Numero 138 - Aprile 2008
IN LIBRERIA
Ieri e oggi, la grande sfida
tra Occidente e Oriente
di FERRUCCIO GATTUSO
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Fuoco persiano. Il primo grande scontro tra Oriente e Occidente, di Tom Holland - il Saggiatore 2007, pp. 412, euro 22,00
È la cronaca, inesorabile, di questa nostra epoca a rendere Fuoco persiano di Tom Holland un libro prezioso. La straordinaria capacità narrativa del giornalista e storico divulgatore inglese - autore per il canale televisivo BBC, saggista, vincitore dell'Hessel-Tiltman Prize for History - trasforma poi l'affascinante ma certo non "evasiva" materia trattata nel suo libro - lo scontro tra mondo greco e persiano tra VI e V secolo a.C. - in un racconto avvincente, ricco di aneddoti, particolari psicologici. Holland ammira, e cita più volte come fonte imprescindibile degli eventi da lui narrati, il padre della storia Erodoto: la lezione suprema del maestro è indubbiamente colta, e riprodotta con efficacia in un linguaggio solo a tratti un po' autocompiacente.
A partire dalla prefazione, l'aggancio con l'attualità è apertamente dichiarato: il mondo che, con la tragedia dell'11 settembre, ha definitivamente imboccato il terzo millennio può trovare nel lontano passato le ragioni di un confronto - quello tra Occidente e Oriente - che, ieri come oggi, non ha smesso di proporre domande, sfide politiche, culturali e purtroppo anche belliche.
«La differenza fra Est e Ovest è arbitraria e si sposta intorno al globo», scriveva Edward Gibbon. «Tuttavia il fatto che esista - specifica Tom Holland - è senza dubbio il presupposto più duraturo della storia. Molto più antico delle crociate, dell'Islam o del Cristianesimo, la sua ascendenza risale a quasi 2500 anni fa. Perchè ci odiano? La storia stessa è nata con questa domanda giacché fu nel conflitto tra Oriente e Occidente che il primo storico del mondo, nel lontano V secolo a.C., scoprì il tema dell'opera di tutta la sua vita. Si chiamava Erodoto».
La "guerra senza precedenti" evocata da Tom Holland aveva avuto la sua svolta definitiva nel 480 a.C., una quarantina di anni prima che Erodoto iniziasse a scrivere: il re di Persia Serse aveva invaso la Grecia e ciò che indubbiamente il sovrano assoluto si aspettava era una vittoria rapida e spettacolare, ciò che al potentissimo impero d'Oriente, e al suo Re devoto alla divinità di Aura Mahzda, nemica della Menzogna, appariva come un "diritto di nascita".
La maestria di Tom Holland sta nel condurre il lettore allo scontro titanico tra mondo greco e persiano - alle battaglie leggendarie delle Termopili e di Salamina, di Platea e di Maratona - partendo da lontano: nella prima parte del saggio, dalla nascita e sviluppo del regno di Persia, a partire dall'oscura tribù montana collocata tra le montagne dell'odierno Iran meridionale. È da lì, da quella regione e da quella comunità che, nell'arco di una sola generazione, un potere organizzato era dilagato attraverso il Medio Oriente, abbattendo reami, espugnando città, e dilagando in uno spazio territoriale immenso che andava dai confini dell'India al mare Egeo. Ciro, Dario, Serse: sono questi i nomi dei re che fecero tremare il mondo civilizzato e imposero una forma di "pace" intrisa di assolutismo.
Con efficace paragone storico, Holland descrive l'urto del 480 a.C. - quello voluto e guidato in persona dal "Re dei re" Serse - come un'invasione mai più ripetutasi, perlomeno fino al D-Day, lo sbarco in Normandia del giugno 1944, quando le forze angloamericane diedero inizio alla riconquista del continente europeo a spese della Germania nazista.
In quei giorni fatidici, come scrive Holland, «lo stesso termine Grecia era poco più di un'espressione geografica: non una nazione ma un mosaico di città-stato litigiose e spesso violentemente scioviniste. [.] i greci si consideravano un unico popolo, unito dalla lingua, dalla religione e dal costume; ma le varie città sembravano accomunate soprattutto dall'incapacità di vivere in armonia. [.] Persino le due principali potenze della Grecia continentale, la nascente democrazia di Atene e lo stato rigidamente militarizzato di Sparta, non sembravano in grado di opporsi con efficacia agli invasori. Con il re persiano deciso a pacificare una volta per tutte quello strano e litigioso popolo che viveva al confine occidentale del suo grande impero, il risultato sembrava scontato». E invece, scontato non fu. John Stuart Mill amava sostenere che «la battaglia di Maratona, anche rispetto alla storia inglese, è più importante della battaglia di Hastings»; Hegel dichiarò che, in quello scontro tra Grecia e Persia, fu «a rischio l'interesse dell'intera storia mondiale». Quel che Holland considera certo è che, senza quella resistenza militare e di civiltà, Atene non avrebbe sviluppato il proprio sistema democratico, quella cultura greca non avrebbe fecondato la civiltà romana e, da lì, questa stessa civiltà non avrebbe lasciato la propria immensa dote all'Europa moderna. «Non stupisce - scrive l'autore di Fuoco persiano - che la storia delle guerre persiane sia divenuta il mito fondativo della civiltà europea, l'archetipo del trionfo della libertà sulla schiavitù e dell'austera virtù civica sul dispotismo decadente».
Dopo aver descritto l'evoluzione del regno di Persia, Holland conduce il lettore in un processo analogo riferito alle città di Sparta e Atene: mirabile la descrizione della durissima società spartana (che con il suo militarismo e razzismo esaltò a suo tempo i nazisti), acuto lo sguardo "politico" nel rapporto tra i poteri sia in Sparta (tra i due monarchi "contemporanei" e il consiglio degli anziani) che in Atene (lo sviluppo della democrazia, le elezioni, la tecnica dell'ostracismo, le figure di generali e politici astuti come Temistocle), scrupolosa la descrizione delle storiche battaglie tra greci e persiani, con preziosa fornitura di cartine geografiche.
Qualità indubbia della narrazione di Tom Holland è quella che descrive le rivalità politiche e geostrategiche tra le città greche, le strategie militari (ad esempio, la scelta di Atene di dotarsi, per la prima volta, di una flotta con cui affrontare la straordinaria potenza navale persiana), l'aneddotica riferita a personaggi come il già citato Temistocle, Milziade e il leggendario re spartano Leonida, morto con i suoi "trecento" allo stretto delle Termopili.
Tom Holland con il suo Fuoco persiano dimostra ancora una volta ciò che, per gli appassionati di storia, è un dato scontato: il grande racconto della storia dell'umanità è molto più avvincente e affascinante di tante pagine fantascientifiche e dietrologiche di una letteratura pseudo-storica purtroppo sempre troppo popolare. E anche di tanta letteratura "fantasy" dove "terre di mezzo" e regni dai nomi improponibili sono solo un surrogato del bagliore dei regni realmente esistiti. Come quello di Serse, il grande sconfitto del 480 a.C.
Una famiglia in guerra. Lettere e scritti (1939-1956), di P. Calamandrei e F. Calamandrei - Editori Laterza 2008, pp. 328, euro 24,00
Piero, il giurista liberal-socialista che era stato amico dei fratelli Rosselli e che battezzerà la Costituzione repubblicana. Franco, il gappista che aveva comandato il gruppo di fuoco di via Rasella e che diventerà un dirigente del Pci. Sembra una storia ispirata alla continuità dei sentimenti e delle memorie, tra generazioni diverse, all'interno di una delle famiglie protagoniste dell'Italia del Novecento. Invece è una storia di incomprensioni, lacerazioni, sofferenze, vicenda privata che diventa vicenda politica, specchio ideale di un conflitto tra generazioni che ha plasmato la sofferta transizione dal regime alla Repubblica. Questa è la storia raccontata da Una famiglia in guerra, così come emerge da un'ampia selezione di documenti inediti. Le parole di Piero e Franco Calamandrei scrivono e descrivono pagine decisive per l'Italia, dal comunismo 'esistenziale' della guerra partigiana alla difesa degli ideali della Resistenza nel dopoguerra, dalla crisi del '56 al disciplinamento delle coscienze attuato all'interno del Pci.
L'inquisizione spagnola, di H. Rawlings - il Mulino 2008, pp. 216, euro 12,00
L'Inquisizione fu una delle armi più potenti e controverse impiegate dalla Chiesa per eliminare l'eresia e salvaguardare l'unità dei fedeli cattolici. Anche se in epoca medievale giudici della fede delegati dai papi furono già attivi in Boemia, in Francia e in Italia, l'Inquisizione spagnola - istituita nel 1478 sotto la regina Isabella I, e soppressa nel 1834 da Isabella II - ha lasciato un segno indelebile nella storia della civiltà occidentale. Sulla base di aggiornate ricerche il volume traccia una nuova, equilibrata storia di questa istituzione, di cui ci mostra un'immagine non scontata. Al di là del mito negativo l'Inquisizione spagnola non fu solo uno strumento di repressione e di controllo ideologico, ma svolse anche un ruolo nel rafforzare i legami tra lo Stato e la Chiesa di Roma e nell'uniformare e disciplinare il comportamento dei fedeli di una terra in cui avevano convissuto ebrei, mori e cristiani.
Chiesa, pace e guerra nel Novecento. Verso una delegittimazione religiosa dei conflitti, di D. Menozzi - il Mulino 2008, pp. 336, euro 25,00
L'atteggiamento della chiesa verso la guerra è oggetto di interesse a vari livelli: dall'arena internazionale alla dimensione soggettiva e di coscienza. La categoria di "guerra giusta" è tuttora oggetto di un dibattito che si articola nella tensione tra il richiamo evangelico al rifiuto della violenza e la necessità di governare una società in cui l'ordine può essere imposto anche con le armi. Questo volume ricostruisce lo sviluppo delle posizioni cattoliche rispetto alla guerra nel corso del Novecento, a partire dalla proclamazione della Grande Guerra come "inutile strage" da parte di Benedetto XV fino alla condanna della giustificazione di ogni violenza bellica in nome di Dio da parte di Giovanni Paolo II. E' un percorso assai tormentato, dove la costante invocazione alla pace - sempre più pressante, man mano che aumenta il potere distruttivo degli ordigni bellici - si accompagna all'affermazione della liceità morale della guerra (almeno difensiva). L'autore nella sua attenta e approfondita analisi tocca diversi aspetti cruciali: dal pacifismo all'obiezione di coscienza, dalle discussioni sulla guerra coloniale e sulle guerre di liberazione alla condanna della guerra santa.
Misteri italiani. Dai diari di Mussolini ai misteri di Stato, di S. Bertoldi - Rizzoli 2008, pp. 252, euro 17,50
Che fine hanno fatto le memorie di Vittorio Emanuele III, la cui esistenza è comprovata dalle testimonianze di autorevoli giornalisti, storici e diplomatici, ai quali il sovrano le ha mostrate? E i celeberrimi diari di Benito Mussolini? Quelli autentici, naturalmente, perché quelli falsi vengono periodicamente riproposti a qualche grande editore: l'ultima volta sono riapparsi nel gennaio 2007, o.erti al senatore Marcello Dell'Utri per la sua posizione di rilievo nel mondo mediatico, in vista di un a.are tante volte fallito. E soprattutto, mistero dei misteri, chi uccise Benito Mussolini e Claretta Petacci, se l'unica certezza che abbiamo è che non fu il giustiziere ufficiale, il famigerato «colonnello Valerio»? E ancora, come morì il Maresciallo Ugo Cavallero: suicida, secondo quanto venne dichiarato (con un colpo alla nuca!) o «suicidato» dai tedeschi, specialisti in operazioni del genere? E per concludere, chi uccise Ettore Muti, il fedelissimo di Mussolini, figura popolarissima negli ambienti fascisti, mentre scortato da un grande numero di carabinieri veniva portato per un controllo in caserma? Probabilmente si trattò del primo delitto di Stato dalla fondazione del fascismo: l'inizio di quelle «deviazioni » dei Servizi che hanno contrassegnato da allora i così numerosi misteri italiani. Condotto con la consueta abilità narrativa, di piacevole e scorrevole lettura, ricco di aneddoti e citazioni che ricreano magistralmente la cupa vita quotidiana del tempo, Misteri italiani è l'a.ascinante racconto di una serie di enigmi dei quali viene rievocata la storia e proposta una logica soluzione.
Napoleone e la conquista dell'Europa, di S. J. Woolf - Editori Laterza 2008, pp. 430, euro 12,00
Un'ampia ricostruzione delle guerre napoleoniche che, al di là del fatto militare, indaga premesse, successi e fallimenti del ciclopico tentativo di forgiare un'Europa a immagine e somiglianza della Francia postrivoluzionaria. In queste pagine, protagonisti, pratiche di annessione, resistenze dei popoli conquistati si intrecciano a delineare con vivacità un periodo breve e drammatico, che lascerà una complessa eredità di nazionalismo, liberalismo e modernizzazione amministrativa tanto agli oppositori quanto agli amici della Rivoluzione francese.