Il percorso da movimento radicale a organizzazione terroristica prende il via con la resistenza antisovietica in Afghanistan. Qui furono gettate le basi ideologiche e organizzative della struttura, originariamente chiamata Mak
La storia di Al-Qaeda: 1979-1989
(Parte Prima)
di ELISABETTA LOI
Il Mak
La data di nascita di al-Qaeda si fa risalire al 1988, in Afghanistan, per iniziativa di Osama bin Laden, un ricco uomo d'affari saudita di appena trentuno anni, che aveva dedicato gli ultimi otto anni della sua vita ad organizzare la resistenza antisovietica nel paese. Inizialmente, Al-Qaeda consisteva in un database Qaidat al-ma 'lumat, (la base dei dati) che centralizzava i dati sui volontari arabi che transitarono nei campi di accoglienza di bin Laden per essere raccolti sotto un comando unificato. Nell'archivio elettronico furono raccolti migliaia di nomi, segnalate le caratteristiche somatiche, la provenienza, l'appartenenza etnica, le conoscenze linguistiche, le capacità professionali, l'attitudine al combattimento, l'orientamento ideologico di ogni combattente per la causa di Allah. Soltanto in un secondo momento (durante il soggiorno sudanese del miliardario saudita, tra il 1991 e il 1996) si è sviluppata l'organizzazione che conosciamo oggi. Sebbene sia nata all'indomani della ritirata sovietica è necessario trattare il decennio precedente, durante il quale sono state gettate le basi organizzative ed ideologiche di al-Qaeda.
Al-Qaeda è nata dalle ceneri di un'altra organizzazione, il Maktab al-Khadamat li-l--Mujahidin al-Arab (Ufficio militare dei Mujahidin Arabi o Mak).
Nel 1978 fu instaurato in Afghanistan un regime comunista appoggiato, l'anno seguente, dall'intervento armato dell'esercito sovietico, entrato nel paese il 26 dicembre 1979. Due mesi dopo l'invasione, fu organizzato un movimento di resistenza nazionale per cacciare i sovietici. Per sostenere la popolazione afgana, molti giovani provenienti da tutto il mondo giunsero nel paese per unirsi ai combattenti in quella che divenne da subito "la guerra santa", il jihad contro l'invasore. La maggior parte dei volontari arrivò dal Medioriente. Molti di loro erano sauditi.
Al fine di
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Osama bin Laden
gestire le ingenti risorse, umane e finanziarie, che giunsero nell'arco di un decennio in Afghanistan, nacquero molte organizzazioni. Dalla collaborazione tra Osama ed Abdallah Azzam prese vita, nel 1984, il Mak.
All'inizio, i due uomini collaborarono strettamente al Mak, ognuno con un ruolo differente: Osama fu il finanziatore del movimento e forse l'addetto alle comunicazioni, Azzam l'ideologo e l'uomo di apparato. Lo scopo del Mak fu di ricevere, controllare e organizzare i volontari che giungevano sempre più numerosi, raccogliere i fondi in arrivo dal Medioriente e fare opera di propaganda. Il tutto avvenne grazie ad una rete di uffici (trenta dei quali in città americane) estesa in trentacinque paesi. Alle reclute venivano forniti degli alloggi, il Mak, infatti, gestiva una serie di pensioni (al-madha'if) a Peshawar, dove i volontari stranieri potevano soggiornare per un tempo indeterminato in attesa di partire per l'Afghanistan. Le reclute in arrivo venivano suddivise nei diversi campi di battaglia, di addestramento o altre attività di sostegno al jihad. Azzam era il direttore ufficiale, ma vi erano quattro sotto commissioni gestite da suoi assistenti che si occupavano di questioni specifiche: la commissione incaricata dell'addestramento delle reclute, quella per gli affari militari, per la sanità e per la logistica.

I finanziamenti
Il flusso di denaro che nel decennio dell'occupazione sovietica affluì dall'Occidente e dal Medioriente verso l'Afghanistan fu eccezionale. Banche, enti di carità, organizzazioni non governative, fungevano da deposito di fondi che poi venivano distribuiti ai vari gruppi di resistenza. Due banche saudite, Dar al-Mal al-Islami, fondata dal fratello del principe Turki, il principe Muhammad Faisal nel 1981, e Dalla al-Baraka, fondata dal cognato del re Fadh nel 1982, sostennero la resistenza antisovietica. Queste due banche incanalarono fondi verso venti ONG, di cui la più conosciuta era l'Organizzazione internazionale di assistenza islamica (International Islamic Relief Organization, IIRO). Sia l'IIRO che l'Agenzia di assistenza islamica funzionarono sotto l'ombrello della Lega Islamica Mondiale.
Tra i maggiori finanziatori del jihad afgano vi furono i sauditi, i cui aiuti, equiparabili a quelli degli Stati Uniti, passarono dai trenta milioni di dollari del 1980 ai duecentocinquanta milioni del 1985. Pari, se non superiore, fu il livello degli aiuti sauditi non ufficiali. Per gestire un flusso di denaro così consistente era necessaria la presenza sul posto di uomini di fiducia. Tra questi vi era Osama bin Laden, che finanziò la causa afgana attingendo anche alle sue risorse personali, un gesto che contribuì a dare alla sua figura un rilievo particolare aumentando la sua credibilità e consentendogli di raccogliere più fondi e di reclutare molti più volontari. Lo stesso Osama, per far fronte alla quantità di denaro che affluiva dall'estero, creò la Fondazione per la salvezza islamica.
Gran parte del flusso di finanziamenti giunse, oltre che dai sauditi, dagli Stati Uniti. È difficile sostenere l'esistenza di un rapporto di finanziamento diretto tra americani ed Osama bin Laden. I possibili rapporti sono oggi fonte di imbarazzo ed entrambe le parti smentiscono. Le fonti a riguardo sono contraddittorie, tendendo alcune a privilegiare il coinvolgimento diretto americano, sostenendo altre una totale distinzione.
Secondo alcuni, un sistema di finanziamento diretto tra CIA e Mak sarebbe stato impossibile, data la struttura che il generale Zia ul-Haq, che aveva preso il potere in Pakistan nel 1977, aveva istituito. Il generale aveva subordinato il suo aiuto agli americani, per trasformare l'Afghanistan nel "Vietnam" dei sovietici, alla condizione che tutti i loro
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L'Urss invase l'Afghanistan
il 24 dicembre 1979
finanziamenti alla resistenza passassero attraverso il governo pakistano, che in pratica significava l'ufficio afgano dell'Inter Services Intelligence (ISI), il servizio di spionaggio militare. I finanziamenti americani, che andavano esclusivamente ai gruppi di mujahidin afgani e non ai volontari arabi, erano integrati dal denaro del governo saudita e da immensi fondi raccolti dalle moschee, dagli istituti di beneficenza non governativi e da donatori privati di tutto il mondo islamico. Secondo altri, gli agenti americani armarono anche gli uomini di bin Laden, permettendogli di comprare armi base a prezzi stracciati. Nel 1987, la CIA favorì il trasferimento di 65.000 tonnellate di armi in Afghanistan.
Il Mak sviluppò una rete di finanziamenti globale indipendente. Il supporto finanziario di cui godeva, noto con il nome di Golden Chain, univa tutti i principali finanziatori dall'Arabia Saudita agli Stati del Golfo Persico. Le donazioni arrivavano attraverso gli istituti di carità o altre organizzazioni non governative. Osama bin Laden, grazie a questi ingenti finanziamenti, poté inviare agenti in giro per il mondo ad acquistare armi e approvvigionamenti per i mujahidin. Moschee, scuole, pensioni, servivano come basi di reclutamento sparse ovunque nel mondo, inclusi gli Stati Uniti.
Osama bin Laden e Azzam, avendo fonti di supporto autonome non avrebbero usufruito degli aiuti finanziari o istruttori militari statunitensi. Al riguardo, lo stesso Osama afferma che «The Americans are lying when they say that they cooperated with us in the past, and we challenge them to show any evidence of this. The truth of the matter is that they were a burden on us and on the mujahidin in Afghanistan». Anche il governo americano precisa che la CIA non ha mai avuto rapporti con gli uomini di Osama.

I campi di addestramento
La maggioranza dei volontari che giunse in Afghanistan era priva di una preparazione militare. Per questa ragione furono mandati quasi tutti presso le basi dei mujahidin per apprendere i rudimenti dell'uso delle armi, leggere e pesanti. Ogni gruppo di mujahidin aveva una base principale che fungeva da quartiere generale, dotata di diversi magazzini e strutture, più un numero variabile di basi minori sul territorio. Queste basi, che diventarono sempre più numerose durante la guerra, comprendevano poco più di una decina di uomini in un paio di capanne di pietra o in grotte. Le basi principali erano di solito strutture molto più elaborate. Osama bin Laden contribuirà alla costruzione dei campi afgani, non solo attraverso il sostegno finanziario, ma anche inviando attrezzature e materiale di supporto dall'azienda di famiglia per agevolarne la costruzione. A partire dagli anni Ottanta, Osama cominciò ad importare macchinari pesanti, costruire strade e caverne complesse e a sovrintendere alla costruzione di massicci tunnel all'interno dei monti Zazi, nella provincia di Paktia, dove furono nascosti ospedali campo e depositi di armi. Queste istallazioni, che si estendevano per diversi chilometri, fornivano alloggi e addestramento a centinaia di combattenti.
Una delle più grandi basi di mujahidin si trovava a Zhawar Khili, un canalone in secca sui monti sud occidentali di Khost, a circa sette chilometri oltre il confine con il Pakistan. Venne aperta nel 1985 da mujahidin fedeli a Jalaluddin Haqqani, alim e locale signore della guerra, su ordine dell'ISI e con fondi sauditi. Un'altra base simile, solo un po' meno estesa, venne costruita, sempre sotto la direzione dell'ISI e con il denaro saudita, in un complesso di grotte naturali chiamato Tora Bora, a una cinquantina di chilometrici da Jalalabad, dall'ingegnere Mahmud, uno dei comandanti di Younis Khalis. L'Hizb-e-Islami di Hekmatyar costruì un vasto complesso a Jaji, appena al di là del confine dalla cittadina pakistana di Parachinar.
Con il passare del tempo, però, al fine di accogliere le migliaia di reclute che cominciarono ad arrivare intorno al 1986, si sentì l'esigenza di avere dei campi a disposizione solo per gli arabi. A questo proposito, nel 1984, Azzam e Osama richiesero ed ottennero il permesso dal capo dei mujahidin afgani, Abd al-Rassoul Sayyaf, di fondare il primo campo di addestramento destinato solo agli arabi in Afghanistan. Questo fu uno dei passi decisivi verso la creazione della struttura militare autonoma solo per gli arabi. La prima base militare, costituita al fine di addestrare forze esclusivamente arabe, è nota con il nome Ma'sadat al-ansar ("la tana del leone" o "tana dei compagni"). Fu costruita nel complesso di Hekmatyar, a Jaji (un villaggio situato nella provincia orientale di Paktia, non lontano dal confine pachistano). La data precisa della sua realizzazione non è chiara, anche se è probabile che i lavori siano iniziati già verso la fine del 1986. Lo stesso Osama bin Laden parla di questo campo, delle difficoltà incontrate per costruirlo, ma anche delle soddisfazioni della vita in comune. Il campo fu sottoposto ai bombardamenti dei sovietici e del governo afgano filocomunista. I combattenti arabi, guidati da Azzam e da Osama, non erano più di trentacinque unità, ma combatterono per due settimane con audacia.
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Un gruppo di mujaheddin
Quando, inoltre, l'esercito sovietico attaccò al-Ma'sadat, nella primavera del 1987, Osama e il suo gruppo riuscirono a mantenere la loro posizione e a respingere diversi assalti degli spetznaz, le forze speciali sovietiche. Anche per questa ragione, dopo la ritirata sovietica, la reputazione di bin Laden come combattente si diffuse in tutto il mondo musulmano, soprattutto in Arabia Saudita.
Il campo fu diretto esclusivamente da istruttori egiziani, fatto questo che annunciava l'attuale predominanza dei jihadisti di questa nazionalità attorno ad Osama. Fu uno dei due campi utilizzati esclusivamente da arabi; l'altro fu organizzato da un gruppo egiziano presso Khost ed era noto come il campo Khalid bin Waleed, prendendo il nome da uno dei più capaci generali di Maometto.
La maggior parte degli arabi continuava ad addestrarsi e a combattere al fianco di Sayyaf, Hekmatyar e Massoud come individui, non come gruppi coerenti. Lo stesso bin Laden continuò con il suo sostegno agli afgani, oltre che agli arabi, apparendo con regolarità nelle aree arretrate intorno a Khost per distribuire cibo, scarpe ed indumenti ai guerriglieri.
I campi costituiti dai mujahidin e dagli arabi durante gli anni dell'occupazione sovietica, rimarranno attivi almeno fino all'indomani dell'attacco USA. E i campi costituiranno il nocciolo duro di al-Qaeda, la condizione essenziale che permetterà all'organizzazione di strutturarsi ed organizzarsi in un complesso sempre più sofisticato.

I volontari arabi
Per ciò che riguarda i volontari arabi, non bisogna sopravvalutarne il contributo. Molti mujahidin combattenti consideravano un peso i volontari che arrivavano dal Medioriente per unirsi a loro. A combattere erano volta per volta non più di un centinaio e il loro intervento in termini militari era trascurabile. Gli afgani arabi raramente combattevano in gruppi autonomi e di solito erano impiegati come piccoli distaccamenti al seguito delle varie fazioni dei mujahidin. Molti volontari si presentavano semplicemente a Peshawar, attraversavano il confine e si mettevano a disposizione di un comandante. Le stime sul numero di arabi che presero parte in dieci anni ai combattimenti variano. Ex funzionari della CIA, che a quel tempo operavano in Pakistan, affermano che fossero al massimo venticinquemila. È probabile che a partecipare direttamente ai combattenti fosse meno della metà, mentre gli altri erano impegnati in attività di supporto lontano dalle linee del fronte. Gli afgani in genere non vedevano di buon occhio gli arabi. In realtà il profondo divario tra l'Islam salafita della maggioranza dei volontari arabi e quello assai diverso della grande maggioranza degli afgani spesso portava dei problemi. Particolarmente oltraggiosa era percepita la pratica dei combattenti arabi di prendersi le ragazze locali in "matrimoni temporanei". Ma furono le fazioni afgane la cui fede era più vicina a quella degli arabi e che all'inizio della guerra erano marginali a diventare dominanti alla fine del conflitto.
Il grosso dei volontari arrivò dall'Arabia Saudita, dallo Yemen, dall'Egitto e dall'Algeria, ma vi erano anche combattenti sudanesi, un piccolo gruppo di indonesiani, di filippini, di malesi, di ceceni, di curdi, di iracheni e di musulmani bosniaci. Furono rappresentate quasi tutte le nazioni islamiche, anche se solo da pochi individui.
Se i Fratelli Musulmani e altre organizzazioni islamiste svolsero un ruolo chiave nel reclutamento e nella raccolta fondi, crebbe il numero dei volontari che in precedenza non avevano avuto alcun coinvolgimento nella politica islamista. Molti erano giovanissimi e pochi avevano una reale conoscenza dell'islamismo e dei suoi precedenti. Alcuni furono attirati dai generosi sussidi forniti dai donatori sauditi, altri arrivavano per qualche settimana estiva prima di tornare alle loro ricche case nel Golfo. Se i leader degli afgani arabi erano in prevalenza di classe media, laureati in discipline tecniche e quindi rientravano nel profilo dell'attivista, la base si riempì sempre più di uomini molto meno istruiti, ignari non solo del contesto e dell'eredità culturale, politica e intellettuale dell'Islam radicale contemporaneo, ma anche della realtà etnica e politica esistente nel territorio afgano.
La scarsa raffinatezza politica dei volontari e, in certi casi la mancanza di istruzione, li espose al messaggio di Azzam. Anche se la sua dottrina filosofica si fondava chiaramente sull'eredità di al-Banna, Maududi, Qutb e Khomeini, il suo pensiero era molto meno rifinito e ideologico di quello dei pensatori precedenti. Le debolezze teoriche venivano coperte dal suo focoso appello al jihad e al martirio e dalle raffigurazioni a tinte forti della guerra cosmica tra la umma e i suoi nemici, fra il bene e il male. Con il progredire della guerra, questa tendenza non farà altro che accelerare e si farà sempre più percepibile la spaccatura sociale tra gli afgano arabi.
Se i leader degli afgani arabi erano in prevalenza di classe media, laureati in discipline tecniche e quindi rientravano nel profilo dell'attivista, la base si riempì sempre più di uomini molto meno istruiti
Quando all'indomani della ritirata sovietica i combattenti arabi fecero ritorno nei loro paesi d'origine, portarono con sé un grosso bagaglio di conoscenze militari che intendevano utilizzare per rovesciare i governi che ritenevano poco aderenti alle regole dell'Islam. Non riuscendo nell'intento, lasciarono di nuovo i loro paesi alla ricerca di altre opportunità. Progressivamente, i jihadisti arabi si emanciparono dalla tutela del sistema saudita finendo per schierarsi contro di esso. Questa brigata internazionale di veterani del jihad assunse allora un nuovo ruolo: sottratta ad ogni forma di controllo da parte degli stati, offriva il suo contributo alle diverse cause dell'islamismo radicale nel mondo intero. Non dovendo più rendere conto delle loro azioni a particolari gruppi di riferimento, questi combattenti erano in realtà degli "islamisti professionisti", addestrati alla lotta e a loro volta capaci di addestrare.
Il Mak, che in origine fu istituito per organizzare i volontari che giungevano da ogni parte del mondo per combattere i sovietici, produsse dei mercenari, dei guerrieri con un fumoso bagaglio ideologico. Alla fine del conflitto essi si dispersero all'interno del mondo musulmano ed in Europa, distinguendosi all'interno dei loro paesi per il loro attivismo, che mancava, però, di visibilità a livello internazionale. Sarà proprio bin Laden a fornire a questi guerrieri l'elemento mancante.

Abdallah Azzam
Il jihad afgano ha ricoperto un'importanza fondamentale per al-Qaeda, poiché vi presero parte personaggi che ne influenzarono in maniera decisiva il suo sviluppo. Uno di questi fu Abdallah Azzam.
Nei primi cinque anni della guerra contro i sovietici, furono pochi gli arabi che parteciparono direttamente ai combattimenti: in maggioranza lavoravano nelle organizzazioni umanitarie, nel campo della politica o come sanitari. Nel complesso, le centinaia di arabi che vivevano e lavoravano a Peshawar vedevano il loro ruolo come di sostegno agli afgani.
Uno dei personaggi determinanti nell'attuazione del passaggio degli arabi da semplici funzionari a combattenti, fu Abdallah Azzam, presentato ad Osama poche settimane dopo il suo arrivo in Pakistan. Azzam esercitò una profonda influenza su Osama, diventando il principale ideologo degli "afgani arabi". Non fu un pensatore originale come Qutb, Maududi o al-Banna , ma un potente oratore capace di fondere il passato storico e la contemporaneità per creare qualcosa di una forza senza precedenti.
Abdallah Youssouf Moustafa Azzam nacque nel 1941, nel villaggio di Silat al-Harithiyya, ad otto chilometri a nord ovest di Jenin, in Cisgiordania. Secondo le sue biografie, fu un giovane amante della letteratura e particolarmente brillante, anche se è difficile distinguere il vero da ciò che è meramente celebrativo, visto che il tema del fanciullo super dotato è abbastanza diffuso nelle biografie degli ulema. Quello che in ogni caso sembra certo è che verso la metà degli anni Cinquanta entrò a far parte dei Fratelli Musulmani, diventando, a partire dal 1975, uno dei cinque membri del consiglio, la majlis al-shura. Nel 1966, a Damasco, in Siria ottenne una licenza in shari'a. Dopo la guerra del 1967 e l'occupazione della Cisgiordania da parte di Israele, Abdallah e il resto della sua famiglia si trasferirono in Giordania, nel campo rifugiati di al-Zarqa.
Gli anni che vanno dal 1967 al 1970 non sono molto chiari. Si sa che partecipò alla guerriglia contro Israele, ma agli inizi degli anni Settanta, disilluso dal carattere laico e nazionalista della resistenza palestinese, dominata dall'Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP), e desideroso di soddisfare le sue ambizioni intellettuali, si trasferì ad al-Azhar, dopo aver ottenuto un dottorato. Quando nel 1973 lasciò il paese, aveva stretto una rete di contatti all'interno del movimento islamista egiziano, che gli permise di preparare la mobilitazione islamista transnazionale in Afghanistan per tutti gli anni Ottanta.
Al suo ritorno dall'Egitto, insegnò per sei anni shari'a all'Università di Amman, esercitando un'influenza conservatrice, incitando gli studenti ad evitare la promiscuità sessuale e a farsi crescere la barba. Negli anni che trascorse all'università giordana, insegnò ad un'intera generazione di studenti, lasciando la sua impronta tra gli islamisti. Il suo impegno nel campo della diffusione dei principi islamici gli valse il soprannome di "Sayyid Qutb giordano".
Azzam divenne professore all'università Re Abd Aziz ibn Saud a Gedda, Arabia Saudita. Nel 1981, probabilmente alla fine dell'anno universitario, Azzam partì per Islamabad. Appena giunto in Pakistan, si mise in contatto con i capi militari afgani. Sull'attività di Azzam, tra il 1981 e il 1983, si sa poco, solo che lavorò per l'università islamica di Islamabad, viaggiando regolarmente in Afghanistan, ma, alla fine del 1983, era frustrato dal numero insignificante di volontari, che si aggirava intorno alle venti unità. All'inizio del 1984, nel tentativo di incitare i giovani ad accorrere in massa in Afghanistan per combattere il jihad, scrisse un'opera intitolata La difesa dei territori musulmani costituisce il principale dovere individuale, dove sostenne che il jihad in Afghanistan era un obbligo individuale (fard 'ayn) per i musulmani di tutto il mondo.
L'attività di Azzam non si limitò alla politica interna afgana, ma essendo ambasciatore del jihad antisovietico nel mondo musulmano, viaggiò molto per informare sulla situazione in Afghanistan. I suoi obiettivi erano chiari: assicurare il massimo sostegno finanziario e umano alla causa del jihad. Tale sostegno fu garantito da una fondazione istituita nel 1985, il Consiglio islamico di coordinazione. Un conglomerato di enti di beneficenza islamici e dalle ramificazioni internazionali del Mak soprattutto negli Stati Uniti.

La ritirata sovietica
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Abdallah Azzam
Gli anni tra il 1985 e il 1987 segnarono un punto di svolta nel conflitto. Era chiaro che l'Armata Rossa avrebbe abbandonato l'Afghanistan di lì a poco. Bisognava quindi infliggerle il massimo danno possibile prima della ritirata. Nel 1986 i finanziamenti americani e sauditi raggiunsero livelli record e l'ISI distribuì ai comandanti gli Stinger americani, missili terra-aria utilizzabili come armi da spalla e immagini satellitari degli spiegamenti delle truppe sovietiche. Gli Stinger rappresentarono una rivoluzione militare e politica, in quanto si sarebbero rivolti presto contro i loro inventori, così come il jihad si rivolgerà contro gli americani e i sauditi.
I mujahidin, anche se trovarono ancora difficoltà a contrastare la potenza aerea sovietica, disponevano così di armi e munizioni capaci di infliggere danni significativi al nemico.
Anche gli sforzi compiuti da Azzam, bin Laden e altri per costruire una rete di uffici di reclutamento in tutto il Medioriente cominciarono a produrre dei risultati. Filiali del Mak si aprirono perfino a Brooklyn. Azzam stesso parla spesso nei suoi scritti dei suoi numerosi viaggi negli Stati Uniti e soprattutto del supporto che ricevette dalla comunità musulmana presente nel paese, soprattutto dall'Associazione dei giovani musulmani d'America (Muslim America Youth Association, MAYA).
In molti luoghi l'organizzazione si basava sulla struttura esistente dei Fratelli Musulmani. Tanto numerose furono le reclute in arrivo che a Peshawar divenne necessario ristrutturare il sistema dei punti di accoglienza. Ve ne furono almeno una decina in città, alcuni nella città universitaria e altri nel sobborgo occidentale di Hayatabad, uno per ciascuna nazione di reclutati.
Il 15 febbraio 1989, l'URSS, stremata da un decennio di guerra, si ritirò sconfitta dall'Afghanistan, ma il paese non poté festeggiare la ritirata dell'invasore, poiché i mujahidin locali entrarono in lotta tra di loro per la conquista del potere.

La fine della collaborazione tra bin Laden ed Azzam
La collaborazione tra Osama ed Azzam era destinata a deteriorarsi con il raggiungimento dell'obiettivo comune. La rottura tra i due uomini non è del tutto chiara. Già intorno al 1987, Osama prese le distanze dal suo vecchio mentore, considerato troppo moderato, per avvicinarsi progressivamente agli esponenti dell'estremismo egiziano vicini ad al- Zawahiri.
Il primo momento di tensione tra i due uomini si ebbe in occasione della costruzione di una forza militare costituita solo da arabi, autonoma rispetto ai mujahidin afgani. Azzam sosteneva la pratica abituale fino a quel momento, di inviare i volontari arabi a seguito dei mujahidin e alle ONG islamiche per completare il loro addestramento. Bin Laden, invece, era favorevole alla formazione di una forza straniera indipendente, composta maggiormente di arabi. Questa differenza di vedute, non causò una rottura tra loro, ma sicuramente segnò il primo passo di bin Laden per uscire dall'ombra di Azzam e diventare un attore indipendente del jihad. Osama, intanto, si trasferì prima a Khost, in Afghanistan, poi a Hayatabad, un sobborgo di Peshawar. Qui stabilì delle case sicure e campi di
Il secondo momento di scontro si ebbe quando Osama propose di destinare il campo al-Ma'sadat come quartiere generale di al-Qaeda e Azzam si oppose duramente
addestramento allo scopo di creare un'infrastruttura per al-Qaeda separata da quella del Mak. Il secondo momento di scontro si ebbe quando Osama propose di destinare il campo al-Ma'sadat come quartiere generale di al-Qaeda e Azzam si oppose duramente.
È possibile, inoltre, che Azzam volesse, in sintonia con i suoi interlocutori e finanziatori sauditi, confinare i jihadisti in Afghanistan, mentre bin Laden fosse favorevole all'internazionalizzazione del jihad. Sebbene Osama ed Azzam si trovassero d'accordo sui principali argomenti, quali il supporto ai musulmani che erano perseguitati per il loro credo religioso (specialmente in Cecenia e Kashmir) e condividevano la creazione di al-Qaeda, essi non concordavano sulla tattica. Le tensioni tra i due si fecero più forti quando gli egiziani si offrirono di addestrare i mujahidin alle tecniche del terrorismo, al fine di impiegarle in una campagna militare al loro ritorno in Egitto. Azzam sosteneva, al contrario, che i fondi del Mak dovessero essere impiegati solo in Afghanistan. A tale proposito emanò una fatwa in cui affermava che l'uso dei fondi destinati al jihad per addestrare uomini al terrorismo rappresentasse una violazione della legge islamica.
La disputa tra i due uomini era destinata a terminare con la morte di Abdallah Azzam, ucciso il 24 novembre 1989 in un attentato dai risvolti poco chiari.
A questo punto, Osama, ormai senza più rivali, iniziò a pianificare di riconvertire il Mak e la nascente al-Qaeda in una forza terroristica globale. L'obiettivo era di distruggere gli Stati Uniti e Israele e ristabilire il califfato attraverso il jihad globale. Osama si apprestava a diventare il leader assoluto delle due organizzazioni, anche se i mujahidin rimasti fedeli ad Azzam rappresentavano un duro ostacolo ai suoi propositi. Per prendere il controllo degli uffici all'estero del Mak e del suo quartiere generale a Peshawar, Osama dovette fare affidamento ai suoi alleati egiziani. In questo periodo, utilizzò il termine Esercito islamico per riferirsi ai mujahidin che gli erano fedeli. Persone leali ad Osama andavano progressivamente occupando posizioni chiave all'interno dell'organizzazione. Ad esempio, il rappresentante del Mak a New York, Mustafa Shalabi, stretto collaboratore di Azzam, fu ucciso il 1° marzo 1991 e sostituito da un uomo di fiducia di bin Laden.
La morte di Azzam rappresenta la fine di un'epoca, quella del jihad limitato ai confini dell'Afghanistan e l'inizio di un'altra, quella del jihad globale.
Nessuno all'epoca fu in grado di prevedere i successivi sviluppi. L'Afghanistan venne lasciato da solo in balia delle lotte interne, dopo essere stato utilizzato in funzione antisovietica dall'Occidente. Quest'ultimo, sconfitto il nemico storico con il crollo del Muro di Berlino, si preparava a un periodo di pace. Una pace illusoria che ignorava le turbolenze che agitavano paesi come la Somalia e l'Afghanistan, che stavano fornendo a Osama bin Laden il porto sicuro per organizzare indisturbato al-Qaeda.

Da Azzam ad al-Zawahiri
Prima della sua morte, Azzam contribuì alla formazione del pensiero di Osama, soprattutto per ciò che riguardava la necessità di creare un supporto attraverso una retorica radicale piuttosto che l'uccisione indiscriminata.
In assenza di Azzam, il pensiero di Osama seguì uno sviluppo drastico sotto l'influenza di esponenti del radicalismo islamico egiziano, che esercitarono una profonda influenza su un Osama.
Tra questi Ayman Muhammad Rabi al-Zawahiri, di dieci anni più giovane rispetto ad Azzam, colmò progressivamente il vuoto lasciato dall'assassino del vecchio mentore di Osama. Il loro incontro è ancora materia di congetture, quello che è certo è che dalla loro unione prese vita una visione del mondo apocalittica, che rispecchiava più il modo di vivere di al-Zawahiri che quello di bin Laden. Mentre bin Laden aveva il carisma e il sostegno economico, che gli permise di fondare al-Qaeda, al-Zawahiri ricoprì il ruolo di ideologo dell'organizzazione.
Sotto l'influenza di al-Zawahiri, la leadership dell'organizzazione di bin Laden andò progressivamente costituendosi da veterani egiziani provenienti dai vari gruppi islamici, che individueranno nel presidente Mubarak il loro primo nemico.
All'interno di al-Qaeda, essi, grazie alla loro lunga esperienza di guerra clandestina, ebbero il compito di dirigere le centinaia di combattenti in Afghanistan e gestire la rete finanziaria, indispensabile per attuare qualunque operazione.
Al-Zawahiri, figura chiave del radicalismo egiziano fin dagli anni Settanta, nacque il 9 giugno 1951 in una delle più influenti e rispettate famiglie di al-Sharqiyya in Egitto. Suo nonno era lo sceicco Rabi' al-Zawahiri della moschea di al-Azhar e suo padre era professore di medicina. La madre era la figlia del dottore 'Abd-al-Wahad 'Azzam, preside della Scuola d'Arte e rettore dell'Università del Cairo che divenne in seguito ambasciatore egiziano in Pakistan. Al-Zawahiri divenne lui stesso medico, laureandosi nel 1974.
In gioventù si distinse per il suo carattere mite, sensibile e devoto, ma anche per la sua intelligenza e precocità. Fin da giovanissimo si interessò di politica, fondando nel 1966, all'età di quindici anni, la sua prima cellula clandestina, che aveva l'obiettivo di rovesciare il governo egiziano per instaurare uno Stato islamico.
Al-Zawahiri, con un'esperienza decennale di militanza in organizzazioni clandestine, fondò un'organizzazione terroristica che sarebbe diventata uno dei due più pericolosi gruppi egiziani, il Jihad islamico egiziano, tra i cui obiettivi spiccava quello di voler distruggere i servizi di sicurezza egiziani.
Nel 1984, dopo essere stato processato e prosciolto per l'assassinio del presidente Sadat, al-Zawahiri lasciò l'Egitto, prima per l'Arabia Saudita, dove troverà lavoro in un
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Al Zawahiri
ambulatorio, poi alla volta del Pakistan e, infine, dell'Afghanistan. I motivi che lo spinsero a partire furono due: nel suo paese natale al-Zawahiri si sentiva sorvegliato, inoltre, tutte le reti clandestine da lui create, erano state smantellate. L'altro motivo è di natura ideologica: l'Afghanistan rappresentava la possibilità di combattere per il jihad.
Nel 1986, trovandosi a Peshawar per raccogliere fondi per il jihad e per guarire i mujahidin feriti, incontrò Osama bin Laden. Immediatamente tra i due si instaurò un rapporto di rispetto e ammirazione reciproca. Al-Zawahiri non prestò ossequio ad Azzam, allora considerato il padre ed il teorico del jihad contro i sovietici, ritenendo più proficua la collaborazione con il più discreto ma ugualmente rispettato Osama bin Laden. Al-Zawahiri cercò di attrarre nella propria sfera di influenza bin Laden, minando il rapporto con Azzam. L'obiettivo dell'estremista egiziano era di assicurare al Jihad islamico egiziano il maggior sostegno finanziario possibile rispetto ad altri gruppi concorrenti come il Gruppo islamico egiziano, ugualmente presente a Peshawar, piazzando nei posti chiave componenti della sua organizzazione.
Grazie anche al rapporto con al-Zawahiri, Osama venne accettato dalle due organizzazioni terroristiche egiziane (Jihad islamico e Gruppo islamico egiziano), riuscendo gradualmente a risolvere molti dei conflitti tra i due gruppi. Le divergenze riguardavano la dottrina, la leadership e la struttura, soprattutto per ciò che concerneva il processo di consultazione. Alla fine, entrambi i leader delle organizzazioni, al-Zawahiri e Rifa'i Tha 'Ali, (capo del Gruppo Islamico Egiziano), accettarono di cooperare sotto la direzione di Osama.
Molti ritengono che la trasformazione di Osama da guerriero a terrorista sia avvenuta sotto l'influenza di al-Zawahiri. Egli, inoltre, aiutò Osama a sviluppare la sua organizzazione, trasformando le sue idee in realtà. Al-Zawahiri ha esercitato un profondo ascendente sia su Osama bin Laden che sulla sua organizzazione. Fu a capo della commissione religiosa, uno degli organi preposti ad emettere fatawa e membro del consiglio consultivo, la shura majlis. Sotto la sua influenza, Osama assegnò maggiore importanza all'ala militare dell'organizzazione, attraverso la nomina del comandante militare a capo di tutta l'organizzazione.
Al-Zawahiri e Osama rappresentano l'archetipo della nuova generazione di terroristi, molti dei quali provengono da colte e ricche famiglie, come quelle degli attentatori dell'11 settembre. Una chiara dimostrazione che l'ideologia del terrorismo islamista attecchisse in tutte le classi e strati della società.

Osama bin Laden
Osama bin Laden, figura di prim'ordine del jihad afgano, nacque ad al-Malazz, un sobborgo di Riyadh, nell'anno 1377 dell'egira. È figlio di emigranti. Suo padre, Muhammad bin Awadah bin Laden, originario dell'Hadramawt, provincia meridionale dello Yemen, si trasferì in Arabia Saudita negli anni Trenta. Sua madre, Hamida Alia Ghanoum, è originaria di Latàkia, Siria. Di solito, con riferimento al padre di Osama bin Laden, si riporta la storia che fosse un povero manovale giunto in Arabia Saudita in cerca di fortuna. Questa versione è smentita dallo stesso Osama che lascia intendere come il padre fosse considerevolmente più agiato, tanto da iniziare subito ad aggiudicarsi appalti.
Ciò che è certo è che Mohammad fondò il Gruppo bin Laden, la più grande compagnia di costruzioni dell'Arabia Saudita, alla quale vennero affidati lavori come la ricostruzione della Mecca e Medina, incluse le due moschee e la ristrutturazione della moschea di al-Aqsa di Gerusalemme. Sebbene fosse entrato nelle grazie della famiglia reale saudita, si astenne dalla politica e lo stesso insegnò ai figli.
Osama, dopo la morte del padre avvenuta nel 1967, visse con la madre, «una splendida ventiduenne, cosmopolita e colta, figlia di un commerciante siriano». Un'origine alawita della donna non è da escludere. Latàkia, infatti, è la capitale di un paese alawita nonostante la popolazione della città sia storicamente sunnita. Il suo cognome, Ghanoum, è assai diffuso in Oriente, mentre il suo nome, Alia, essendo un omaggio ad Ali, è più
Osama, dopo la morte del padre avvenuta nel 1967, visse con la madre, «una splendida ventiduenne, cosmopolita e colta, figlia di un commerciante siriano»
comune tra i musulmani di obbedienza shiita. Questi elementi fanno pensare ad un'origine eretica della sua famiglia. Sempre con riguardo alla madre, si ritiene che non fosse la moglie di Mohammad. Le due ombre sull'origine di Osama (la possibile appartenenza della madre ad una setta vilipesa dalla storiografia sunnita e la relazione adulterina dei suoi genitori) giocarono probabilmente un ruolo importante nella formazione della sua personalità e soprattutto nel suo desiderio di riscatto.
Osama condusse un'infanzia comune ai suoi coetanei. Sebbene si facesse notare, già dai tempi della scuola, per l'ostilità contro alcuni comportamenti che giudicava anti islamici da parte dei suoi compagni, da giovane non mostrò i segni di una profonda religiosità. Sono da ritenere certamente falsi gli aneddoti che riportano di eccessi giovanili e una vita dissoluta, cui ha fatto seguito il pentimento e il rifugio nei monti afgani. Osama, in realtà, ricevette un'educazione piuttosto rigida, come la maggior parte dei suoi contemporanei, lontana dalla dolce vita occidentale. Per lui il problema era costituito dalla possibilità che il modello di vita occidentale e la democratizzazione della società potessero diffondersi in Medioriente, portando ad una dissoluzione della società tradizionale.
Nel 1974, Osama terminò le scuole superiori a Gedda e, contrariamente ai suoi fratelli, che proseguirono all'estero i loro studi, decise di rimanere in Arabia Saudita. Si iscriverà alla facoltà di Economia e direzione aziendale dell'Università Abdul Aziz di Gedda. Mentre studiava all'università avrebbe seguito gli insegnamenti dispensati nelle obbligatorie materie islamiche da Mohammed Qutb e Abdallah Azzam, il cui pensiero traeva origine dalla dottrina dei Fratelli Musulmani e dal salafismo di stampo saudita.
Osama fu l'unico dei fratelli ad interessarsi di politica. Egli indicò come data della sua radicalizzazione il 1973, anno della guerra dello Yom Kippur. Successivamente, quando lavorava per l'impresa di famiglia, concentrò parte delle sue energie e risorse economiche nello sviluppo dell'Islam e dell'islamismo. In particolare sostenne gli islamisti dello Yemen del Sud nella loro battaglia contro i comunisti. Nel 1979 si occupò anche di finanziare l'opposizione in Siria.
L'interesse di Osama nei confronti dei movimenti islamisti, che sosteneva contro i regimi laici, derivava dal fatto che egli era un buon musulmano e tale sostegno era considerato alla stregua di una pratica religiosa. Non si rifaceva ad un'ideologia organizzata e non era inquadrato all'interno di una lotta politica.
Fu l'invasione dell'Afghanistan che gli fornì l'occasione di prestare un concreto contributo alla causa del jihad. Quando giunse in Afghanistan, all'inizio del 1980, aveva ventitré anni. Occorsero alcune settimane per contattare i leader religiosi afgani e pachistani per prendere gli accordi per un suo viaggio fino in Pakistan. Il primo viaggio di bin Laden a Peshawar durò poco più di un mese, poi fece ritorno in Arabia Saudita, dando inizio ad una campagna di convincimento con i fratelli, familiari ed ex compagni di scuola per sostenere la lotta contro i sovietici. Nel corso dei quattro anni seguenti, bin Laden divise il proprio tempo tra il suo paese ed il Pakistan. Non è chiaro se si sia spinto al di la del confine con l'Afghanistan perché, in questo periodo, la sua attenzione è rivolta a raccogliere fondi e ad elevare il profilo del jihad afgano in Medioriente.
A Peshawar Osama passò la maggior parte del suo tempo in una villa che fungeva da foresteria e da stazione di transito per il numero sempre crescente di volontari arabi diretti in Afghanistan, oltre che da ufficio. La villa si chiamava Beit al-Ansar (Casa dei sostenitori), con riferimento agli ansar che costituivano il gruppo originario dei proseliti convertiti dal Profeta a Medina dopo l'Egira. In questo periodo dedicò gran parte del suo tempo a dare una mano alla redazione di Al-Jihad, il giornale in lingua araba di Abdallah Azzam, che informava tutto il mondo islamico sulla guerra. Bin Laden ne aiutò la pubblicazione con il suo denaro. Parecchi affermano che, almeno nei primi anni Ottanta, è ancora un giovane tranquillo anche se comincia a instillarsi in lui un crescente senso di "missione". Nelle sue conversazioni citava sempre più frequentemente Salah ad Din, il generale curdo del dodicesimo secolo che unificò le fazioni islamiche in Medioriente per sconfiggere i crociati e parlava spesso della sura ya sin, la trentaseiesima sura, sovente detta "il cuore del Corano" dedicata al problema della responsabilità morale dell'uomo e della certezza della resurrezione del giudizio.
Alla fine del jihad, quando la guerra fratricida tra le fazioni e le tribù afgane prese il sopravvento, l'anarchia e la violenza endemica si diffusero progressivamente nel paese. Tra il 1991-1992 Osama fece parte di una commissione di riconciliazione tra le diverse fazioni in guerra tra loro. Mantenne una posizione neutrale, ma dopo il 1992, essendo i suoi sforzi falliti, lasciò il paese per fare ritorno in Arabia Saudita e poi trasferirsi definitivamente in Sudan, dove soggiornerà fino al 1996.
(1 - Continua)
 
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BIBLIOGRAFIA
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