Capo militare delle Province Unite e re d’Inghilterra, Irlanda e Scozia, Guglielmo III d’Orange-Nassau è stato uno dei più grandi sovrani del XVII secolo. Fu il cardine della coalizione antifrancese che si opponeva a Luigi XIV.
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Guglielmo III d’Orange-Nassau, il rivale di Luigi XIV
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Luigi XIV ha avuto un grande nemico, che non avrà mai il piacere di incontrare ma che dovrà affrontare direttamente in battaglia per circa 30 anni, dal 1672 al 1702; un avversario di cui, paradossalmente, si conosce quasi nulla e che, sia in Inghilterra sia in Olanda, è poco conosciuto: Guglielmo III d’Orange-Nassau.
Nato nel 1650, quando Luigi XIV aveva già 12 anni, e morto nel 1702, agli inizi della Guerra di Successione di Spagna, Guglielmo è stato il perno fondamentale della coalizione antifrancese istituita a partire dalla Guerra d’Olanda (1672-78). Egli incarna la difesa delle libertà protestanti contro la “tirannia francese”.
Principe d’Orange, Stathouder (vale a dire capo militare delle Province Unite a partire dal 1672), re d’Inghilterra, Irlanda e Scozia a partire dal 1689, è, tra l’altro, il sovrano del Principato di Orange, territorio enclave nella Provenza che Luigi XIV non cesserà mai di disputargli. Guglielmo III cumula pertanto dei titoli che lo rendono, a fianco di Luigi XIV e dell’imperatore Leopoldo I d’Austria, uno dei principi più potenti dell’Europa della seconda metà del XVII secolo.
I segreti di un sovrano
Guglielmo III, come Luigi XIV, passerà gran parte della sua vita a fare la guerra. Di salute fragile (soffriva di gravi crisi d’asma), lontano dal mito di Ercole al quale è stato associato nell’iconografia del suo castello inglese di Hampton Court, a qualche chilometro da Londra, egli non è stato certamente un “grande stratega”.
Ancora oggi i protestanti dell’Ulster, in Irlanda del Nord, celebrano ogni anno in grande pompa l’anniversario della battaglia della Boyne (1690), che vide la sua vittoria sull’esercito del cognato, il re d’Inghilterra Giacomo III. Ma questa vittoria, che permette effettivamente al principe d’Orange di salvare un trono conquistato di fresco, non deve far dimenticare i lunghi anni di lotta contro gli eserciti di Luigi XIV, segnati dalle pesanti sconfitte, come quelle di Cassel (1679 e di Namur (1692).
La vita del Re Sole è stata uno spettacolo permanente offerto agli occhi del mondo. Sebbene Guglielmo III non abbia risparmiato nessun mezzo per emergere, egli appare, per contrasto, come un principe discreto, per non dire nascosto. Intorno al suo personaggio pubblico è fiorita una ricca propaganda sotto forma di testi, di immagini o ancora di medaglie. Ma il personaggio privato conserva la sua parte di mistero e la sua corrispondenza lascia intravedere un uomo avaro di confidenze. La natura della sua sessualità costituisce ancora l’oggetto di mille speculazioni fra gli specialisti.
Guglielmo III si è circondato di una rete molto ristretta di fedeli per governare, fra i quali Hans William Bentinck, nobilitato con il titolo di Conte di Portland dopo la gloriosa Rivoluzione; egli rifugge la compagnia e, diventato re d’Inghilterra nel 1689, rifiuta di riassumere con la sua persona la tradizione del tocco reale per guarire gli scrofolosi, cosa che egli considerava come un segno di superstizione. Gusto del segreto, determinazione a tutta prova, fede protestante nella Provvidenza: questi sono alcuni dei tratti del carattere di un principe la cui vita, dalla culla fino alla tomba, si associa ad una lotta contro l’avversità.
Gli Orange esclusi dal potere
Il primo grande nemico di Guglielmo III non è stato Luigi XIV ma il “partito degli Stati”. Le Province Unite erano formate da sette province sovrane, di cui la più ricca e la più importante era quella di Olanda. All’interno della provincia d’Olanda, la città di Amsterdam costituiva da sola uno Stato nello Stato. Nessuna decisione finanziaria di un certo rilievo non poteva essere assunta senza il suo accordo.
A metà strada fra uno stato federale e una confederazione di città sovrane, le Province Unite formavano un sistema istituzionale di rara complessità. Ad esempio, in politica estera la ripartizione delle competenze fra i Principi d’Orange, Grandi pensionari (ministri) e gli Stati Generali (la riunione delle sette province nei riguardi delle competenze federali) era sfumato e incerto. Vale la pena ricordare che nelle Province Unite ci sono stati due periodi senza Stathouder (1650-72 e 1702-47).
In materia di politica interna le decisioni più delicate derivavano da lunghi e aspri negoziati fra le città votanti a livello provinciale e fra le province a livello federale. Le coalizioni in tal modo si facevano e si disfavano velocemente e la corruzione era molto diffusa (i voti si acquistavano) e il ruolo di patronato risultava essenziale. Esistevano dinastie di reggenti assimilabili alle dinastie principesche delle monarchie vicine. La famiglia Fagel, ad esempio, ha espresso una linea di alti funzionari di primo piano che si perpetuerà sino all’invasione napoleonica del 1795.
Repubblica dominata dalla borghesia mercantile, le Province Unite riservavano un ruolo spesso sottostimato alla nobiltà, classe sociale dominante nelle province rurali della Gheldria e dell’Overyssel e naturale alleata degli Orange, ai quali forniva, in particolar modo, i quadri militari
La pratica delle istituzioni olandesi è stata ritmata da un conflitto quasi permanente fra i principi d’Orange e il “partito degli Stati”. De jure, i principi d’Orange si sono sempre definiti come “servitori dello Stato”, ma, de facto, essi esercitano una sovranità ufficiosa e spesso concorrente a quella degli Stati Generali. In nome della difesa della sovranità degli Stati provinciali e delle libertà batate, il “partito degli Stati” erige barriere costituzionali per allontanare gli Orange dalla vita politica. Nel 1654, L’Atto di Esclusione interdice agli Orange di accedere alle tradizionali cariche alla direzione dell’esercito: Stathouder, capitani generali e ammiragli generali. L’Editto, perpetuo del 1667, comporta l’abolizione della carica di Stathouder.
Posta all’Aia, la corte dove cresce il giovane Guglielmo III si trova ridotta in gravi difficoltà. Sua madre Maria Stuart, sorella di Carlo III di Inghilterra e del futuro Giacomo III d’Inghilterra, e la nonna Amelia di Solms, vedova di Federico Enrico di Nassau, Stathouder dal 1625 al 1647, conducono una dura lotta per controllare l’educazione del principe. Da sua madre Guglielmo III apprende di essere un principe alla stessa altezza degli altri principi europei, proprio perché nelle sue vene scorre sangue reale; dalla nonna viene invece a sapere di essere chiamato ai più alti destini in quanto, secondo le parole della stessa nonna, egli non può che essere o “Cesare o nulla”.
Maria Stuart muore nel 1660 e Amelia di Solms, che la sostituisce, viene a trovarsi in una situazione inedita: in qualità di “ragazzo dello Stato” Guglielmo III si vede affidato all’educazione di Jean de Witt, Gran Pensionario dal 1653 al 1672 e uno degli uomini più brillanti del suo tempo. Il paradosso non è di scarso rilievo quando si pensi che Jean de Witt passerà una grande parte della sua carriera a lottare contro il ritorno al potere degli Orange.
1672, l’anno del disastro
Nel 1672, Luigi XIV invade le Province Unite, episodio immortalato dal pittore fiammingo François Van del Meulen in una serie di quadri che costituiscono uno dei più bei pezzi della Galleria degli Specchi di Versailles. Si trattava, per il sovrano francese di condurre a termine una politica che, dopo la morte di suo cognato Filippo IV di Spagna (1665) portava la Francia a reclamare, sotto altra forma, la dote non pagata di Maria Teresa. L’Olanda, malamente difesa, abbandonata dal suo alleato britannico, presa nella tenaglia fra gli eserciti di Luigi XIV, dell’Elettore di Colonia e del vescovo di Munster, teme di essere perduta. Più di un testimone parla della fine di una “età dell’oro” durata quasi un secolo, che aveva trasformato queste province ribelli della Spagna in una fiorente repubblica commerciale, verso la quale affluivano le ricchezze delle colonie d’Asia, d’America e d’Africa.
Davanti alla gravità della situazione, una solo rimedio: aprire le dighe per inondare il paese e arrestare in tal modo la progressione delle truppe di Luigi XIV, la cui offensiva inizia a “impantanarsi” a partire dall’autunno 1672. Nella situazione critica venutasi a creare, viene richiamato al potere un Orange. Nominato Stathouder, capitano generale e ammiraglio generale, Guglielmo III si trova improvvisamente di fronte al destino che gli era stato promesso dalla sua nonna: condurre la Repubblica nella sua lotta contro la Francia, come aveva fatto un secolo prima il suo antenato, Guglielmo il Taciturno, liberando il nord dei Paesi Bassi dalla tutela spagnola. E, di fatto, l’Olanda verrà salvata. ”L’anno del disastro” come la chiamano ancora gli Olandesi, si trasforma in un “miracolo”.
Inizia così una guerra interminabile contro la Francia che accompagnerà Guglielmo III fino alla morte. Una guerra terrestre e navale; una guerra sul terreno della diplomazia per fare dello Stathouder il coordinatore di una vasta coalizione che riunirà le nazioni protestanti, ma anche cattoliche, contro Luigi XIV; una guerra, infine, di parole e immagini per rispondere alla propaganda della corte francese.
Re di guerra senza regno
Spalleggiato dal Grande Pensionario Gaspar Fagel, Guglielmo III mette a frutto la tradizione olandese in materia di stampa per inondare di pamphlet lo spazio dei dibattiti pubblici. La propaganda orangista si impegna ad accentuare il contrasto fra un principe d’Orange difensore della religione riformata e delle libertà europee e un re di Francia “divoratore” di territori e di protestanti.
E’ nel corso di questi anni che ha inizio la vera carriera di Romeyn de Hooghe, uno dei più grandi incisori del suo tempo e anche uno dei più feroci autori di satira contro Luigi XIV. Autore nel 1675 di una vita illustrata di Guglielmo III intitolata Il meraviglioso specchio degli Orange, de Hooghe utilizza una tecnica molto vicina a quella del fumetto, sotto forma di vignette, per inserire lo Stathouder nel solco delle gesta degli Orange.
Tuttavia, all’interno delle Province Unite, l’opposizione contro il principe d’Orange risulta crescente. Occorre sottolineare che a partire dal 1672 erano iniziate purghe massicce nei consigli municipali da parte dei fautori degli Orange. I sinodi non erano stati risparmiati, fatto che consente all’ala dura della chiesa calvinista di riprendere forza. La provincia di Utrecht, ultima a essere liberata dall’occupazione francese nel 1673, subisce la stessa sorte. Ma la continuazione della guerra in Fiandra provoca una paralisi del commercio e un rialzo della pressione fiscale che contribuiscono a nuocere fortemente alla popolarità dello Stathouder, anche fra quelli che l’avevano sostenuto senza riserve nel momento dell’invasione francese.
La provincia d’Olanda, tradizionale bastione del partito degli Stati e contribuente per più della metà del bilancio dell’esercito, si trova frequentemente in opposizione con le province che sostengono lo sforzo di guerra di Guglielmo III. L’opposizione assume progressivamente una forma più diretta e più violenta: nel 1683-84 si scatena una grave crisi fra Amsterdam e il principe d’Orange, nel momento in cui Luigi XIV si impadronisce del Ducato del Lussemburgo. Nel 1688 occorrerà tutta l’abilità del Grande Pensionario Gaspar Fagel per vincere queste resistenze e far appoggiare dall’insieme delle sette province il progetto di invasione di Guglielmo III.
Campione delle libertà protestanti
Le conseguenze catastrofiche della revoca dell’Editto di Nantes da parte di Luigi XIV nel 1685 comporta la partenza da 30 a 50 mila ugonotti verso le Province Unite. Questa decisione è stata originata, secondo alcuni, dalla capacità di Guglielmo III di presentarsi come garante della religione stabilita e degli interessi del protestantesimo in Europa. Un conto però era giocare sull’argomento della religione per toccare la sensibilità dei protestanti d’Europa, un altro creare intorno a sé una coalizione anti-francese che superasse le barriere confessionali e che permettesse di includere la Spagna e l’Austria.
Ma il più grande fatto d’arme di Guglielmo III è stato quello che ancora oggi viene chiama la Gloriosa Rivoluzione: lo sbarco, nel cuore dell’inverno 1688, di un esercito di 20 mila uomini in Inghilterra, la risalita da Torbay (luogo dello sbarco, vicino alla città di Essex) verso Londra, la fuga inopinata di Giacomo III e l’incoronazione di Guglielmo III a fianco della sua sposa Maria (figlia protestante di Giacomo III) come re d’Inghilterra, d’Irlanda e di Scozia nell’aprile 1689.
L’incoronazione di Guglielmo e Maria coincide con l’inizio della guerra dei Nove anni contro Luigi XIV (o Guerra della Lega di Augusta, 1688-1697). All’interno dei suoi regni e della Repubblica, il compito di Guglielmo III era immenso. Dalle Province Unite egli è assecondato dall’abilissimo Grande Pensionario, Anthonie Heinsius, che viene incaricato del coordinamento dello sforzo di guerra degli olandesi con quello dei britannici. Nelle isole britanniche le sfide erano molteplici. Occorreva sottomettere una Irlanda in maggioranza cattolica che, anche dopo la battaglia del Boyne, poteva diventare base arretrata di una rivolta dei fautori (giacobiti) di Giacomo III, sostenuti dalla Francia. Parallelamente occorreva dominare una Scozia lacerata da lotte ancestrali fra i clan, dei quali alcuni professavano la loro fedeltà a Giacomo III (va, in effetti, ricordato che gli Stuart costituivano all’origine una dinastia scozzese).
Nel regno d’Inghilterra occorreva tracciare una linea mediana fra whigs (fautori di un equilibrio fra il re e il Parlamento a favore del Parlamento) e tories (piuttosto favorevoli al re) per incitare il Parlamento a finanziare uno sforzo colossale di guerra, che vedrà il livello del debito pubblico passare in dieci anni da 2 a 18 milioni di lire sterline. Guglielmo III, convinto che il contributo finanziario dei suoi Parlamenti sarebbe risultato insufficiente, presiede a una “rivoluzione finanziaria” che porterà alla creazione della Banca d’Inghilterra (1694) e alla messa in opera di strumenti per il finanziamento del debito. Il passaggio da una economia agraria a una economia commerciale e finanziaria costituisce uno dei principali lasciti del suo regno. E’ proprio in questo preciso momento che l’Inghilterra diventa una grande potenza.
Straniero nei suoi regni
Divenuto re, Guglielmo III prende coscienza anche della necessità di proiettare una certa immagine della monarchia; un’immagine che, senza raggiungere gli splendori di Versailles, servirà ad “anglicizzare” un monaca spesso percepito come straniero in Inghilterra e a controbilanciare gli effetti della propaganda giacobita che presentava volentieri il nuovo re con i tratti di Oliver Cromwell: un usurpatore, dunque, che avrebbe preso il posto del re legittimo.
Ad Hampton Court, i giardini vengono ridisegnati attraverso una sapiente sintesi fra botanica inglese ed olandese. Grandi artisti, come il musicista Henry Purcell, il ritrattista Godfrey Kellner o ancora l’architetto Christopher Wren vengono sollecitati per consolidare la legittimità del regime guglielmino. Come Luigi XIV, sebbene in minor misura, Guglielmo III fa largamente appello alle arti ed alla cultura per mettersi in scena nei nuovi abiti di re.
Sarebbe errato voler opporre il calvinismo di Guglielmo III come religione del testo al cattolicesimo di Luigi XIV come religione dell’immagine. La guerra, in realtà, produce un livellamento di metodi di governo e una omogeneizzazione delle culture politiche. Il paradosso vuole che sia stato nella repubblica, ancora animata da una forte tradizione anti-monarchica, che Guglielmo III abbia appreso, in maniera indiretta, il mestiere di re prima di arrivare a praticarlo in un paese straniero per i dieci ultimi anni della sua vita.
La guerra dei Nove anni si conclude senza un'avanzata spettacolare di alcuno dei due contendenti. Da parte francese, la pace provvisoria di Ryswick (1697) obbliga Luigi XIV a riconoscere Guglielmo III come re d’Inghilterra, d’Irlanda e di Scozia e a rinunciare a sostenere il progetto di restaurazione di Giacomo III. Dopo la morte di quest’ultimo nel 1701, Luigi XIV ritorna sui principi di Ryswick, riconoscendo il pretendente Giacomo III, figlio di Giacomo III. Questo voltafaccia del re di Francia costituisce una minaccia per la successione protestante del trono d’Inghilterra, obbligando Guglielmo III a firmare una grande alleanza con l’imperatore Leopoldo d’Austria (1701). Ma il sovrano non vide i frutti di questa politica: morì nel 1702 in seguito a una caduta da cavallo.
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BIBLIOGRAFIA
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Emmanuel Le Roy Ladurie, L'ancien régime. Vol. 1: Il trionfo dell'Assolutismo. Da Luigi XIII a Luigi XIV (1610-1715) - Bologna, Il Mulino, 2000
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