La storia della marina militare è fatta anche di navi che cambiano nome, destinazione d’uso o Paese di appartenenza sulla scia di esigenze economiche, politiche o spiccatamente belliche. Le vicende degli “esploratori” della classe Aquila della Regia Marina militare italiana sono a loro modo esemplari.
Le navi che cambiarono bandiera
di MARIO VERONESI
La storia della marina militare è fatta anche di navi che cambiano nome, destinazione d’uso o Paese di appartenenza sulla scia di esigenze economiche, politiche o spiccatamente belliche. Le vicende degli “esploratori” della classe Aquila della Regia Marina militare italiana sono a loro modo esemplari. Poco tempo prima dello scoppio della Prima guerra mondiale la Marina della Romania aveva commissionato ai cantieri navali italiani quattro unità, contrassegnate dalle sigle E1, E2, E3, E4, che avrebbero dovuto assumere i nomi di Vifor, Vijelie, Vartez, Viscol. Il loro stato di avanzamento lavori al 24 maggio 1915, quando l’Italia entrò in guerra a fianco delle potenze dell’Intasa, era il seguente: Vifor al 60%, Vijelie al 50%, Vartez al 20%, il Viscol non era ancora stato impostato. La Regia Marina requisì unità e materiali pronti e le unità furono classificati come “esploratori”. Mutati i nomi in Aquila, Sparviero, Nibbio e Falco, la loro costruzione fu portata avanti ma, per una serie di motivi dipendenti dallo stato di guerra, la consegna delle unità subì notevoli ritardi. Aquila e Sparviero entrarono in servizio nel 1917, Nibbio fu operativo pochi mesi prima della fine del conflitto, e Falco a ostilità cessate. Nel 1920 Sparviero e Nibbio furono ceduti alla Romania che li denominò rispettivamente Marasti e Marasesti; catturate dai russi durante la seconda guerra mondiale, furono incorporate nella flotta del Mar Nero per poi ritornare sotto bandiera rumena nel 1945. Nel 1939 Aquila e Falco furono invece ceduti segretamente alla Marina spagnola nazionalista e da questa denominati Melilla e Ceuta.

AQUILA (motto: Alarum verbera nosce)
Entrato in servizio all’inizio del 1917, l’esploratore fu dislocato a Brindisi, dove partecipò a diverse azioni navali nel basso Adriatico. Il 28 novembre l’ Aquila e lo Sparviero, con i
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L'Aquila nel 1917
cacciatorpediniere Animoso, Ardente, Ardito, Abba, Audace, Orsini, Acerbi, Sirtori e Stocco, partirono da Venezia e, insieme ad alcuni idrovolanti da ricognizione, inseguirono una formazione austriaca composta dai cacciatorpediniere Dikla, Streiter e Huszar e da quattro torpediniere che avevano bombardato la ferrovia nei pressi della foce del Metauro. Le navi italiane dovettero rinunciare all’inseguimento allorché giunsero nei pressi di Capo Promontore, vicino a Pola. Il 10 maggio 1918 l’Aquila fu inviata a Porto Levante insieme ai cacciatorpediniere Acerbi, Sirtori, Stocco, Ardente e Ardito per fornire eventuale appoggio all’incursione di MAS divenuta poi nota come “beffa di Buccari”. Durante il conflitto l’Aquila svolse complessivamente 42 missioni di guerra per un totale di 433 ore di moto, mentre rimase pronto a muovere per 1.032 ore.
Il mattino del 6 giugno 1928 salpò da Pola con altre unità per un’esercitazione che avrebbe coinvolto anche l’incrociatore leggero Brindisi. L’esercitazione prevedeva un attacco simulato alla formazione da parte dei sommergibili F14 e F15. Poco dopo le 8,40 il cacciatorpediniere Missori speronò l’F14 provocandone l’affondamento 7 miglia a ovest di San Giovanni in Pelago (Pola). L’Aquila fu tra le prime unità ad accorrere sul posto, e lo strisciare della catena dell’ancora consentì l’individuazione del relitto del sommergibile al cui interno, in larga parte non allagato, erano intrappolati vivi 23 dei 27 uomini dell’equipaggio. Durante le operazioni di recupero la presenza dell’ancora dell’Aquila si rilevò un problema, facendo sbandare il sommergibile. Il cavo fu agganciato al pontone GA145 da 30 tonnellate inviato da Pola, e l’F14 poté essere liberato dalla catena dell’ancora e riportato a galla. All’apertura dei portelli tuttavia, si constatò ciò che ore di silenzio dal sommergibile avevano ormai reso pressoché certo: l’intero equipaggio era deceduto.
L’Aquila venne poi ceduto segretamente l’11 ottobre 1937 alla Marina nazionalista spagnola, che lo denominò Melilla; per ragioni politiche non venne tuttavia depennato dal naviglio militare. Durante il primo periodo di servizio sotto bandiera spagnola l’Aquila fu munito di un quarto fumaiolo fittizio, in modo da poter essere scambiato con l’unico cacciatorpediniere non ex italiano della Marina franchista, il Velasco. Essendo un’unità vetusta, fu impiegato principalmente in compiti di vigilanza e scorta, ma nell’agosto del 1938 partecipò con il gemello Falco, divenuto Ceuta, e con l’incrociatore Canarias, all’azione che costrinse il cacciatorpediniere repubblicano José Luis Diaz a riparare a Gibilterra. Radiato nel 1950, il Melilla fu avviato alla demolizione.

SPARVIERO (motto: Cursu praedam inausum audet)
Il motto dello Sparviero fu ideato da Gabriele D’annunzio, che per rendere speciale omaggio al comandante lo scrisse su un messaggio e lo lanciò dall’aereo mentre sorvolava la nave. Il 29 settembre 1917 lo Sparviero, al comando di Ferdinando di Savoia principe di Udine, uscì in mare con i cacciatorpediniere Abba, Acerbi, Orsini, Stocco, Ardente, Ardito e Audace a supporto di una squadriglia di aerei nel bombardamento di Pola. Dopo la ritirata di Caporetto lo Sparviero e l’Aquila furono dislocati a Venezia, dove rimasero fino al 15 marzo 1918. In questo periodo parteciparono attivamente alla difesa della città lagunare, e a missioni in appoggio dei MAS verso le coste nemiche. Nel mese di maggio del 1918 lo Sparviero rientrò a Brindisi e fino alla fine del conflitto svolse attività bellica nel basso Adriatico. Terminata la guerra fu trasferito a Napoli per urgenti lavori poi, con il gemello Nibbio, nell’ottobre del 1919 raggiunse Costantinopoli, alle dipendenze della Squadra del Levante, operando per circa un anno nelle acque del Mar Nero, toccando i porti russi e rumeni. Fu in questo periodo che iniziarono i contatti fra il governo italiano e quello rumeno per il passaggio delle due navi alla Marina rumena. Il 1 giugno 1920 lo Sparviero inalberò la bandiera rumena e assunse il nome di Marasti. Il Marasti partecipò anche alla Seconda guerra mondiale, durante la quale svolse principalmente missioni di scorta convogli sulle rotte tra il Bosforo e la Crimea. Durante una di queste missioni l’unità affondò il sommergibile sovietico M 31. Il 29 agosto 1944, con l’occupazione della Romania da parte delle truppe sovietiche, il Marasti fu catturato a Costanza, ribattezzato Lyoghyj e assegnato alla flotta del Mar Nero. Conclusa la guerra, il Lyoghyj fu restituito alla Marina della Romania frattanto divenuta una Repubblica Socialista, ricevendo la denominazione di D 12. Radiato nel 1963, il D 12 fu demolito l’anno successivo.

NIBBIO (motto: Milvus praedam rapiet)
La
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Lo Sparviero nel 1918
carriera di questa unità nella Regia Marina fu particolarmente breve. Consegnata il 15 maggio 1918 fu assegnata al 3° Gruppo Esploratori con sede a Brindisi. Dal 20 giugno al giorno dell’armistizio svolse attività di guerra nel canale di Otranto insieme alle gemelle Aquila e Sparviero. Al termine del conflitto, per circa un anno operò con lo Sparviero nelle acque del Mar Nero. Dopo un anno di sosta a Costantinopoli il 18 giugno 1920 fu trasferito a Costanza, in Romania, dove il primo luglio ammainò la bandiera italiana per innalzare quella rumena, con il nome di Marasesti. Il Marasesti partecipò alla Seconda guerra mondiale, durante la quale, con il gemello Marasti, svolse principalmente missioni di scorta convogli. Nel 1944 l’unità venne modificata con l’aggiunta di 4 mitragliere da 37 mm e 2 da 20 mm. Catturato il 29 agosto 1944 dai sovietici e incorporato nella flotta del Mar Nero prese il nome di Lovkyj. Conclusa la guerra l’unità ritorno alla Marina rumena che lo ribattezzo D 11. Fu radiato e demolito nel 1963.

FALCO (motto: Piombo sulla preda)
Ultima unità della classe, l’esploratore Falco entrò in servizio poco più di un anno dopo la fine della Prima guerra mondiale, il 20 gennaio 1920. Tra il 4 e il 5 marzo 1921 il Falco trasportò da Civitavecchia a Sanremo re Vittorio Emanuele III, recatosi nella città ligure per i funerali del re del Montenegro Nicola I, deceduto ad Antibes il primo marzo. Nel 1937 il Falco fu sottoposto a lavori di modifica nell’armamento principale: i cinque cannoni da 152 mm furono rimossi e rimpiazzati con quattro da 120 mm. Il primo ottobre 1937 venne ceduto segretamente alla Marina spagnola nazionalista che lo denominò Ceuta. Durante il primo periodo di servizio sotto bandiera spagnola, il Falco-Ceuta fu munito, come l’Aquila-Melilla, di un fittizio quarto fumaiolo. Essendo un’unità vetusta, fu impiegato principalmente in compiti di vigilanza e scorta, ma nell’agosto del 1938 partecipò con il gemello Melilla e l’incrociatore Canarias all’azione che costrinse il cacciatorpediniere repubblicano Josè Luis Diaz a rifugiarsi a Gibilterra. Durante l’azione il Ceuta cannoneggiò il Diaz causando numerosi morti e feriti. Un’altra azione che vide protagonista il Ceuta fu la cattura del mercantile francese Prado, impiegato per conto dei repubblicani. Dopo la conclusione della guerra, Ceuta e Melilla furono assegnati a compiti addestrativi. Il Ceuta fu radiato e demolito nel 1948.




BIBLIOGRAFIA
  • Ufficio Storico della Marina Militare, Esploratori, Fregate, Corvette e Avvisi italiani – Roma 1968
  • Ufficio Storico della Marina Militare, Almanacco Storico delle Navi Militari Italiane 1861-1995 – Roma 1996
  • F. Favre, La Marina nella Grande Guerra. Le operazioni navali, aeree, subacquee e terrestri in Adriatico – Editore Gaspari 2008
  • P. P. Ramoino, Gli esploratori italiani 1919-1938 – “Storia Militare” n. 204, settembre 2010 R. B. La Racine, In Adriatico dopo la vittoria – “Storia Militare” n 210, marzo 2011