Numero 189 - Luglio 2012
SCHEGGE DI STORIA
OLIMPIADI NEI LAGER
di STEFANIA MAFFEO
Nell'anno in cui lo sport celebra, dal 27 luglio al 12 agosto 2012 a Londra, la trentesima edizione del Giochi Olimpici, sembra opportuno riproporre una questione ancora irrisolta, egregiamente ripresa nel 2007 e di recente dal giornalista Flavio Vanetti su Sette, il settimanale di approfondimento del Corriere della Sera. Fatti e vicende che hanno anche ispirato la fiction “L’Olimpiade nascosta”, miniserie televisiva andata in onda in prima serata su Raiuno a fine maggio scorso.
Secondo il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) la XII Olimpiade (1940) e la XIII (1943) furono cancellate, o meglio “non disputate”, a causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Ma c’è che è di altro avviso. “No, furono disputate, in maniera precaria e al di fuori dei canoni classici, ma pur sempre tenute”, così sostiene il Museo dello Sport di Varsavia, che di quei Giochi segreti conserva numerosi cimeli (bandiere, medaglie, trofei). Lo spirito della fiaccola olimpica fu infatti tenuta viva da numerosi atleti che disputarono in segreto i Giochi nei campi nazisti di Langwasser, Woldenberg e Gross Born, al confine tra Germania e Polonia. Non erano centri di sterminio, ma tenevano prigionieri ufficiali e soldati catturati nel corso del conflitto.

Quegli atleti andrebbero premiati con una medaglia di un metallo forse più prezioso anche del platino: un riconoscimento speciale da parte del CIO, non essendo possibile ottenere quello ufficiale. Tanto più che, come documenta il giornalista Flavio Vanetti, è ancora in vita un testimone: Arkadiusz Brzezicki, che oggi ha 103 anni, fu uno degli organizzatori della rassegna di Woldenberg. Brzezicki si è sempre battuto perché questi “Giochi dimenticati” fossero rivalutati, senza però riuscire a scuotere la rigidità del CIO.
Il vessillo del 1940 fu confezionato usando uno straccio e dipingendovi ad acquerello i cinque cerchi. Lo sport accese una luce in quei luoghi di prigionia e ciascuno dei cimeli custoditi a Varsavia suscita una forte emozione: oltre alla bandiera, ci sono le coppe ricavate dalle gavette; le medaglie di cartone; un gagliardetto circondato da filo spinato. Le gare erano un insieme di sport, ardimento e furbizia. Secondo Brzezicki, nell’edizione del 1940 i Giochi di Langwasser si tennero segretamente. Nel 1944, invece, i Tedeschi controllarono gli atleti dalle torri di guardia con le armi spianate, consentendo lo svolgimento delle prove. La manifestazione si tenne dal 24 luglio al 13 agosto, vi furono 466 partecipanti che organizzarono una sorta di sfilata inaugurale esponendo il vessillo. La bandiera fu preparata grazie agli stracci e alle sciarpe forniti dalla Croce Rossa. Arkadiusz Brzezicki, tenente della riserva, non poté partecipare in quanto era schermidore e tale disciplina era proibita. Erano inoltre vietate prove come il salto con l’asta, per timore di fughe, e quelle di estrazione militare, come appunto la scherma.
Innumerevoli gli episodi commoventi. Teodor Niewiadomski, scomparso negli anni ’90, fu una delle “menti” dell’edizione 1940. Suonò gli inni nazionali di nascosto con un’armonica a bocca; introdusse la disciplina del lancio della pietra, non essendo disponibile un peso regolare; fece della corsa della rana, una delle punizioni comminate ai prigionieri, una competizione in piena regola; mascherò con la biancheria stesa il campo di pallavolo. Un parroco norvegese procurò palloni e attrezzi per le gare. La qualità della prestazione non era fondamentale. Più decisivo era fare qualcosa per occupare la mente, sentirsi vivi e non impazzire.
Nell’anno di Londra 2012 sarebbe auspicabile che il CIO attribuisse un riconoscimento morale al coraggio e all’insopprimibile senso sportivo di quegli uomini.