"Allontana da me questo calice". La preghiera del Bismessia si levò come un grido, duramente ferendo il cielo dello squallido orto chiamato Taormina. Migliaia di discepoli e fedeli raccolti in adorazione seppero che il sacrificio era ormai compiuto, che i giorni terreni del Secondogenito erano finiti. A avrebbero più sentito la voce del salvatore? E ne avrebbero più ammirati i miracoli? E sarebbe egli stato più tra di loro, a confortarli, ad istruirli, a guidarli? Ed avrebbero più potuto partecipare al riscatto della Nazione? Lo sgomento era nell'aria, così come il dolore: un enorme masso galleggiante in un cielo tempestoso e nero. E il Bismessia era lì, di fronte a loro, sul palco, vicino ormai a tornare al Padre, pronto a prender su di sé quanto la volontà di Dio gli aveva riservato, bivittima innocente dei peccati del mondo, ch'egli era venuto a prender su di sé, affinché il mondo fosse di nuovo redento.
Atto estremo d'un amore infinito, il Bismessia pregava anche perché - se questa era la volontà del Padre - questi gli desse la forza di riparare agli errori che il genere umano, corrotto e dimentico del primo sacrificio (peraltro, un test di marketing o, meglio, un sondaggio approfondito di opinione), aveva compiuto nei secoli, mentr'egli era alla sinistra del Padre, la destra essendo già occupata. E Satana tornò a tentarlo, nell'attimo più doloroso della sua vita terrena, con l'atroce dubbio: non avrebbe dovuto essere sua quella destra? Non s'era egli adoperato fino all'estremo sacrificio perché questa trionfasse? L'altro, in fondo, aveva soltanto avuto l'offerta di diventare padrone di tutte le terre visibili dall'altura...Facile, resistere. Ma quando il Malefico ti lascia intravedere il potere ed i suoi vantaggi...
Scacciò da sé questi pensieri. Egli aveva la missione di riportare la felicità tra la gente, l'onestà nella politica, la speranza nel futuro di un mondo migliore. Una certezza, stando ai sondaggi. Ed a questo aveva dedicato la vita, e questo avrebbe fatto fino all'ultimo istante. Per questo, avrebbe bevuto l'amaro calice fino all'ultima goccia.
E affinché tutto fosse come il Padre aveva stabilito, avrebbe innanzitutto mandato una schiera di angeli a controllare che in ogni angolo della terra tutto si compisse secondo quanto era scritto, affinché la sua azione fosse legittimata, oltre che dalla volontà di Dio, dal consenso popolare.
L'amarissimo sorso chiamato Alitalia gli era stato preparato a sua totale insaputa. Una banda - peraltro disorganizzata e impreparata almeno quanto rissosa - nel breve spazio di un paio di anni aveva distrutto una compagnia aerea,detta Alitalia, appunto, che avrebbe dovuto essere orgoglio e vanto della Nazione. E un Governo biecamente incapace cercava, ora, di venderla allo straniero, anche conducendo malissimo le trattative di rito. Ah, se lo avesse saputo in tempo! Ma egli era attento a compiti ben diversi, alcuni dei quali in mondi distanti, e mai aveva avuto la possibilità di occuparsi della compagnia di bandiera. Tutto si era compiuto al di fuori di lui.
"In verità in verità vi dico " - predicava il Bismessia - "che mai straniero avrebbe potuto appropriarsi di Alitalia, sol ch'io avessi potuto occuparmene, sol ch'io fossi stato a conoscenza dei fatti. Mai e poi mai. Un gruppo di uomini amici e fidati avrebbe avuto la forza necessaria per sanare la società e farla rimanere totalmente, definitivamente, orgogliosamente italiana. Magari, ricorrendo ad un prestito che lo Stato avrebbe concesso e..."
La forza della fede! Gli amici chiamati in causa proprio in questi ultimi istanti si sono dichiarati sostanzialmente indisponibili, tutti convinti che Alitalia fosse sull'orlo del fallimento, quando non addirittura già informalmente fallita. Nessuno che si ricordasse come il Bismessia avesse guarito i ciechi, aperte le orecchie ai sordi, raddrizzato gli storpi, resuscitato i morti. E se era riuscito a tanto, non avrebbe potuto richiamare in vita anche Alitalia? Uomini di poca fede: non credete neppure ai vostri occhi? Ebbene: datemi il voto, e vedrete, cribbio!
Che l'Alitalia divenisse argomentazione di vendita elettorale, e nelle forme note, è abbastanza stupefacente. Come la compagnia sia stata gestita è sotto gli occhi di tutti; i principi elementari dell'economia di mercato insegnano che le imprese possono fallire, e che in genere falliscono le imprese male gestite; che eventuali interventi dello Stato non sono ammissibili; che la concorrenza consiste proprio nel cercare di divenire più forti proprio conquistando il mercato dei concorrenti; che l'immagine di un Paese non si giova della cattiva gestione delle sue imprese... E così via dicendo.
Un male inteso senso della Politica porta i contendenti ad enfatizzare l'eventuale perdita di posti di lavoro: certamente un evento doloroso che andrebbe evitato. Ma l'atteggiamento dei sindacati - il cui compito dovrebbe essere proprio quello di difendere gli interessi dei lavoratori ed i posti di lavoro- appare quanto meno discutibile. Non tanto e non solo per la evidente astrattezza della loro azione attuale, quanto soprattutto per la finta ignoranza della storia di Alitalia, da sempre - grazie a improvvidi politici e sindacati - rifugio di personale sovrabbondante e non sempre preparato e fonte di stipendi e privilegi del tutto fuori da ogni logica. In buona sostanza: troppi assunti ed a prezzi troppo alti (compresi i manager, s'intende) e scarsa attenzione agli altri aspetti della gestione, nessuno escluso, hanno ucciso Alitalia. Non credete che quella che viene gabellata come "difesa dei posti di lavoro, della occupazione" abbia un aspetto, oggi, francamente ridicolo, almeno così come trattata?
Il Bismessia, e non soltanto lui, dovrebbe essere grato al Padre di aver offerto ad Alitalia la possibilità di entrare a far parte del gruppo Air France-KLM, il cui presidente (è un inciso!) cui va il merito del risanamento e del rilancio di quella compagnia, guadagna molto meno del presidente dell'Alitalia (e forse anche di alcuni suoi dirigenti).
Io non sono sicuro che l'immagine di una nazione o di uno Stato dipenda dall'avere una compagnia aerea di bandiera e neppure che oggi, in Europa almeno, ci sia molto spazio, ma mi pare certo che, se le opportunità esistono e sono concrete ed accertate, e se si pensa che abbia ancora un senso parlare di immagine riferendosi ad un singolo Stato e non all'Europa nel suo insieme, la via maestra per Alitalia è quella di lasciare che fallisca e sostituirla con una compagnia nuova, efficiente, gestita da persone cha conoscano la professione. A tutti i livelli. E che si sacrifichino. Ancora una volta, a tutti i livelli.
Una compagnia aerea (una qualsiasi impresa) che persegua e raggi unga l'eccellenza può- questa sì- aspirare a contribuire all'immagine (positiva!) dell'Italia nel mondo.
Immagine e mozzarella mi pare un'altra stranezza italiana. Voglio dire che non c'è dubbio che i prodotti alimentari del nostro disgraziato Paese possono essere concreti ambasciatori degli aspetti positivi dell'italianità, e che la mozzarella di bufala possa essere tra questi. Anche se ho qualche dubbio che la mozzarella conservi intatta la propria freschezza ed il proprio sapore dopo un viaggio di tante ore e la sosta nei punti di vendita di Paesi all'altro capo del mondo. Certo è, però, che non possiamo recriminare contro quei Paesi che, visto il degrado di una immagine di sicurezza alimentare, si preoccupano della salute della propria gente e bloccano le importazioni dall'Italia.
La stranezza sta in questo, a mio parere: che ci si stupisce degli effetti senza occuparsi a fondo e concretamente delle loro cause. Se è vero che la presenza di diossina nella mozzarella è la conseguenza del degrado del territorio e quindi delle colture e quindi della alimentazione delle bufale, vogliamo provare ad occuparci seriamente del territorio e - sembra, nel caso specifico - della spazzatura, della raccolta, delle discariche, degli strumenti di riciclaggio e di quanto altro possa servire ad annullare l'inquinamento? Prima tra tutti, la cultura degli abitanti, i quali sono i più solleciti a lamentarsi per dover subire gli effetti del proprio comportamento.
E ad invocare l'intervento di uno Stato che continua ad essere considerato un "altro da sé", un estraneo contro il quale occorre lottare, se si vuol sopravvivere.
Ed anche lo Stato è una bufala. Magari solo da mungere, ma è una bufala. Pare diffusissima l'opinione secondo la quale tutto quanto è in mano allo Stato è destinato a fallire. Non per ragioni direttamente collegate con il comportamento degli individui, bensì per ragioni logiche, obiettive, ineluttabili ed ineludibili. Sarebbe la natura stessa dello Stato ad impedire che dalla sua azione scaturiscano risultati positivi.
Che naturalmente è a sua volta una bufala. Ma che impedisce ai nostri politici, anche in campagna elettorale, di proporre lo Stato come un soggetto attivo in grado di gestire imprese in un regime di libera concorrenza. Libera concorrenza e Stato sembrano vissuti come termini contraddittori ed inconciliabili. E non è vero. Lo Stato può, e a mio parere deve, essere soggetto attivo nell'economia anche ponendosi come gestore di imprese in grado di muoversi in un mercato libero e concorrenziato. Una vera concorrenza con le imprese private porterebbe ed un concreto benefico effetto per i cittadini.
Certo, fintanto che lo Stato (in tutte le sue articolazioni) non riuscirà a far accettare come positivo il rapporto tra tasse e imposte, da un lato , e servizi resi dall'altro, il tutto rimarrà un pio desiderio.
In questa campagna elettorale- per fortuna agli sgoccioli, ormai - non si è fatto altro che cercare di confermare l'opinione che gli italiani hanno dello Stato: una vacca da mungere, e della quale non fidarsi. Ci rendiamo conto che nessuno dei contendenti ha presentato un serio ed affidabili piano di gestione, limitandosi alle solite affermazioni di principio: aumenteremo gli stipendi; soccorreremo i pensionati meno fortunati; diminuiremo le tasse; metteremo ordine nelle leggi...?
A proposito, leggo su Libero (26 marzo, pag.10): "Onorevoli fannulloni: il portavoce del Governo Prodi, il decano dei Parlamentari e l'ex colonnello siciliano di Udeur e partito democratico. Ecco da chi è formato il podio dei tre deputati meno produttivi di Montecitorio. (...) Tutto il contrario della deputata di Alleanza Nazionale Angela Napoli, che in base ai coefficienti di calcolo utilizzati da Openpolis, è la stacanovista della Camera. Dietro di lei, Marco Boato, (Verdi), e Luca Volontà, (Udc). Per stilare la classifica della produttività degli onorevoli, il sito ha preso in esame la tipologia e il numero di atti firmati da ogni singolo parlamentare. Non solo i progetti di legge, quindi, ma anche gli interventi in aula e in commissione attraverso mozioni, interrogazioni, interpellanze, ordini del giorno e risoluzioni".
Nessun commento, solo un dubbio: vista la qualità delle norme che il Parlamento Italiano sforna, non è che i migliori possono esser considerati proprio quei deputati che non hanno contribuito più che tanto ad arricchire un patrimonio di leggi e leggine e regolamenti che rende sempre meno facile la navigazione dei cittadini? Ci rendiamo conto di cosa avrebbe significato avere i deputati in linea con quanto ha fatto (sembra) l'on. Angela Napoli? "Ecco i suoi numeri: 72 progetti di legge presentati come prima firmataria, 80 come confirmataria, 101 interrogazioni a risposta scritta , 12 interpellanze, 2 ordini del giorno. (...) A spingerla a tanto attivismo, spiega, è il rispetto verso i cittadini. Agli elettori non possiamo dire votateci per poi dimenticarci di loro.(...)"
Nessun confronto diretto e pubblico, su questi come su altri temi. Mi pare giusto.
Post scriptum: pare che il Bismessia abbia parlato anche a nome del cardinal Ruini e di tutta la Chiesa Cattolica. Che strano: non sono da sempre i cardinali e la Chiesa a parlare a nome del Messia?
*Docente di marketing,
consulente di comunicazione
e gestione d'impresa
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