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Comunisti italiani in URSS
di ALESSANDRO FRIGERIO
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Arrigo Petacco, A Mosca, solo andata. La tragica avventura dei comunisti italiani in Russia – Mondadori, Milano 2013, pp. 168, euro 19,00
Negli ultimi anni della sua vita, Paolo Robotti, cognato di Togliatti e gelido inquisitore stalinista all'epoca delle «purghe», aveva chiesto al partito il placet per la pubblicazione delle sue memorie. Si proponeva infatti, con tardivo pentimento, di «riabilitare» tutti i compagni scomparsi nell'inferno dei gulag, quei giovani comunisti italiani (l'età media era di 20-25 anni) che, accorsi in Unione Sovietica per contribuire all'edificazione del primo Stato socialista, finirono stritolati in quella orrenda «macchina di morte». Ma non ebbe il placet. («Robotti ha scritto un bel libro» disse Pajetta. «Dovrebbero leggerlo tutti i compagni della Direzione del Partito ... E basta.») In seguito uscirono altri libri, diari o memoriali di sopravvissuti, ma il pci, finché è esistito, non ha mai preso una posizione ufficiale nei confronti di queste vittime innocenti, dimostrando, quanto meno, una colpevole indifferenza per la loro memoria.
Arrigo Petacco ricostruisce la storia dell'«emigrazione politica» dei comunisti italiani riparati in Unione Sovietica dopo l'avvento del fascismo: attraverso grandi e piccole vicende umane, tratteggia l'atmosfera irrespirabile del Club degli emigrati di Mosca, una sorta di dopolavoro dove le riunioni si erano trasformate in processi inquisitori. Rivela come le schede compilate e inviate dal Pci, in cui venivano elencati gli «errori » politici commessi e poi corretti, si fossero rivelate delle denunce che ponevano gli sventurati alla mercé degli inquisitori di Stalin. Descrive il clima ambiguo e inquietante del Lux, l'albergo dove alloggiavano i compagni «dirigenti» e dove l'acqua scorreva nei lavandini anche la notte per confondere le «cimici» nel caso qualcuno parlasse nel sonno. E, non ultimo, la misera sorte di tanti bambini - i «figli del partito» - rimasti senza genitori e spediti negli istituti organizzati dal Comintern per forgiare gli «uomini nuovi».
La vita di tanti italiani si concluse drammaticamente con la fucilazione o la deportazione nel gulag. Gli emigrati che chiesero l'«onore» della cittadinanza sovietica furono i più sfortunati, perché persero ogni diritto, mentre a coloro che rimasero italiani andò un po' meglio: qualcuno tornò a casa, sia pure a prezzo del silenzio.
A Mosca, solo andata racconta, in tutta la sua drammaticità, le vicende di questi giovani illusi, cercando di gettare nuova luce su una storia di cui si è cercato troppo a lungo di cancellare la memoria.
R. De Felice, Mussolini e Hitler. I rapporti segreti 1922-1933 – Laterza, Roma-Bari 2013, pp. 300, euro 20,00
Qual è stato il rapporto tra l’Italia fascista e la Germania nazista? Quali differenze e quali somiglianze fra i due totalitarismi? L’Asse e il Patto d’acciaio erano insiti nella logica di una comune natura dei due regimi o furono solo atti politici, rispondenti a esigenze particolari, sostanzialmente tattiche e contingenti?
Renzo De Felice scopre documenti inediti in archivi italiani mentre lavora alla sua biografia di Mussolini. Sono dispacci segreti, lettere, relazioni fra il duce e Hitler, dalla marcia su Roma alla salita al potere del nazionalsocialismo. Alla loro luce, è inequivocabile – i documenti di questo libro lo dimostrano – che l’Italia fascista fu il primo regime totalitario al mondo e la strategia con la quale i fascisti arrivarono al potere servì da significativo punto di riferimento per l’emergere e l’arrivo al potere dei nazisti.
I. Cistjakov, Diario di un guardiano del Gulag – Bruno Mondadori, Milano 2012, pp. 240, euro 18,00
Nell’estate del 1934 un uomo poco oltre i trent’anni viene arruolato nelle truppe destinate a presidiare il BAMlag, un lager in Siberia dove era compito dei detenuti costruire un tratto della ferrovia Bajkal-Amur. Nei due anni passati al Gulag come comandante di un plotone di sorveglianza, Ivan Cistjakov tiene un diario che, scampato alla distruzione e pubblicato oggi per la prima volta, è un documento storico di eccezionale rilevanza, anche perché unico nel proporre un punto di vista diverso da quello delle vittime. Tipico rappresentante della zona grigia, Cistjakov è un testimone umanissimo e ambiguo, stretto tra insofferenza e paura, pietà e autocommiserazione. Non è un eroe, ma prova simpatia per le miserie dei prigionieri, vede le perversioni del sistema e l’inutilità di molte sofferenze, si irrita per gli ordini insensati. Medita il suicidio, ma desiste; sogna di tornare alla vita modesta di un leale cittadino sovietico, ma non si ribella; subisce collera, tristezza e vergogna protetto solo dalle pagine di questo diario, che diventa il suo sfogo e il suo segreto. E che costituisce oggi l’unica memoria diretta del Gulag capace di restituire la voce di un responsabile (se pur marginale) del suo funzionamento.
L. Casalino, Scomporre la realtà. Lo sguardo inquieto di Leonardo Sciascia sull'Italia degli anni Settanta e Ottanta - Tracce, Pescara 2013, pp. 104, euro 10,00
Tra la fine degli anni Settanta e nel corso degli anni Ottanta, in Italia avvennero cambiamenti importanti destinati a segnare la storia dei decenni successivi. Si può dire che una fase storica si chiuse e se ne aprì una nuova e non soltanto nel nostro paese. Senza, come spesso accade, che i protagonisti e i commentatori dell’epoca potessero cogliere immediatamente la vera dimensione e importanza di quel cambiamento. In quegli anni Leonardo Sciascia intervenne più volte su quotidiani nazionali e siciliani commentando fatti dell’attualità politica o rilasciando interviste sulla sua attività di scrittore. Con queste note proveremo a rileggerli a partire da una domanda: quelle pagine, a distanza di quasi quarant’anni, permettono di comprendere meglio l’evoluzione di processi che hanno influenzato la le vicende italiane sino ai giorni nostri? Interrogativo interessante, seguendo il ragionamento di Kundera, in un paese dove non soltanto la realtà non ha nessuna vergogna a ripetersi e a prendere il sopravvento sul pensiero, ma dove i cittadini che lo abitano hanno una spiccata tendenza a dimenticare velocemente anche le cose più gravi e a assolvere i responsabili. Basta prendere tempo e gli italiani dimenticheranno, era stata la tattica di Mussolini al tempo dell’omicidio Matteotti: tattica lucida e che ha fatto scuola.
M. Strazza, Le colpe nascoste. I crimini di guerra italiani in Africa - Edizioni Saecula, Montorso Vicentino 2013, pp. 146, euro 16,00
Michele Strazza, studioso di storia contemporanea e collaboratore della nostra rivista, tratta, in questo volume, dei crimini di guerra commessi dall’Italia in Libia e in Etiopia, dall’uso del gas alle deportazioni, dai
campi di concentramento alle stragi. La ricerca si colloca all’interno del panorama degli studi in materia e intende fare il punto di quanto scoperto sino ad oggi negli archivi, confrontandolo con memorie e pubblicistica del tempo. Il tutto alla luce di una ricca bibliografia e di una dettagliata documentazione.
Particolare attenzione è stata rivolta alle implicazioni “di genere” e alla mancata estradizione dei criminali di guerra italiani nel dopoguerra.
E. Sensi, Italia e Somalia. Dal 1885 al 1960 – IGS, 2013, pp. 80, euro 12,00
L'esperienza coloniale italiana in Somalia è iniziata nel 1885, con la firma del trattato di amicizia e commercio con il sultanato di Zanzibar. Da quel momento in poi prende avvio un'impresa caratterizzata da cocenti sconfitte e da ambigue vittorie sul campo di battaglia, dall'avventura coloniale fascista, e disfatta della seconda guerra mondiale. Il colonialismo italiano, sebbene prigioniero di una storiografia spesso ingenerosa, è stato espressione delle ambizioni frustrate di una piccola potenza europea, che ha cercato anche in Africa attraverso l'esperienza del dominio sulle colonie di emergere contrastando il ruolo egemone della Francia e della Gran Bretagna. Il rapporto con la Somalia fu tuttavia speciale, e non si esaurì con la fine del conflitto e la dissoluzione dell'impero. Il legame tra Italia e Somalia venne fortemente rivendicato in sede di trattato di pace, sebbene intensa fosse l'opposizione di molte delle potenze vincitrici. È tuttavia grazie all'amministrazione fiduciaria per la Somalia che l'Italia tornò a partecipare alla scena politica internazionale e venne ammessa all'Organizzazione delle Nazioni Unite.
G. Peroncini, La nascita dell'impero americano. 1934-1936: la Commissione Nye e l'intreccio industriale, militare e politico che ha governato il mondo – Mursia, Milano 2013, pp. 704, euro 25,00
Sulla scorta dei documenti e delle testimonianze prodotte dalla Commissione d'inchiesta Nye, promossa dal Senato degli Stati Uniti tra il 1934 e il 1936, l'opinione pubblica venne informata del fatto che banchieri, finanzieri e produttori avevano stretto un accordo - illecito sulla base della neutralità che era la politica ufficiale dell'amministrazione Wilson - in forza del quale tra il 1915 e il 1917 - al momento cioè dell'entrata del Paese nel conflitto gli istituti di credito degli Stati Uniti avevano raggiunto un'esposizione nei confronti della Gran Bretagna e dei suoi alleati pari alla vertiginosa somma di 2,3 miliardi di dollari. La vittoria della Gran Bretagna diventava quindi un must per tutelare il valore patrimoniale del rischio assunto. La guerra fu così un formidabile affare per quello che decenni dopo il presidente Eisenhower nel suo discorso di commiato dalla Casa Bianca definì il military-industrial complex. Attraverso gli atti della Commissione Nye, con uno stile scorrevole e avvincente, Gianfranco Peroncini analizza le dinamiche profonde della politica estera americana e le origini lontane del blocco di potere che l'ha determinata e la condiziona ancora oggi.
V. Grienti e L. Malandrino, Settembre 1943. Cefalonia, nel baule della storia: la memoria dell’eccidio – GBE, Roma 2013
Gli autori ripercorrono i tragici eventi che si verificarono nell’isola greca dall’8 al 25 settembre 1943 a partire dal “baule dei ricordi” di Angelo Emilio, ex caporal maggiore della 317° Fanteria della Divisione Acqui scomparso nell’aprile 2008. Al suo interno sono stati rinvenuti libri, ritagli di giornali, corrispondenze originali e appunti personali che hanno rappresentato uno stimolo per dare risposte agli interrogativi e alle polemiche irrisolte che ancora oggi circondano la storia dell’eccidio.
Il saggio porta così alla luce una “doppia” memoria: quella storica, data dalla ricostruzione di quanto avvenuto in quel settembre di 70 anni fa, e quella intima, legata ai ricordi di diversi militari siciliani, conterranei di Angelo Emilio, le cui testimonianze diventano una fonte indispensabile per lo studio della tragedia di Cefalonia e Corfù, dando un contributo decisivo per ricomporre il mosaico della Storia.
Il volume è inoltre arricchito dalle storie di alcuni reduci siciliani.
G. Frangito, Storia di Clelia Farnese. Amori, potere, violenza nella Roma della Controriforma – Il Mulino, Bologna 2013, pp. 340, euro 25,00
Figlia naturale del cardinale Alessandro Farnese, Clelia (1557-1613) sposa nel 1571 Giovan Giorgio Cesarini, gonfaloniere del Popolo romano. Sullo sfondo di una Roma festaiola quanto violenta, cinica e spregiudicata, la bellissima Clelia si muove tra un marito che la tradisce e un padre deciso a servirsi di lei per le sue aspirazioni alla tiara. Riuscirà a piegare questa figlia caparbia e indomita solo facendola sequestrare e rinchiudere nella Rocca di Ronciglione. Costretta a sposare in seconde nozze il marchese di Sassuolo, nel 1587 Clelia verrà «esiliata» nel feudo padano, da dove farà ritorno a Roma solo dopo l’assassinio del marito (1599). La storia di una donna ribelle e affascinante, un eloquente ritratto della corte papale e dell'aristocrazia romana negli anni della Controriforma.