul Reno superiore nei campi di Vindonissa (Windisch), Argentoratum (Strasburgo) e Mongotiacum (Magonza); I Germanica, V Alaudae, XX Valeria Victrix, XXI Rapax, sul Reno inferiore nei campi di Bonna (Bonn), Oppidum Ubiorum (Colonia), Novaesium (Neuss) e Castra Vetera (Birten vicino Xanten).
Il 19 agosto dell'anno 14 Augusto si spegne nella sua villa di Nola, in Campania, all'età di 76 anni. L'impero passa naturalmente nelle mani del figlio adottivo Tiberio, che conferma Germanicus nel suo comando, con il compito di pacificare definitivamente la Germania e di vendicare Varo.
Dopo aver preso in mano l'esercito e ottenuto il completamento degli effettivi delle sue legioni, Germanicus non tarda a passare all'offensiva. Egli conduce la sua prima operazione come comandante del Reno nell'autunno dell'anno 14. Sceglie come obiettivo il territorio dei Marsi, che attacca di sorpresa, dividendo le sue forze in quattro colonne, in modo da coprire e devastare un terreno il più largo possibile. Le forze romane riuniscono quattro legioni, 26 coorti ausiliarie e 8 ali di cavalleria, per un totale di circa 20 mila uomini. La campagna, breve e condotta speditamente, risulta un successo pieno. Sul cammino di ritorno i Bructeri, i Tubanti e gli Usipeti, accorsi in soccorso dei Marsi, attaccano i Romani. Ma le legioni, preparate a questa eventualità, le respingono con facilità e senza grandi danni. La tattica impiegata dal giovane comandante sembra efficace e non gli resta ora che affondare il colpo definitivo.

Le campagne dell'anno 15 d.C.
Uno sforzo considerevole viene pianificato per l'anno seguente. Germanicus lancia in primo luogo una campagna di primavera in direzione del territorio dei Ciatti. Vengono impiegate le legioni del Reno superiore che partono dalla base di Magonza. L'offensiva si svolge su una profondità di 150 chilometri fino al corso dell'Eder, per una durata di circa sei settimane. Per le necessità di questa operazione, Germanicus fa costruire un forte sui monti del Tauro, per servirsene come base d'appoggio e di protezione degli immensi convogli di rifornimenti che devono seguire le operazioni dell'esercito.
Mentre l'esercito del Reno superiore attacca e sconfigge i Ciatti, il luogotenente di Germanicus, Caecina, conduce un'operazione di sostegno da Castra Vetera. Egli segue il corso della Lippe con le legioni del Reno inferiore allo scopo di separare il Ceruschi dai Ciatti in modo da impedirgli di riunire le loro forze. Lungo il cammino affronta con successo qualche banda di Marsi, il cui territorio era stato devastato l'anno precedente. È anche possibile che Caecina abbia approfittato del suo movimento per ricostruire il forte di Aliso.
Al ritorno da questa campagna di primavera, Germanicus riceve degli emissari di Segeste, capo cerusco rivale di Arminio. Segeste è in cerca di vendetta, in quanto sua figlia Thusnelda aveva sposato Arminio senza il suo consenso. Egli invita quindi Germanicus a portargli aiuto, facendogli presente di un'imminente minaccia di Arminio nel suo punto d'appoggio nella foresta di Teutoburgo. I Romani possono venire facilmente a liberarlo dalla minaccia grazie alla loro base di Aliso, distante appena 25 chilometri dal campo di Segeste.
Germanicus può immaginare una campagna più vasta che ha intenzione di iniziare nel corso dell'estate. Il suo obiettivo, questa volta, sono gli stessi Bructeri e i Ceruschi. Secondo la sua abitudine, divide di nuovo l'esercito in due gruppi di quattro legioni con i loro ausiliari. Caecina a sua volta riparte da Castra Vetera e segue il corso della Lippe. Germanicus si imbarca questa volta sulla flotta, percorrendo il canale scavato all'epoca da suo padre per raggiungere il Mare del Nord e quindi la foce dell'Ems. Egli attaccherà dal nord, mentre il suo luogotenente sboccherà da sud. Occorre evidenziare che la sua cavalleria segue un percorso diverso, attraverso il territorio dei Frisoni.
I Romani devastano metodicamente il territorio dei Bructeri, che vengono praticamente scacciati dalle loro terre ancestrali. La mobilità dell'esercito di Germanicus viene incrementata dal fatto che i rifornimenti seguono il trasporto fluviale, lungo l'Ems. Le due colonne convergono rapidamente verso le sorgenti dell'Ems e raggiungono in tal modo la frontiera fra il territorio dei Bructeri e quello dei Ceruschi. Germanicus spinge la sua offensiva fino al campo di battaglia della foresta di Teutoburgo. Per diversi giorni, i legionari cercano e riuniscono le ossa delle vittime della battaglia su un grande rogo, al fine di rendere loro delle onoranze conformi alle tradizioni romane. Egli fa elevare in seguito un monumento alla loro memoria.
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La morte di Germanicus in una tela di Poussin
Il seguito della campagna rimane abbastanza confuso. Germanicus cerca di catturare Arminio, ma questi sfugge alla caccia, evitando ogni combattimento. Secondo le loro abitudini, i Germani si portano alle spalle dei loro nemici, cioè a ovest, per minacciare le loro comunicazioni. Rapidamente Germanicus decide di ripiegare verso l'Ems, senza cercare di raggiungere il cuore del territorio cerusico, che si estende ben oltre la Weser. Con la metà del suo esercito egli si disloca in battello, scendendo per il corso dell'Ems e trova alla foce dell'Ems e della Hase le provviste per rifornire le sue truppe. La cavalleria rientra per via terrestre lungo le coste del Mare del Nord, fino alla foce del Reno. L'esercito di Caecina, da parte sua, rientra per la via più breve a Castra Vetera. Arminio sceglie questo momento per agire e per lanciare un attacco su questa colonna. Caecina avrebbe potuto subire la fine di Varo se la mancanza di disciplina dei Germani non avesse giocato in suo favore. Una parte di Ceruschi, comandati da Inguiomerus, uno zio di Arminio, abbandonano il campo di battaglia per cercare di conquistare il campo dei Romani. Disperdendosi, consentono a Caecina, generale molto esperto, di uscire da una situazione precaria e di riportare una vittoria tattica. Alla fine i Ceruschi devono prendere la via della fuga.
Il bilancio di queste due campagne risulta relativamente soddisfacente. Germanicus, nonostante la mobilitazione in primavera e nell'estate delle sue otto legioni, per un totale di 50.000 uomini, non ha ottenuto nessun risultato definitivo. È riuscito a devastare il territorio dei Ciatti e dei Bructeri, ma non ha vinto alcuna battaglia decisiva e non è riuscito neanche ad accerchiare le tribù nemiche. Il suo più grande successo è aver lavato l'affronto di Teutoburgo, rendendo gli onori ai soldati di Varo. Tiberio gli accorda in ricompensa il titolo di imperator (generale vittorioso). Ma per sottomettere la Germania occorre condurre una nuova grande campagna.

La grande campagna dell'anno 16 e la battaglia di Idistaviso
Ormai la reputazione di Germanicus supera quella di suo padre Druso. La giovinezza e la bravura del giovane generale romano suscitano una generale ammirazione. Scrive Svetonio: «È acclarato che Germanicus univa, ad un grado mai raggiunto da altra persona, tutte le qualità di corpo e di spirito: una bellezza ed un valore incomparabili, dei doni superiori da un punto di vista dell'eloquenza e del sapere, nei due campi, greco e latino, una bontà straordinaria, il più vivo desiderio ed il meraviglioso talento di guadagnare simpatia e di meritare affetto».
L'anno 16 si annuncia come quello decisivo. Germanicus può ottenere il prestigio di un nuovo Giulio Cesare se riesce a ottenere la resa di Arminio, come il conquistatore delle Gallie era riuscito a fare con Vercingetorige. Secondo uno scenario simile a quello della grande ribellione delle Gallie del 52 a.C., è proprio Arminio che prende l'iniziativa delle ostilità. Egli apre infatti la campagna assediando Aliso, piazzaforte che riveste un importanza fondamentale nel dispositivo strategico romano. Germanicus avanza immediatamente con sei legioni per soccorrere la piazza. Arminio toglie l'assedio, all'avvicinarsi del suo avversario, per ripiegare in profondità nel territorio cerusco, dopo aver abbattuto l'altare dedicato a Druso, che Germanicus si affretterà a ricostruire.
L'iniziativa passa a quel punto nelle mani dei Romani. Germanicus ha già pianificato l'ampiezza dell'offensiva da condurre. Cosciente che la Gallia comincia a esaurire le sue risorse in cavalli, egli è costretto a immaginare altre soluzioni per il trasporto e il rifornimento dei suoi uomini. Egli ha pertanto riunito, nel corso dell'inverno precedente, una flotta di 1000 navi. Il piano d'attacco è questa volta molto ambizioso. La flotta deve navigare nel Mare del Nord fino alla foce della Weser, che si trova nel territorio dei Cauchi, alleati sempre fedeli di Roma. Accompagnata dagli effettivi di due legioni al completo e da numerosi ausiliari, la flotta trasporta essenzialmente i rifornimenti destinati all'esercito. I contingenti dei Cauchi si devono unire alla colonna come rinforzo. Durante questo movimento, il resto dell'esercito romano - sei legioni che hanno dovuto lasciare qualche coorte alle spalle, sul Reno - marciano su due colonne verso la Weser. La totalità dell'esercito ha il punto di incontro lungo il medio corso del fiume, probabilmente nei pressi dell'attuale Minden. Preliminarmente, mentre la flotta inizia il suo periplo, le legioni giunte ad Aliso vengono impiegate per mettere in sicurezza la regione e per stabilire una via di comunicazione definitiva verso il Reno.
Arrivati sui bordi della Weser, Germanicus avvia i lavori per costruire i ponti che devono attraversare il fiume. Occupato in questi compiti, il generale romano apprende che gli Angrivari, che si erano sottomessi, si sono ribellati sulla sua retroguardia. Egli è così costretto a distaccare una parte della cavalleria, al comando di Stertinius, per farli rientrare nei ranghi.
I due eserciti ormai si fronteggiano. Arminio, che ha sempre rifiutato di arrischiarsi ad una battaglia campale, non ha ancora deciso il da farsi
Poco tempo dopo, Arminio fa la sua comparsa sulla riva destra della Weser con un numeroso esercito. Non essendo stata ancora completata la costruzione dei ponti, Germanicus fa attraversare il fiume a dei distaccamenti di cavalleria per operare una diversione. L'ala dei Batavi si mette in luce in questa missione, prima di ripiegare. Qualche giorno più tardi Germanicus riesce a fare attraversare la Weser al suo esercito e a stabilire il suo campo sulla riva destra del fiume, sotto la minaccia di un possibile attacco notturno del nemico. I due eserciti ormai si fronteggiano. Arminio, che ha sempre rifiutato di arrischiarsi ad una battaglia campale, non ha ancora deciso il da farsi. Secondo Tacito, è proprio su un terreno riconosciuto e scelto personalmente da Arminio, nella piana di Idistaviso, che i Ceruschi e i loro alleati avrebbero finalmente schierato le loro truppe in battaglia, allo sbocco di un grande bosco, pur conservando una forte riserva sul retro sopra un'altura.
Non appena le legioni iniziano il loro movimento, i Germani passano all'attacco. Germanicus, da parte sua, invia Stertinius e una parte della cavalleria ad attaccare il fianco dell'avversario, mentre il resto della cavalleria aggirerà il bosco per attaccarli sul rovescio del loro schieramento. Nel frattempo i Romani attaccano di fronte con la fanteria, che respinge ben presto i Germani nella foresta, dove prosegue il combattimento. Nell'esercito di Arminio comincia a insinuarsi il dubbio, anche se questi si lancia nella mischia con le riserve, costituite dalle migliori truppe cerusche. Rapidamente la resistenza dei Germani crolla e Arminio deve darsi velocemente alla fuga. I Romani massacrano un gran numero di fuggitivi. Germanicus, vittorioso, può a quel punto far elevare un trofeo dove iscrivere i nomi delle tribù sconfitte.

La turbolenta fine della campagna
Sempre secondo Tacito, Arminio e un altro capo, Inguiomerus, riuniscono a quel punto tutti i soldati ancora validi per mettere in crisi i Romani nella loro ritirata verso la Weser e lavare l'onta di un trofeo eretto sulle loro terre. Questa seconda battaglia viene lanciata come una grande imboscata, lungo una stretta valle fra foresta e fiume, presso la frontiera con gli Angrivari, delimitata da una strada, chiamata "muro degli Angrivari". Questo combattimento, che si sviluppa a ovest della moderna città di Hannover, si conclude a favore dei Romani, anche se Arminio riesce ancora una volta a fuggire. Germanicus, trionfante, fa erigere un secondo trofeo d'armi con questa iscrizione: "Vittorioso delle nazioni fra il Reno e l'Elba, l'esercito di Tiberio Cesare ha consacrato questo monumento a Marte, Giove e ad Augusto".
È probabile che le legioni romane si siano portate, a questo punto, in profondità nel territorio cerusico, attraversando la Leine (affluente di destra della Weser) e arrivando forse fino all'Aller (affluente di destra della Leine). A questo punto l'immobilismo dei nobili ceruschi favorevoli a Roma e una nuova rivolta degli Angrivari convincono Germanicus che è tempo di rientrare verso ovest. Dopo aver domato i ribelli, tenendo in conto i rischi di un inverno in piena Germania, il generale decide di marciare verso il Reno con la totalità del suo esercito. Mentre qualche legione rientra per la via di terra, la maggior parte delle truppe viene imbarcata sulle navi della flotta. Una volta in mare, una terribile tempesta porta i vascelli in parte al largo, disperdendoli, in parte sulle rocce e sui banchi di sabbia. La trireme di Germanicus riesce a raggiungere il territorio dei Cauchi. Una volta ritornati i venti favorevoli, il giovane generale, disperato dall'ampiezza del disastro, riesce nondimeno a riunire i resti della sua flotta e a riportare i sopravvissuti sul Reno. Le perdite di uomini, relativamente poco elevate, non tolgono peraltro nulla al carattere catastrofico di questa fine di campagna. D'altronde i Germani vicini del Reno non si sbagliano. I Ciatti e i Marsi rialzano la testa e pensano di nuovo alla rivolta. Germanicus deve inviare numerose truppe (circa 30.000 uomini e 3.000 cavalieri), al comando di Silius, per calmare gli ardori delle due tribù. Con queste spedizioni i Romani riescono a recuperare due delle tre aquile perdute da Varus con la sconfitta dell'anno 9 d.C.

Un bilancio della guerra in Germania
Alla fine dell'anno 16, anche se i Romani sono giunti fino alla Weser e hanno seminato il terrore presso i Ceruschi, gli Angrivari, i Ciatti e i Marsi, sono ben lungi dall'aver sottomesso le terre comprese fra il Reno e l'Elba. Alla fine dell'anno 16, l'immensa maggioranza delle truppe romane sverna finalmente sul Reno, vale a dire sul suo luogo di partenza all'inizio dello stesso anno. In fin dei conti, il carattere non decisivo delle due grandi battaglie riportate da Germanicus ci fa in qualche modo avanzare dei dubbi sulla loro reale portata. Scrive lo storico tedesco Hans Delbrück: «Il fatto che i Romani abbiano ottenuto delle larghe e decisive vittorie appare impossibile alla luce dello sviluppo degli
La storia non ci ha dato la possibilità di vedere il risultato, né la conclusione finale che avrebbero potuto avere le campagne di Germanicus
avvenimenti successivi, che non fanno emergere nessun effetto di queste vittorie ed alla luce dei racconti ulteriori di Tacito, nei quali Arminio, compare continuamente come un personaggio non sottomesso... Io penso a riguardo che le due grandi battaglie di Idistaviso e del muro degli Angrivari appartengano più al mondo delle favole. La relazione romana degli avvenimenti non appare sufficiente per provare la loro credibilità, poiché i loro risultati non lo confermano e numerose considerazioni oggettive parlano a loro sfavore. Tutto questo non esclude che ci possano essere stati dei combattimenti minori».
La storia non ci ha dato la possibilità di vedere il risultato, né la conclusione finale che avrebbero potuto avere le campagne di Germanicus. In effetti, in gran parte per gelosia, Tiberio richiama il figlio adottivo a Roma per assistere alle cerimonie del trionfo che gli è stato accordato. Germanicus ha un bel da fare per far comprendere che gli basterebbe sono un anno di più per completare la sua opera, ma l'imperatore rimane inflessibile, facendo capire che spettava ora al figlio di sangue, il giovane Druso, il compito di essere messo alla prova.
Germanicus, di ritorno a Roma nell'anno 17, riceve finalmente gli onori nel mese di giugno. Sul suo carro sono presenti i suoi cinque figli, per condividere con lui i frutti della sua gloria e della sua immensa popolarità. Nell'anno 18 Germanicus diventa una seconda volta console, avendo per collega, onore supremo, l'imperatore Tiberio, che da parte sua è al terzo consolato.
Viene in seguito inviato in Oriente, dove le sue nuove vittorie consentiranno la trasformazione in province romane dei regni di Cappadocia e di Commagene. Germanicus muore improvvisamente nell'ottobre del 19 ad Antiochia, in circostanze oscure. Il grande generale romano scompare a 35 anni. Non potrà più tornare in Germania per sottomettere definitivamente Arminio, che gli sopravvivrà di tre anni, dopo aver combattuto senza grande successo in Boemia il re dei Marcomanni, Marobaud, ma rimanendo per sempre un eroe della resistenza dei Germani contro Roma.

Il bilancio finale delle campagne di Germanicus è obiettivamente difficile da valutare. I successi tattici sono importanti e incontestabili, ma alla fine dei conti il valore strategico delle sue operazioni rimane debole rispetto agli interessi dell'Impero. Germanicus ha in primo luogo contraddetto le istruzioni di Augusto, che ingiungevano ai Romani di non usurarsi in imprese azzardate al di là del Reno. È d'altronde la sua ambizione eccessiva di sottomettere la Germania fino all'Elba, senza un esplicito ordine di Tiberio, a determinarne il richiamo, non appena le circostanze (il naufragio della flotta) lo rendono possibile. Brillanti e spettacolari, le campagne di Germanicus hanno in definitiva mancato di consistenza strategica. Esse hanno più contribuito alla sua popolarità che all'affermazione di una solida provincia romana sulla riva destra del Reno.
Vendicatore di Varo e del disastro di Teutoburgo, il generale romano fallisce, in definitiva, nella sottomissione dei Germani per cause che politiche (rivalità con Tiberio) e strategiche. Per raggiungere il suo obiettivo finale egli avrebbe dovuto avere le mani totalmente libere e diventare imperatore. Le sue vittorie troppo eclatanti provocano alla fine il suo richiamo a Roma, lasciando conseguentemente la libertà al popolo germanico.
BIBLIOGRAFIA
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