Leonardo da Vinci non fu l'unico grande uomo d'ingegno del Rinascimento. Allo stesso modo degli umanisti, anche altri personaggi della scienza hanno beneficiato delle attenzioni dei mecenati. Cominciò così a delinearsi un'Europa industriosa e “industriale” che non sarebbe cambiata più fino al XIX secolo.
Gli ingegneri domano l’acqua, il vento e il fuoco
di MAX TRIMURTI
Il Rinascimento evoca la pittura, le lettere, l'architettura, ma raramente il suo nome è associato alla meccanica e agli ingegneri. Tuttavia, a partire dal XIV secolo, inizia a circolare diffusamente anche una letteratura a sfondo tecnico. Nel XVI secolo la stampa moltiplica la diffusione di una categoria di libri, denominati “teatri delle macchine”, come ad esempio il volume del Ramelli (1588), che è stato al servizio di Enrico III di Francia, del Besson (1569), dello Zonca (1607), dello Strada di Rosberg (disegnato verso il 1580 e pubblicato nel 1617).
Questi ingegneri-artisti-architetti di corte costituiscono un ambiente caratteristico del Rinascimento. La loro funzione sociale è quella di porsi al servizio di un principe mecenate dal quale si attendono fortuna, gloria e onori. I loro libri si rivolgono a non specialisti. Così la tecnica esce dal suo settore tradizionale della trasmissione orale individuale ed entra nel circuito letterario. Ai principi, dispensatori di fondi, occorre parlare, in primo luogo, dei loro interessi: la guerra. Ma viene affrontato anche tutto quello che può accrescere il prestigio del mecenate: l'organizzazione del territorio, il trasporto dell’acqua, i canali, insomma il “buon governo”. Se la tecnica è diventata oggetto di conversazione alla moda nell’aristocrazia, lo si deve, dunque, agli ingegneri.

L'ambiente e l'evoluzione sociale hanno prodotto questi uomini. Dalla fine del XIII
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Progetto del Taccola per una gru
secolo i mercanti italiani hanno avuto bisogno di una cultura scientifica basata sulla matematica, supportata da una pratica del calcolare presto e bene. In Italia questo ambiente era molto sviluppato: la Firenze del XIV secolo non raggiungeva i 100.000 abitanti, eppure circa 1.200-1.500 ragazzi vi studiavano già l’aritmetica. Gli ambienti degli affari hanno consentito ad alcuni matematici professionisti di vivere, di scrivere e di propagare nel mondo cristiano l’algebra e la matematica venuta dall’Islam. Essi sono soprattutto italiani, a volte spagnoli o provenienti da comunità ebraiche del sud della Francia.
La matematica occupa uno spazio significativo nell’educazione del Rinascimento, in quanto le frontiere della cultura di allora non coincidevano con quelle attuali. Francesco di Giorgio Martini e Leonardo da Vinci sono ingegneri e pittori, Piero della Francesca, pittore, è l’autore di un celebre trattato di matematica. Questo mondo scientifico originale, che vive al di fuori delle università, continua nel XVI secolo con un accento un po’ più umanista, anche se non tutti gli strati sociali vengono raggiunti da questi impulsi: Montaigne nel 1580 può ancora scrivere candidamente di non saper contare.

Numerosi sono gli ingegneri italiani che esercitano le loro capacità nel XVI secolo nel regno di Francia. I sovrani francesi li chiamano a corte perché sono convinti della loro superiorità tecnica e anche perché influenzati dal prestigio delle corti italiane.
Gli ingegneri francesi a loro contemporanei (fra i quali vale la pena ricordare Louis de Foix per la sua attività nella costruzione di fortificazioni e nella sistemazione del porto di Bayonne) sono decisamente meno conosciuti. In ogni caso, l’analisi dei loro progetti ci consente di individuare i problemi sui quali essi si concentrarono. Il primo è quello della quantità di energia disponibile e della limitata potenza delle loro macchine. Questi problemi non sono nuovi, in quanto le fonti di energia disponibili a quel tempo hanno subito una relativa evoluzione dall’Antichità: l’uomo, l’animale, l’acqua. L’idraulica è, prima di tutto, il molino a ruota verticale, mentre la ruota orizzontale è più frequente nei Paesi affacciati sul Mediterraneo.
Il Medioevo ne ha tuttavia incrementato l’eredità con la messa a punto del molino a maree, apparso nella Vandea nel XI e XII secolo e di cui Mariano di Jacopo, ovvero il Taccola, disegnò diversi progetti. Dalla fine del XII secolo si apprese anche l'utilizzazione del vento.

Tuttavia la potenza delle macchine rimane insufficiente e gli ingegneri cercano disperatamente di accrescerla, combinando i diversi procedimenti, che oggi ci fanno a volte sorridere e relativizzare il valore documentale di tali progetti.
E’ verosimile che persino dei semplici falegnami, costruttori di mulini, si siano accorti come certi disegni risultavano assurdi dal punto di vista meccanico. Tutto questo derivava dal fatto che ancora non si era in grado si ottenere movimento dal calore. Il mondo conosce da lungo tempo l’arte del fuoco: ceramica, metalli. Ma le intuizioni meccaniche di Erone di Alessandria nel I secolo sono state utilizzate solamente in personaggi o animali meccanici e i disegni del Branca (1620) attestano solamente che certuni di essi presagiscono le potenzialità del vapore. Occorre dire che esiste a quel tempo una barriera concettuale da superare. Fino al XVIII secolo le macchine saranno concepite come strumenti per catturare il movimento. Un movimento che esisteva già: l’uomo, l’animale marciano; l’acqua cola, il vento soffia. Addomesticando questo movimento o spostamento naturale si può ottenere il movimento di una ruota, si alza un maglio, ecc.

Il fuoco non si muove e per passare dalla cottura alla rotazione occorre, in primo luogo,
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Una pagina del trattato di architettura di Francesco di Giorgio Martini
immaginare che si possa creare del movimento a partire dall’inanimato. Tutto questo è stato realizzato solo nel XVIII secolo, in primis per pompare le acque di infiltrazione dalle miniere.
Il Rinascimento ha conosciuto un formidabile sviluppo minerario: probabilmente l’estrazione mineraria è quintuplicata nel periodo fra il 1450 ed il 1550. Ma la possibilità di evacuare l’acqua costituiva un limite che si è potuto superare solo con la pompa a fuoco.
Quest’ epoca è anche quella di una scoperta meccanica importante. Il sistema biella-manovella. Gli animali, l’acqua, il vento forniscono un movimento rotativo, utilizzato per macinare cereali, luppolo, malto, olive, semi di papavero per l’olio, tinture, ecc. Occorre però un movimento alternativo per lavorare le stoffe, preparare la pasta di carta, battere i cerchi di ferro, segare il legno. La nostra meccanica conosce due maniere per trasformare un movimento rotativo in alternativo. L’Occidente medievale conosceva solamente la camma. E’ alla fine del XIV secolo che appare la biella e la manovella, e i Taccola o i Giorgio Martini impiegano volentieri questo metodo tutto nuovo.
Un’altra novità è costituita dal procedimento indiretto per l’ottenimento del ferro a partire dalla fusione. Nel corso del XIV e soprattutto XV secolo viene progressivamente adottato l’altoforno. Alcuni materiali refrattari riescono a resistere a un calore più elevato ottenuto a partire dal carbone naturale, che rimpiazza il carbone di legna e che viene attizzato con dei soffietti idraulici.

Si ricorderà anche, per memoria, la polvere da sparo e l’artiglieria. In primo luogo perché la polvere militare è lenta a imporsi e mantiene per molto tempo una funzione di mezzo per spaventare o per terrorizzare gli avversari. Di fatto, nel 1482 Leonardo da Vinci nella sua offerta di servizi agli Sforza spiega di saper costruire anche mangani e trabucchi. Per quanto riguarda il suo impiego industriale, sarà solo nel XVII secolo che la polvere inizierà a essere utilizzata nelle miniere. Tutto questo non impedisce però all’artiglieria, ad esempio quella di Carlo VIII durante la campagna d’Italia, di fare una notevole impressione sui campi di battaglia.
La nascita della meccanizzazione industriale si inserisce in un movimento di lungo periodo: già l’industria molitoria idraulica romana del III secolo (vedasi l’impianto di Berbegal nei pressi di Arles) aveva dato inizio a un impiego sistematico di procedimenti meccanici per ottenere una produzione in grandi quantità.

Le novità propriamente tecniche sono effettivamente limitate, ma è durante il Rinascimento che il lavoro dell’uomo comincia a fissare il paesaggio industriale dell’Europa, che rimarrà praticamente inalterato fino alla metà del XIX secolo. La preponderanza dell’energia idraulica, combinata con la diminuzione relativa del carbone di legna, fa sì che si imponga un certo tipo di localizzazione. Non sono più le foreste che accolgono i carbonai e i fabbri, in gran parte itineranti, ma sono i fiumi, laddove c’è abbondante acqua, cascate e dislivelli, che diventano i luoghi preferiti dei siti industriali. In definitiva è la presenza dell’energia che determina la localizzazione; da questo momento le materie prime verranno trasportate sui luoghi di lavorazione. Ecco così si insediano, accanto a una stessa forza idraulica, diverse attività: molini, attività legate al cuoio, martinetti, ecc.
Il Rinascimento ha pertanto conosciuto gli inizi di una localizzazione industriale che comincerà a dare dei segni di diversificazione solamente con la comparsa della macchina a vapore nel XIX secolo. Il suo progetto di organizzazione del territorio ha gettato le basi di una geografia creata dall’uomo, i cui principi hanno retto per cinque secoli: in fin dei conti un bel successo.


BIBLIOGRAFIA
  • Francesco di Giorgio Martini, Trattati di Architettura, Ingegneria e Arte Militare, a cura di C. Maltese - Il Polifilo, Milano, 1967
  • F. D. Prager e G. Scaglia, Mariano Taccola and His Book "De ingeneis" - Cambridge, 1971
  • AA.VV., Storia d’Italia, Scienza e tecnica nella cultura e nella società dal Rinascimento a oggi – Einaudi, Torino, 1980