Il via alla creazione del primo arsenale di armi non convenzionali risale agli anni successivi alla Rivoluzione d'Ottobre. Elementi patogeni vennero utilizzati per la prima volta a Stalingrado, nel 1942, contro i Tedeschi. Ma la ricerca sovietica per la produzione di armi biologiche affiancò allo studio di virus dannosi per la persona anche quello di agenti capaci di distruggere la produzione agricola e gli animali. Ad occuparsene fu il laboratorio Biopreparat, attivo fino alla fine degli anni '80.
Le armi biologiche sovietiche
di RENZO PATERNOSTER
L'uso delle armi "non convenzionali" si perde nella notte dei tempi: l'utilizzo di queste armi ha da sempre appassionato i maestri di guerra fin dagli inizi della nostra storia, quando gli stregoni cercavano di avvelenare il nemico.
Studiando la storia delle armi non convenzionali (su questo argomento, mi permetto di rinviare al mio "Le armi non convenzionali: l'uomo verso l'autodistruzione", in Storia in Network, numero 123, gennaio 2007), ci accorgiamo che questa perversione non è stata prerogativa solo di quelli che l'Occidente considera Stati e governanti criminali (dalla Germania di Hitler all'Iraq di Saddam Hussein). Proprio gli Stati Uniti d'America, i paladini della giustizia del nostro tempo, ma anche l'ex Unione Sovietica sono stati i pionieri di programmi d'armamento chimico e biologico: i piani per lo studio, la ricerca e la realizzazione di armi non convenzionali sono stati infatti sovvenzionati e portati avanti da strutture statali. Ovviamente nessuna grossa potenza ha mai rivelato pubblicamente i propri propositi di sviluppare progetti per intraprendere guerre con armi non convenzionali, tanto più che queste sono state messe al bando da opportune convenzioni.

Le prime informazioni ufficiali, circa il programma di armamento chimico e biologico dell'Unione Sovietica risalgono al 1993, quando il chimico russo Vil Sultanovic Mirzayanov
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Alibekov, direttore del laboratorio Biopreparat.
pubblicò una serie di articoli su esperimenti illegali condotti in URSS durante tutto il periodo della Guerra Fredda. Ovviamente lo scienziato Mirzayanov, che lavorava da ventisei anni presso l'Istituto di Ricerca sulla Chimica Organica e la Tecnologia, non solo perse il lavoro, ma fu imprigionato dalle autorità russe. Le rivelazioni di Mirzayanov divennero ancor più reali nel 1999, quando un altro scienziato russo, Kanatjan Alibekov, già dirigente di una delle "fabbriche" chimiche e biologiche sovietiche, la Biopreparat, scappò in America e pubblicò con il suo nuovo nome di Kenneth Alibek il celebre saggio Biohazard ("Rischio biologico"), denunciando pubblicamente l'attività di ricerca biologica condotta dall'Unione Sovietica.
Il programma militare biologico sovietico ha tuttavia origini ancor più antiche della Guerra Fredda. Risale infatti agli anni immediatamente successivi alla Rivoluzione di Ottobre, quando Mosca decise di sviluppare a fini bellici colture di tifo e di vaiolo.

Tutto cominciò dopo la guerra civile del 1918-1921, quando i vertici militari rivoluzionari, impressionati dall'enorme numero di vittime causate da un'epidemia di tifo, deliberarono di trasformare questa malattia in un'arma. Nel 1928 il Consiglio Militare Rivoluzionario firmò un decreto che autorizzava lo sviluppo e l'utilizzo del tifo come arma non convenzionale. A seguito di questo decreto, il GPU (o piú propriamente OGPU: Ob-edinënnoe Gosudarstvennoe politiceskoe upravlenie, ossia "Amministrazione Politica dello Stato dell'Unione"), antenata del KGB (Komitet Gosudarstvennij Bezopasnosti, vale a dire "Comitato di Sicurezza dello Stato"), diede il compito all'Accademia Militare di Leningrado di studiare e coltivare in laboratorio i microrganismi che causano il tifo usando cavie ed embrioni di polli. Nel 1969, proprio in questa accademia nacque l'Istituto di Ricerca Scientifica di Medicina Militare.
Sempre nel 1928 fu allestito, a trenta chilometri dal villaggio di Perkhushkovo, un centro sulla ricerca e lo sviluppo del vaccino contro il tifo. Nel 1933 questo centro fu convertito in Istituto di Ricerca Scientifica di Microbiologia per scopi bellici. Nel 1942, a seguito dell'avanza dell'esercito nazista, tutti i laboratori di ricerca di Perkhushkovo furono trasferiti presso la città di Vyatka (ora Kirov), a circa millecinquecento chilometri da Mosca. Sotto la direzione dello scienziato Ivan Velikanov, i nuovi laboratori si specializzarono nello sviluppo di tifo, febbre Q (Queensland), tularemia, brucellosi, carbonchio, morva (una malattia debilitante tipica degli equini, adattata in questo caso all'uomo) e peste. Proprio la cittadina di Kirov, nel 1941, fu infettata da alcuni agenti biologici. Non si è mai saputo se fu un incidente o un evento deliberato.
Nel corso degli anni nacquero altri centri: il Centro Ricerche Militari di Tobolsk, in Siberia, specializzato nella ricerca e nella sperimentazione dell'antrace; il laboratorio batteriologico di Pokrovskiy, nella città di Suzdal; il Centro di Virologia di Zagorsk (ora Sergiev Posad); il Centro per i Problemi Tecnici Militari della Difesa Anti-batteriologica di Sverdlovsk (ora Ekaterinburg); il centro sperimentale dell'isola di Solovetsky, nel Mar Bianco, dove furono testati sui prigionieri provenienti dai gulag il tifo, la febbre Q e la morva.
La ricerca scientifica militare per la produzione di armi non convenzionali non si limitò al solo studio di virus dannosi per la persona, ma anche di agenti patogeni capaci di distruggere la produzione agricola e gli animali. Laboratori tristemente famosi per questo scopo sono stati l'Istituto Scientifico per la Protezione Animale, sorto vicino Novosibirsk, in Siberia, e l'Istituto di Ricerca Scientifica Agricola di Gvardeyskiy, in Kazakhstan.

Il primo probabile utilizzo di armi non convenzionali da parte dell'Unione Sovietica avvenne nel 1942, sul fronte russo-tedesco, poco prima della battaglia di Stalingrado. Le truppe tedesche iniziarono ad ammalarsi di tularemia, una patologia normalmente trasmessa all'uomo da roditori per via di zanzare e zecche (la forma è in questo caso ulcero-ghiandolare), oppure provocata per via aerea (in questo caso la patologia è polmonare e tifo-simile).
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Il complesso Vector a Ekaterinburg.
La campagna militare tedesca fu costretta ad arrestarsi temporaneamente a causa dell'enorme aumento dei casi di tularemia nella forma polmonare. L'epidemia in seguito si sparse anche in Unione Sovietica, intorno a Stalingrado, causando il contagio di oltre centomila persone.
Un altro evento che coinvolse la popolazione civile avvenne nel 1946, quando la città di Sverdlovsk, a est della catena degli Urali, fu infettata da strani agenti biologici. Anche in questo caso non è dato sapere se fu un atto voluto o un incidente.
Nel 1979 la stessa città di Sverdlovsk fu ancora una volta il centro di una grossa epidemia di antrace. Le stime ufficiali delle autorità sovietiche ammisero il decesso di centocinque civili per carbonchio da inalazione, ma secondo l'ex-direttore e delegato al reparto di Biologia dell'ospedale di Sverdlovsk, Kanatjan Alibekov, le vittime dell'epidemia furono molto superiori. Ovviamente i dati di Alibekov non sono supportati da documentazione, dato che il KGB mise sotto controllo l'ospedale della cittadina, facendo sparire la maggior parte dei rapporti ospedalieri e le annotazioni mediche. Per molti anni la spiegazione ufficiale del governo, ritenuta subito poco credibile, fu che le vittime avevano mangiato inconsapevolmente carne infetta. Solo nel 1992 il presidente russo Eltsin ammise che si era trattato di un incidente, uno spargimento accidentale di spore del carbonchio da un centro di ricerca scientifica della zona. L'incidente di Sverdlovsk aumentò i sospetti occidentali sull'esistenza di un programma segreto sovietico per la produzione di armi biologiche.

Il programma sovietico di armamento batteriologico continuò sotto Krusciov. Fu lui ad approvare un progetto scientifico-militare chiamato "Ecologia", destinato a sviluppare potenti virus nocivi non solo all'uomo, ma anche all'agricoltura e agli allevamenti. Tra questi virus fu sviluppata una pericolosa variante dell'afta epizootica, capace di distruggere interi allevamenti di bovini, la febbre suina africana e la psittacosi per l'uccisione dei polli.
Nonostante la sottoscrizione del trattato internazionale di messa al bando delle armi batteriologiche e biologiche, Mosca continuò a lavorare al suo programma. Nel 1973, un anno dopo quella firma, Breznev avviò il "Progetto Enzima". Esso prevedeva la creazione di centri di ricerca scientifica per sviluppare agenti patogeni modificati geneticamente per resistere agli antibiotici e ai vaccini, tra cui tularemia, peste nera, carbonchio, morva, vaiolo, marburg.
Sotto la copertura di un'organizzazione che ufficialmente si occupava di ricerche biotecnologiche per scopi pacifici destinate ai settori medico e agricolo, nacque così la Biopreparat, la più ambiziosa e avanzata installazione di ricerca scientifica militare del mondo di quel periodo. Consisteva di una quarantina di strutture di sviluppo e produzione di armi offensive non convenzionali, inclusi sei impianti di produzione, alcuni laboratori per la ricerca di vaccini e quarantasette laboratori adibiti a test. Al progetto lavoravano tra venticinquemila e trentaduemila persone, militari e civili, di cui oltre novemila erano scienziati.
Biopreparat era all'avanguardia in ogni dettaglio delle nuove armi non convenzionali. Attraverso la manipolazione genetica, produsse nel corso degli anni vari tipi di "supergermi" più efficaci, potenti e pericolosi di quelli naturali.
Si crearono così nuovi ceppi di batteri rendendoli resistenti ad antibiotici e a vaccini, oltre che in grado di sopravvivere più a lungo nell'ambiente esterno a tutte le temperature. In batteri e virus contagiosi s'inserirono geni estranei per permettere la produzione del veleno del cobra o di altre mortali tossine nel corpo di una vittima, oppure per produrre
In batteri e virus contagiosi s'inserirono geni estranei per permettere la produzione del veleno del cobra o di altre mortali tossine
sostanze chimiche in grado di attivare in essa risposte auto-immuni letali. Infine, sempre nei laboratori della Biopreparat, furono creati anche degli organismi "chimerici", vale a dire dei patogeni ibridi e innaturali, ottenuti combinando tra loro vari tipi di germi: ad esempio, nei virus di alcune febbri emorragiche erano stati trasferiti con successo geni dei virus influenzali, al fine di renderli trasmissibili per via aerea e, dunque, in grado di causare milioni di morti. Tra i risultati più eclatanti, un forma estremamente virulenta di encefalite equina venezuelana e una di peste bubbonica resistente a moltissimi antibiotici.
Tra le attività di Biopreparat c'era anche la produzione di Pseudomonas mallei (responsabile della morva, una malattia dei cavalli che può colpire anche l'uomo), utilizzata dai Russi durante la guerra in Afghanistan.
Tra i massimi dirigenti del programma ricordiamo lo scienziato e generale di divisione Vladimir Pasechnik, che nel 1989 fuggì in Inghilterra. Anche il già nominato dottor Kanatjan Alibekov - poi collaboratore del governo statunitense - fu uno dei massimi dirigenti delle strutture della Biopreparat. Suo sottoposto fu lo scienziato russo Serghieij Popov, capo dipartimento di un programma che comprendeva lo sviluppo di armi biologiche geneticamente ingegnerizzate. Popov nel 1993 si trasferì in Virginia iniziando a lavorare per la Hadron Advanced Biosystems (nel 2002 sospettata di coinvolgimento nella questione delle "lettere all'antrace"), per passare alla Southwestern Medical Center dell'Università del Texas e poi, nel 2004, al National Center for Biodefense, dove lo stesso Alibek insegnava.

Tra i centri scientifici legati a Biopreparat, i più importanti furono il complesso di Stepnagorsk, nel Kazakhstan, l'Istituto di Ricerca Scientifica Agricola di Gvardeyskiy, sempre in Kazakhstan, il complesso Vector, vicino Sverdlovsk in Siberia, i laboratori dell'isola di Vozrozhdeniye, nel Mare d'Aral.
L'Istituto Scientifico Sperimentale di Stepnogorsk (conosciuto con l'acronimo di SNOPB - Stepnogorskaya Nauchnaya Opytno-Promyshlennaya Baza), ignorato nella sua ubicazione persino a molti scienziati del progetto Biopreparat, era specializzato nello sviluppo dell'antrace.
Nato nel 1982 sulle steppe del Kazakhstan, a quattordici chilometri da Stepnogorsk, l'Istituto Scientifico Sperimentale SNOPB fu dapprima diretto dal Perov, poi, dalla fine del 1983 dal Alibekov.
Il centro scientifico occupava un'area approssimativamente di due chilometri quadrati, aveva un eliporto e venticinque edifici, tra alloggi, magazzini, uffici amministrativi, unità mediche e, ovviamente, laboratori scientifici. L'istituto era anche dotato di vie di fuga sotterranee, utili in caso d'attacco nucleare.
A seguito dell'incidente di Sverdlovsk, nel 1979, i migliori specialisti furono trasferiti proprio nei laboratori di Stepnogorsk, dove, accanto allo sviluppo dell'antrace, si avviarono nuovi progetti biomilitari di difesa (preparazione di vaccini e medicinali ) e d'attacco, tra cui quelli rivolti allo studio della tossina di stafilococco.
L'Istituto Scientifico Sperimentale SNOPB aveva la capacità di produrre circa trecento tonnellate di antrace l'anno. Tuttavia, i laboratori non produssero mai queste quantità.
Mentre l'impero sovietico si stava eclissando, in questa struttura lavoravano circa ottocento persone, tra cui diciassette scienziati e cento ricercatori.
Nel 1992 le autorità del Kazakhstan convertirono l'istituto da ricerca militare a ricerca pacifica. Il nuovo centro ricerche, che si chiamò Biomedpreparat, si specializzò nella produzione di farmaci, tra cui l'insulina.
Anche l'Istituto di Ricerca Scientifica Agricola (NISKHL) di Gvardeyskiy (Gvardeïski), cittadina situata in prossimità della città di Otar, in Kazakhstan, collaborava al programma di armamento biologico sovietico. Creato nel 1958 sotto la direzione del Ministero dell'Agricoltura, a partire dal 1970 questo istituto si dedicò allo studio e sviluppo di agenti batteriologici nocivi per gli animali e le piante. I suoi laboratori erano specializzati nelle cura di malattie esotiche e di virus altamente nocivi alle piante e al bestiame d'allevamento. In piena Guerra Fredda si specializzò anche nello studio e nello sviluppo del virus della peste bovina, del Paramixovirus (virus responsabile della malattia di Newcastle, che colpisce il pollame), dell'agente che provoca il vaiolo caprino, del virus che provoca la cosiddetta "lingua blu" (febbre ovina), del Herpesvirus (virus che provoca la pseudorabbia o malattia di Aujeszky ai suini), del fungo Puccinia che attacca i cereali provocando la ruggine striata. L'intero complesso occupava un'area di diciannove ettari, includeva quindici laboratori, con un vivarium e serre, impiegando quattrocento persone tra scienziati, tecnici e addetti alla vigilanza.
Dissolto l'impero sovietico l'Istituto di Ricerca Scientifica Agricola di Gvardeyskiy ha continuato i suoi studi, ma solo nel campo della ricerca virologica pacifica.
Il complesso Vector era un'unità Biopreparat specializzata principalmente nello studio e nello sviluppo del virus di Marburg (il virus prende il nome dalla città tedesca di Marburg dove fu isolato nel 1967, a seguito di un'epidemia di febbre emorragica verificatasi tra il personale di un laboratorio addetto alle colture cellulari che aveva lavorato con reni di scimmie verdi ugandesi).
In uno dei laboratori di questo grande centro scientifico sovietico nacque il famigerato virus chiamato "Variante U". "U" come Ustinov.

Nikolai Ustinov era un ricercatore del complesso Vector, che a seguito di un incidente morì infettato da uno dei terribili virus che stava studiando. Nell'aprile del 1988,
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Una rara immagine dell'interno del complesso Vector.
nonostante Ustinov indossasse uno scafandro protettivo simile ad una tuta spaziale, mentre iniettava a dei topi di laboratorio una variante del virus Marburg, si punse un dito con una siringa usata per gli esperimenti. Subito dopo essersi ripulito con una doccia chimica, lo scienziato avvertì il suo superiore, fu quindi messo in quarantena e rinchiuso in un centro biomedico speciale, sigillato da portelloni stagni simili a quelli dei sottomarini. Tutto il personale medico adottò opportuni accorgimenti per non entrare in contatto diretto con lo scienziato infettato. Neanche alla famiglia fu permesso di comunicare o visitare l'ammalato. Un antidoto per il ricercatore arrivò troppo tardi.
Lo scienziato decise di tenere un diario della sua malattia, ma, dopo il quarto giorno di internamento, il virus fece sentire tutti i suoi terribili effetti: forte emicrania, febbre alta, microemorragie interne all'occhio. Negli ultimi giorni di malattia, Ustinov iniziò anche a sudare e vomitare sangue. Tutte le trasfusioni di plasma risultarono inefficaci, perché il paziente subito rigettava il sangue infuso dalla bocca e dal retto. Ustinov morì il 30 aprile del 1988.
Il decorso della sua malattia fu studiato dagli scienziati della Biopreparat, compreso Alibek: nella loro carriera, nessuno aveva mai visto nulla di simile. Il virus modificato di Ustinov era incredibilmente resistente agli antibiotici, procurava effetti devastanti sul corpo umano, risultando straordinariamente più letale di quanto si pensasse. In definitiva si capì subito che il virus poteva divenire l'arma biologica assoluta.
Il prelievo di sangue e organi vitali dal cadavere di Ustinov servì per replicare il virus in laboratorio, che fu chiamato "Variante U". Il nuovo virus confezionato dai laboratori della Biopreparat era così potente che bastavano da una a cinque particelle microscopiche del nuovo ceppo virale per uccidere una scimmia, contro le ottomila spore di carbonchio da utilizzare per ottenere gli stessi esiti.

Collegata alla ricerca biomilitare dell'Unione Sovietica è stata l'isola di Vozrozhdeniye (in russo:Vozrozhdenije Ostrov), nel Mare d'Aral, trasformata dapprima in un immenso centro di ricerca e sperimentazione, poi, dopo la dissoluzione dell'URSS, in un enorme cimitero di scorie e armi non convenzionali.
Posta sotto il controllo del Ministero della Difesa già nel 1936, l'isola, a causa della sua collocazione remota e del suo clima inospitale, è stata per lungo tempo uno dei luoghi privilegiati dai sovietici per sbrigarvi questioni segrete. La mancanza di vegetazione, il clima caldo e secco, la presenza di un terreno sabbioso che in estate raggiungeva i 70°C e il vento che spirava quasi sempre in una direzione (verso sud), la rendevano il luogo ideale per condurre test batteriologici, perché questi fattori riducono la diffusione e la sopravvivenza degli organismi patogeni.
Già prima della Seconda Guerra Mondiale l'isola era stata usata come gulag per i kulaki, i piccoli proprietari terrieri eliminati da Stalin. In seguito, nel 1954, fu costruita una prima area-test per armi biologiche, chiamata Aralsk-7. In piena Guerra Fredda l'intera isola fu strutturata per divenire un immenso laboratorio scientifico a cielo aperto.
Nella parte meridionale furono costruiti i laboratori di un centro scientifico militare, mentre in quella settentrionale, a poco più di un chilometro, furono costruite caserme per i militari, case residenziali per gli ufficiali e le loro famiglie, una scuola elementare e una mensa. L'isola si dotò anche di un aeroporto (Barkhan) e un porto marittimo (nella Baia di Udobnaya).
La parte dedicata ai test si trovava a sud, vicino i laboratori scientifici. Era qui che si studiavano i modelli di disseminazione degli agenti biologici sviluppati in tutti i laboratori della Biopreparat. Gli esperimenti furono condotti, oltre che su topi di laboratorio, anche su cavalli, scimmie, pecore e maiali.
Per limitare al massimo i rischi alla popolazione militare e civile presente sull'isola gli esperimenti erano eseguiti solo se il vento soffiava verso sud, lontano quindi dalla zona residenziale. Ovviamente i capricci del tempo non erano messi in conto e spesso accadevano incidenti. Come quello del 1960, quando durante un esperimento il vento cambiò improvvisamente direzione rivolgendosi verso nord, sull'isola di Konstantin. L'intera area abitata fu immediatamente evacuata.

Nell'ottobre del 1987 l'Unione Sovietica aveva dichiarato ufficialmente la presenza nel suo territorio di solo cinque laboratori attrezzati per il programma di difesa da una guerra biologica. I cinque laboratori dipendevano dal Ministero della Difesa, precisamente a
Negli anni 1987-88 il programma batteriologico fu enormemente potenziato: un piano quinquennale fissò gli obiettivi da raggiungere nel campo biomilitare
Leningrado (ora San Pietroburgo), a Kirov, a Sverdlovsk, a Zagorsk e infine ad Aralsk. Ovviamente nessuno aveva mai dichiarato i laboratori appartenenti alla Biopreparat, che lavorarono alacremente alla realizzazione di numerosi progetti scientifici offensivi.
Tra questi nuovi programmi, ricordiamo il cosiddetto "Progetto Bonfire": il tentativo di inoculare una tossina nel batterio della Yersinia pseudotuberculosis con il fine di ottenere i sintomi di entrambi gli agenti.
Tra le rivelazioni del dottor Kanatjan Alibekov vi è anche quella riguardante il successo raggiunto nell'introdurre il gene di una tossina o di un bioregolatore in un microrganismo in grado non solo di riprodurli ma anche di trasportarli facilmente all'interno del corpo umano. Questi esperimenti, tuttavia, non oltrepassarono le porte dei laboratori e non si è a conoscenza di test che ne abbiano verificato la capacità di resistere a mutazioni atmosferiche o di raggiungere l'obiettivo stabilito.
Negli anni 1987-88 il programma batteriologico fu enormemente potenziato: un piano quinquennale fissò gli obiettivi da raggiungere nel campo biomilitare, con particolare enfasi sullo sviluppo del vaiolo per uso bellico. Il programma batteriologico quinquennale sviluppò nuovi agenti tossici chiamati "agenti Novichok" (dal russo "nuovo arrivato"). Le uniche informazioni note sono il loro nome: "Foliant", come il programma per cui furono creati (esistevano altre denominazioni in codice, come A-230 ed A-232).
Alibekov, nelle sue memorie, ha definito quel piano «il più ambizioso programma per lo sviluppo di armi biologiche mai sottoposto alla nostra agenzia», che permise all'URSS di diventare «superpotenza biologica». In quegli anni il Cremlino spese per lo sviluppo di armi di distruzione di massa l'equivalente di centinaia di milioni di dollari di allora all'anno, fino a toccare il miliardo nel 1990.
Nell'ambito del progetto "Foliant" si crearono nuovi agenti nervini più sicuri da maneggiare, arrivando alla creazione delle cosiddette "armi binarie": in pratica, ad essere contenuti nelle armi (bombe, serbatoi, grossi proiettili, ecc.) non sono direttamente i composti tossici, ma i loro precursori chimici, in modo da ricostituire l'agente nervino appena prima dell'uso. Questo perché i precursori sono molto più sicuri da maneggiare, semplificando il trasporto e lo stoccaggio di queste armi. Inoltre i precursori sono molto più stabili degli agenti nervini stessi, allungando di molto la naturale scadenza di queste nuove armi.

Accanto allo studio e lo sviluppo di bioarmi per una guerra non convenzionale, in Unione Sovietica si svilupparono nuove armi per operazioni top secret. Specialista di questo progetto fu ovviamente il KGB.
Il Comitato di Sicurezza dello Stato, infatti, sviluppò armi destinate ad eliminare singoli individui nel corso di operazioni speciali. Il centro di ricerca più importante, preposto allo studio e allo sviluppo di "armi silenziose", fu il "Laboratorio 12", a Yasenovo, nei locali del primo direttorato del KGB, responsabile dello spionaggio all'estero.
Il progetto del KGB mirava a sviluppare agenti psicotropi capaci di alterare il comportamento di un individuo, oppure a creare tossine paralizzanti o letali.
Tra gli studi rimasti incompiuti, ricordiamo il tentativo di creare una forma polverizzata di peste da impiegare contro Tito dopo lo strappo con Mosca, oppure il progetto di avvelenamento contro Zviad Gamsakhurdia, presidente indipendentista della Georgia, che stava creando grossi problemi a Mosca. Da questi laboratori uscì probabilmente il veleno che causò la morte del dissidente bulgaro Georgy Markov, ucciso a Londra da un graffio causato da un ombrello avvelenato al ricino.
Nel 1995 Ivan Kivelidi, presidente degli imprenditori russi, morì nel giro di poche ore per una improvvisa e misteriosa malattia. Anche la sua segretaria morì con gli stessi sintomi. Il presidente degli imprenditori russi era noto per la sua crociata anti-corruzione e per le accuse di collusione con la mafia rivolte ad alti funzionari di governo. Non si è saputo se dietro questa morte ci siano stati dei politici corrotti o la mafia russa; quel che è certo è che si sono serviti di qualche ex agente del KGB "disoccupato".

Tra le pericolose eredità della Guerra Fredda sovietica, quella legata agli armamenti biologici resta la più drammatica.
Se sul piano politico l'implosione dell'Impero sovietico ha portato a una mutazione del sistema internazionale - acutizzando le problematiche rimaste allo stato latente durante "l'equilibrio del terrore" e mettendo in risalto il monopolio del potere di una sola potenza - per quanto riguarda la questione delle armi biologiche ciò ha avuto conseguenze catastrofiche.
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Il libro-denuncia di Alibekov.
La prima conseguenza è stata la diaspora di centinaia di scienziati e tecnici sovietici che, impegnati per anni nel programma di armamento biologico, si sono trovati improvvisamente nelle condizioni di offrire la propria esperienza e competenza tecnica a nuovi governi e a organizzazioni terroristiche, un mercato nel quale tali discutibili virtù erano (e sono) molto richieste e apprezzate.
La seconda conseguenza è legata alle materie prime necessarie alla costruzioni delle armi non convenzionali e nascoste dal governo sovietico. Questo problema ha risvolti diversi sia per quanto riguarda l'ordine e la politica internazionale sia per quanto attiene le conseguenze per l'ambiente e la salute dell'uomo.
In altre parole, dopo la dissoluzione dell'URSS alcuni scienziati possono essere passati al soldo di organizzazioni terroristiche o di Stati tradizionalmente bellicosi (non solo quelli che noi Occidentali consideriamo "Stati canaglia", ma anche quelli che consideriamo democratici, tra cui USA e Israele); molti ceppi virali, facilmente trasportabili, potrebbero essere finiti nelle mani sbagliate, così come i microfilm che contengono le "ricette" per fabbricare armi batteriologiche. Altro problema è quello legato ai tanti "cimiteri" di scorie ed armi non convenzionali, che stanno lentamente distruggendo l'ambiente circostante minacciando seriamente la salute dell'uomo.
È questo il problema che i governi dell'Uzbekhstan e del Kazakhstan hanno dovuto affrontare all'indomani della scoperta del "cimitero di Vozrozhdeniye", nel bel mezzo del lago d'Aral.

Se per tutta la Guerra Fredda l'isola di Vozrozhdeniye è stata un grande centro scientifico militare per la produzione di armi non convenzionali, con la fine dell'URSS è diventata il più grande "sarcofago" di spore di antrace e forse di bacilli di morva, di tularemia e di peste, ma anche di virus del vaiolo e di altre malattie emorragiche.
Nel 1988 Mikhail Gorbaciov, mentre sosteneva la sua campagna per la Glasnost e la Perestroika e si occupava di consolidare i legami con l'Occidente, volle far sparire le prove dei sospetti nutriti da Washington riguardo ai programmi sovietici di armamento biologico.
Un lungo treno di ventiquattro vagoni, carico di materiale compromettente, partì da Sverdlovsk nella primavera di quello stesso anno. Gli scienziati dei laboratori che facevano capo alla Biopreparat avevano avuto l'accortezza di depositare tonnellate di antrace in grossi barili d'acciaio inossidabile da duecentocinquanta litri e di ricoprire il tutto con acidi particolari e candeggina, prima di sigillare il pericoloso carico. Tappa finale del pericoloso viaggio fu proprio l'isola di Vozrozhdeniye. Arrivato a destinazione, il terribile carico fu sotterrato in undici grandi pozzi e ricoperto ancora di candeggina. Il governo sovietico sperava che in questo modo i pericolosi batteri perdessero efficacia.
Se durante la Guerra Fredda il Mare d'Aral era considerato il quarto lago del mondo per ampiezza, col passare del tempo esso si è enormemente ridotto di circa il 75%. La causa è da ricercare nell'errata politica di irrigazioni forzate iniziata negli anni Cinquanta del secolo scorso dall'Unione Sovietica. I due principali immissari del mare interno, l'Amudar'ja e il Syrdar'ja, furono infatti deviati per tentare, inutilmente, di rendere coltivabili alcune zone semi-desertiche del Turkmenistan e di altri territori dell'Asia centrale, privando così il Mare d'Aral di milioni di metri cubi di acqua. Con il ritiro delle acque l'isola è passata dai duecento chilometri quadrati iniziali ai circa duemila chilometri quadrati odierni, avvicinandosi pericolosamente alla terraferma.
Il pericolo di una congiunzione con la terraferma è dovuto alla possibilità che le spore di antrace possano venire dissepolte da topi, tartarughe, lucertole o uccelli e quindi diffuse sul continente.
Nel 1995, dopo che Mosca rifiutò di dichiarare cosa fosse stato sperimentato e sepolto sull'isola, il governo uzbeko chiese l'aiuto di Washington. Il 25 maggio di quello stesso anno fu firmato un accordo bilaterale tra Uzbekhstan e USA che prevedeva un aiuto finanziario americano di circa sei milioni di dollari per smantellare e decontaminare le strutture presso il Mare di Aral.
Nell'agosto del 1995 specialisti statunitensi visitarono l'isola di Vozrozhdeniye, confermando che i laboratori scientifici sovietici erano stati effettivamente smantellati. Al contempo rilevarono un alto grado di contaminazione dell'intera area: nonostante i trattamenti subiti con la candeggina per renderle innocue, molte spore dissotterrate erano e sono ancora vive e quindi potenzialmente letali.
A tutt'oggi il "museo degli orrori" sovietico di Vozrozhdenije Ostrov è sempre aperto e piuttosto incustodito. Solo un piccolo lembo di acqua lo separa dalla terraferma.
Dimenticavo. Vozrozhdeniye in lingua russa, significa "isola della Rinascita".
BIBLIOGRAFIA
  • L’ultima epidemia: le armi batteriologiche. Dalla peste all’AIDS, di F. Santoianni – Edizioni Cultura della Pace, Firenze, 1991
  • Biohazard. The Chilling True Story of the Largest Covert Biological Weapons Program in the World. Told from Inside by the Man Who Ran It, di K. Alibek e S. Handelman – Delta, New York, 1999
  • Bioterrorismo, di A. Bazzi – Laterza, Roma-Bari, 2002
  • Armageddon supermarket. Le armi di distruzione di massa nella società della paura, di P. Coppola e G. Sturloni – Sironi Editore, Milano, 2003
  • Killer silenziosi. Virus, batteri e armi proibite, di G. Baldini – Mursia, Milano, 2003
  • Armi chimiche e biologiche, di E. Croddy – Bollati Boringhieri, Torino, 2004