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Dell’Asta M. e Scaraffia L. (a cura di), La vita in uno sguardo. Le vittime del Grande Terrore staliniano – Lindau, Torino 2012, pp240, euro 24,00
Una galleria di immagini che ferma gli istanti precedenti l’esplosione di un colpo alla nuca. Quelle contenute in questo libro sono fotografie di condannati a morte dal regime sovietico negli anni del Grande Terrore staliniano. Oltre a membri del partito e ai vertici dell’Armata Rossa furono migliaia anche i semplici cittadini – insegnanti, casalinghe, operai, sacerdoti – a essere arrestati e accusati dei più inverosimili delitti: spionaggio, terrorismo, trame controrivoluzionarie. E nel giro di pochi giorni, senza processo, subirono tutti la stessa sorte: fucilati.
Molti di loro sono stati seppelliti in fosse comuni a Butovo, alla periferia sud di Mosca, ma nessun documento ne dà notizia: né gli Ordini di fucilazione né gli Atti di esecuzione. Col tempo, di Butovo si sono perse le tracce, e gli autori di quei crimini sono morti portando con sé il proprio segreto. Anche delle vittime si sono perse le tracce, dei loro nomi come dei loro volti. Per decenni ai parenti sono stati consegnati falsi certificati di morte che parlavano di trasferimento in lager, in campi di lavoro, e di decesso per polmonite o arresto cardiaco.
Solo dopo la caduta del regime, e al termine di ostinate ricerche, è stato possibile rintracciare questo luogo di morte, i fascicoli giudiziari, le foto segnaletiche. Ora sappiamo che tra l’agosto 1937 e l’ottobre 1938 a Butovo sono stati uccisi e seppelliti 20.765 innocenti.
Le fotografie qui raccolte sono state fatte poco prima della fucilazione, e sono l’ultima immagine di queste persone. Nei loro occhi si condensano molti sentimenti, quasi un grido inespresso. Vediamo volti di uomini e donne sconvolti dall’improvvisa catastrofe, spezzati dall’enormità delle accuse, prostrati dall’incertezza e dal timore della morte. Ogni immagine è corredata da una breve biografia scritta dai curatori del volume, disarmante nella sua semplicità e nella capacità di comprimere un’esistenza in una manciata di parole: «Ivan Belokaskin. Nato nel 1921 nella regione di Mosca, russo, non iscritto al partito. Istruzione elementare, è un cosiddetto “ragazzo di strada” senza fissa dimora né lavoro. Arrestato nel 1937 e messo in prigione, in seguito viene condannato alla fucilazione come controrivoluzionario, all’età di 17 anni (ma il più giovane fucilato a Butovo è Michail Samonin, 13 anni). Riabilitato il 25 ottobre 1955.»
Accanto allo stupore e allo sconforto nello sguardo di queste vittime, troviamo ogni tanto dei volti luminosi, in pace. È il mistero incommensurabile dell’uomo che ci fissa da queste immagini, un mistero che fa risaltare per contrasto l’oscenità dell’arbitrio che ha cercato di schiacciarlo. Bisogna guardarle con rispetto, perché c’è tutta la vita in quegli sguardi.
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G. Farese, Luigi Einaudi. Un economista nella vita pubblica – Rubbettino, Soveria Mannelli 2012, pp. 180, euro 13,00
Si legge come un romanzo la bella biografia di Luigi Einaudi compilata da Giovanni Farese Luigi Einaudi. Un economista nella vita pubblica, da pochi giorni in libreria.
Di Einaudi esistono già alcune biografie ma nessuna si era posta l’obiettivo di raccontare il pensiero e la vita del grande statista ed economista al grande pubblico. Il libro ripercorre le principali tappe della sua vita, mettendo al centro l’uomo e il suo posto nella società.
Si va dagli anni lenti e rigidi della formazione (1874-1903) a quelli impegnati e veloci dell’affermazione (1925-1943) a quelli brillanti e poi ossidati dell’addio (1943-1961). Economista, giornalista, statista, dopo oltre sessant’anni dalla morte, ciò che resta è soprattutto l’intellettuale, il pedagogo, il retore. Einaudi apre, da solo, uno spazio che non esiste prima di lui: la discussione pubblica sull’economia del Paese. Il controllo su chi governa da parte dell’opinione pubblica diventa decisivo. Come lui, e dopo di lui, gli economisti sono saliti al vertice del paese: ministri, senatori, capi di governo, presidenti della Repubblica. E del Consiglio.
Einaudi diventa così un esempio da seguire. Il suo è l’insegnamento di un Padre della Repubblica che non può essere dimenticato. Del resto come osserva Farese “La storia di un Paese non coincide con quella delle sue classi dirigenti e della loro qualità, ma può a seconda dell’altezza delle sfide esistenti e delle personalità coinvolte, esserne in buona misura determinata”.
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G. Di Fiore, Controstoria della Liberazione. Le stragi e i crimini dimenticati degli Alleati nell’Italia del sud – Mondadori, Milano 2012, pp. 360, euro 19,00
Sicilia, luglio 1943. Il capitano americano John C. Compton raduna più di trenta italiani che si sono arresi e ai suoi soldati domanda: “Chi vuole partecipare all’esecuzione?”, per poi finire personalmente con un colpo alla nuca i pochi sopravvissuti. Qualche ora dopo, il sergente Horace T. West ammassa un altro gruppo di prigionieri — “disarmati e collaborativi”, come recitano gli atti dei processi — e chiede un mitra: “È meglio che non guardiate” dice ai suoi “così la responsabilità sarà soltanto mia”. Poi li uccide tutti. In quei giorni torridi e confusi la stessa sorte toccherà a molti altri italiani e tedeschi, catturati in prima linea dalle truppe alleate a Biscari, a Comiso, a Canicattì: “Ci era stato detto” hanno dichiarato i soldati americani “che il generale Patton non voleva prenderli vivi”. I fatti di Sicilia non sono che l’inizio di una lunga serie di violenze e soprusi commessi dagli Alleati in Italia durante la difficile risalita della penisola: dai bombardamenti a tappeto, forse non tutti necessari dal punto di vista strategico, agli stupri di massa in Ciociaria, dove i marocchini del contingente francese ebbero in premio tre giorni di impunità per il coraggio dimostrato nello sfondare la linea Gustav: li usarono per saccheggiare le case e stuprare donne, uomini e ragazzi. Fino agli ottocento giorni dell’occupazione di “Napoli-Sciangai”. Gigi Di Fiore scopre il volto meno glorioso, dimenticato dai resoconti oleografici più o meno ufficiali, degli Alleati salvatori: la collusione con la mafia e la delinquenza, la corruzione, i regolamenti di conti, i colonnelli cinici che fecero i loro affari senza andare troppo per il sottile, i processi farsa del dopoguerra. Vicende scomode, e a lungo taciute, che ci obbligano a ripensare squilibri e fallimenti dell’Italia di oggi.
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P. Frascani, Le crisi economiche in Italia. Dall'Ottocento a oggi – Laterza, Roma-Bari 2012, pp. 298, euro 25,00
L'attuale crisi economica pone l'esigenza, finora poco avvertita, di interrogarsi sul modo in cui eventi simili siano stati, in passato, affrontati e percepiti. Paolo Frascani analizza tre momenti salienti della storia economica dell'Italia contemporanea: la depressione di fine Ottocento, la recessione tra le due guerre mondiali e quella causata dagli shock petroliferi degli anni Settanta del secolo scorso. Tre fasi destinate a influenzare profondamente, oltre agli assetti finanziari e produttivi, anche la storia sociale e politica dell'Italia, segnando mentalità e saperi del tempo della crisi.
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M. Biagioni e L. Felici, La Riforma radicale nell'Europa del Cinquecento – Laterza, Roma-Bari 2012, pp. 186, euro 13,00
I movimenti religiosi radicali che animarono il Cinquecento, il loro contributo al superamento dei paradigmi culturali tradizionali e delle ortodossie, la loro battaglia in favore della tolleranza e della libertà di coscienza.
Nel corso del Cinquecento, accanto alla Riforma magisteriale di Lutero, Zwingli, Calvino, si è sviluppato il fenomeno complesso e meno noto cosiddetto della Riforma radicale. Solo in pochi casi essa ha portato alla nascita di istituzioni, tradizioni di pensiero, comunità organizzate (tra queste i mennoniti e gli unitariani, oggi presenti soprattutto negli Stati Uniti e in Canada, ultimi eredi degli anabattisti e dei sociniani). Più spesso quelle idee non conformiste hanno seguito itinerari sotterranei: la diffusione di un libro, la predicazione di singoli personaggi, i flussi migratori in altri paesi. Quando si sono create comunità di fedeli, questi sono stati perseguitati e costretti alla dissimulazione. Lo spiritualismo, l’anabattismo e inizialmente anche l’antitrinitarismo non si sono fissati in nessuna ortodossia, ma hanno partecipato intensamente al dibattito religioso e culturale, difendendo spesso valori che hanno contribuito in maniera decisiva alla nascita del mondo moderno: il razionalismo, la rispettabilità dell’ateismo, la dignità dell’uomo al di fuori del suo credo. Il volume ricostruisce la storia e i protagonisti di questi movimenti, evidenzia principalmente il loro fondamentale contributo alla rottura e al superamento dei paradigmi culturali tradizionali e offre un’ampia introduzione storica e storiografica al problema, articolata in cinque capitoli relativi alle principali tematiche della Riforma radicale.
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V. Fumagalli, Matilde di Canossa. Potenza e solitudine di una donna del Medioevo – il Mulino, Bologna 2012, pp. 108, euro 10,00
Matilde, una delle donne più potenti e guerriere del Medioevo, appare in questo ritratto come una donna malinconica e sola, spinta a forza dagli eventi e dalla propria devozione a farsi paladina del papa contro l’imperatore. In realtà si tratta di una figura complessa, presa dal miraggio tutto medievale della secessione dal mondo, della vita contemplativa nel convento. Da un passo di Donizone a una miniatura, a un affresco, alla Matelda di Dante, per finire con le rielaborazioni, tra Rinascimento e Controriforma, dell’immagine della guerriera della fede: sotto le incrostazioni del mito, gradatamente, come una sinopia affiora il volto di una donna vera.
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M. Bernardini e D. Guida, I Mongoli. Espansione, imperi, eredità – Einaudi, Torino 2012, pp. 428, euro 26,00
L'ascesa dei Mongoli nel XIII secolo cambiò radicalmente il corso della storia in Asia e in Europa. Si trattò di un'epoca di frattura radicale con il passato, con l'introduzione di società nuove che precedettero la cosiddetta età moderna. Questo volume, realizzato da due studiosi delle due maggiori aree asiatiche coinvolte - il mondo islamico e l'Estremo Oriente - propone un quadro complessivo di quella civiltà dal XII al XV secolo, permettendo di comprendere l'evoluzione di società disparate - quelle mongola, cinese, tibetana, coreana, persiana, turca, araba - e non ultima quella europea, che fu intrinsecamente legata al mondo mongolo ricavando benefici commerciali, alleanze militari e influenze culturali. Oltre agli aspetti cruenti che caratterizzarono soprattutto l'ascesa e l'affermazione dei Mongoli e delle dinastie sorte dopo la morte di Chinggis Qa'an - i regni degli Yuan, gli Ilkhanidi, i Chagataici e l'Orda d'oro, - il volume fornisce un quadro delle società e delle economie che ne scaturirono, fino a trattare la storia di quelle dinastie che nel XIV secolo raccolsero l'eredità mongola pur non essendo piú legate direttamente alla figura del fondatore: è il caso soprattutto dell'impero di Tamerlano, di quello Ming in Cina e dell'Impero ottomano, che costituiscono l'esempio piú eclatante della sopravvivenza di quel retaggio.
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